Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-09-2011) 16-11-2011, n. 42044

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il GIP presso il Tribunale di Pistoia, con ordinanza del 3 febbraio 2011, ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di L.K.G. e V.R. perchè indagati, il primo quale concorrente esterno e il secondo quale partecipe per il reato di cui all’art. 416 c.p., commi 1, 2 e 3, per essersi associati con altri soggetti al fine di commettere più delitti e nello specifico, reati concernenti la clonazione e quindi la falsificazione di carte di credito e bancomat, previa attività di installazione di apparecchiature atte ad intercettare comunicazioni relative ad un sistema informatico.

Il Tribunale per il riesame di Firenze, con ordinanza dell’11 marzo 2011, ha respinto il reclamo proposto dagli indagati e ha confermato il provvedimento impugnato.

Avverso tale decisione ricorrono per cassazione i difensori, deducendo per il L. i seguenti motivi:

a) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e); erronea applicazione degli artt. 8 e 9 c.p.p.; carenza e illogicità della motivazione sul punto.

Il ricorrente censura la motivazione con cui il TDL radica la competenza presso l’A.G. di Pistoia, ritenendo indimostrata la dedotta ubicazione della base logistica dell’associazione a (OMISSIS), e comunque censura l’adozione del criterio di cui all’art. 9 c.p.p., comma 3, utilizzato per individuare la competenza dell’A.G. di Pistoia, rispetto al fatto che i consociati sarebbero tutti residenti anagraficamente nella provincia di (OMISSIS);

b) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all’art. 266 c.p.p.. Il ricorrente censura la legittimità delle intercettazioni telefoniche utilizzate, in quanto le stesse sarebbero state disposte quando ancora non era emersa la sussistenza di un reato di tipo associativo. c) Erronea applicazione dell’art. 273 c.p.p., comma 1 e art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c), ex art. 606 c.p.p., lett. b); Carenza ed illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e).

Il ricorrente lamenta la ritenuta sussistenza di elementi concreti per affermare l’esistenza di dati di riscontro relativi all’ipotesi associati va; in particolare non sarebbero state indicate le telefonate idonee a suffragare l’ipotesi accusatoria, nè tantomeno le ragioni in base alle quali tali elementi dovrebbero concretizzare l’ipotesi associativa e non il reato di cui al D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55; non sarebbero chiari i risultati delle indagini che corroborerebbero l’ipotesi accusatoria; in sostanza vi sarebbe una carenza indiziaria per ritenere sussistente una gravità tale in base alla quale applicare la custodia cautelare. Sarebbe stato limitato il tempo di osservazione dell’attività della presunta organizzazione, inconferente sarebbe l’unico arresto effettuato in flagranza di reato, sarebbe irrilevante la comune provenienza degli indagati dalla stessa città o provincia; non sarebbero state accertate basi logistiche fuori del territorio milanese; non esisterebbe la affermata divisione dei compiti tra gli affiliati, nè l’uso disinvolto in più occasioni di documenti falsi, tranne i rari episodi accertati;

d) Erronea applicazione dell’art. 273 c.p., comma 1, ex art. 606 c.p.p., lett. b); carenza ed illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e).

Il ricorrente censura la valutazione operata dal Tribunale del riesame con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Lamenta l’insufficienza indiziaria di strumenti ed oggetti riferibili astrattamente all’attività di clonazione rinvenuti in una camera non utilizzata dal L., essendo stata ceduta ad alcuni connazionali. e) Erronea applicazione dell’art. 274 c.p.p., ex art. 606 c.p.p., lett. b); carenza ed illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e).

Il ricorrente contesta poi il riferimento a presunti collegamenti internazionali e la disponibilità di base logistiche e la valenza indiziaria attribuita al contenuto delle conversazioni intercettate con S.D. e con il fratello di S.I. da cui emergerebbe la consapevolezza dell’attività delittuosa svolta dagli associati.

Ha concluso pertanto chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

V.R. ha dedotto i medesimi motivi del coindagato L. alle lett. a), b) e c), e inoltre:

d) Erronea applicazione dell’art. 273 c.p., comma 1, ex art. 606 c.p.p., lett. b); carenza ed illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e).

Il ricorrente censura la valutazione operata dal Tribunale del riesame con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Lamenta l’insufficienza indiziaria dell’annotazione del suo numero telefonico nell’agenda sequestrata a bordo del camper utilizzato da due concittadini arrestati in (OMISSIS); in realtà il numero telefonico non sarebbe riferibile a lui ma ad uno sconosciuto.

L’unico elemento a suo carico sarebbe quello di aver accompagnato il coindagato S.D. a (OMISSIS) a prelevare il camper su cui viaggiavano due coindagati M. e D., arrestati poi il (OMISSIS).

Nè ulteriori elementi possono essere tratti dal contenuto delle telefonate intercettate. e) Erronea applicazione dell’art. 274 c.p.p., ex art. 606 c.p.p., lett. b); carenza ed illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e).

Il ricorrente contesta il riferimento a presunti collegamenti internazionali e alla disponibilità di base logistiche da parte dell’associazione e la valenza indiziaria attribuita al contenuto delle conversazioni intercettate con M.V. e altro soggetto non identificato da cui emergerebbe la consapevolezza dell’attività delittuosa di clonazione di bancomat.

Ha concluso pertanto chiedendo anch’egli l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO I motivi di ricorso sono infondati.

Osserva preliminarmente la Corte che, nel caso di specie, con riferimento alle censure concernenti l’adeguatezza della motivazione, compito del giudice di legittimità rimane la valutazione unitaria sulla effettiva esistenza di una motivazione e sulla complessiva, conclusiva, logicità del provvedimento impugnato. (Cass. sez. 4, 19.6.2006 n. 30057; Cass. sez. 3, 27.9.2006 n. 37006; Cass. sez. 6, 26.9.2006 n. 38968; Cass. sez. 6, 17.10.2006 n. 37270; Cass. sez. 6, 18.12.2006 n. 752; Cass. sez. 2, 11.1.2007 n. 7380). Tale orientamento risulta, infatti, compatibile con le finalità proprie del giudizio di legittimità, e cioè di esame in diritto delle censure del ricorrente, la mancanza di motivazione, ovvero la motivazione contraddittoria o manifestamente illogica, che non consente di individuare ragioni coerenti poste a base della decisione adottata. Su queste premesse la Corte deve verificare la presenza delle ragioni giuridicamente significative che hanno determinato la sua adozione e l’assenza di illogicità evidenti, risultanti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento, (v. Cass., sez. 4, 06.07.2007 n. 37878).

Ciò premesso, a parere della Corte, le doglianze mosse dai ricorrenti fanno riferimento al fatto che il provvedimento impugnato contiene una serie di valutazioni che sarebbero disancorate da una serie adeguata di precisi e concreti dati fattuali tali da non essere esente da vizi logici o giuridici.

Orbene, sotto questo profilo ritiene il collegio che il Tribunale abbia motivato in modo esaustivo in ordine alle ragioni, in punto di fatto, per le quali abbia ritenuto raggiunti i gravi indizi di colpevolezza per entrambi i ricorrenti; salvo quanto di seguito precisato, il provvedimento impugnato illustra in modo ampio le ragioni in base alle quali è stata ritenuta sussistente l’associazione a delinquere contestata agli indagati, soffermandosi poi ad illustrare la specifica posizione dei due indagati all’interno del sodalizio criminoso; per il primo ( L.) fa riferimento al materiale sequestrato presso la sua abitazione in data 20 gennaio 2011, chiaramente strumentale alla clonazione delle carte di credito, nonchè ai documenti italiani di riconoscimento appartenenti ad un altro degli indagati ( S.D.), al contenuto delle intercettazioni specificamente indicate, per dimostrare la sua compartecipazione all’associazione a delinquere, al supporto logistico relativo alla disponibilità di autovetture, al numero di cellulare riconducibile al L. stesso, trovato nell’agenda degli altri due coindagati, tratti in arresto.

La consistenza del quadro accusatorio in ordine alla esatta collocazione all’interno della vicenda in esame inevitabilmente, a parere della Corte, si riverbera sulla qualità degli elementi in base ai quali è stata affermata poi la gravità indiziaria nei suoi confronti in ordine al reato associativo contestato.

A ciò si aggiunga il provato collegamento con appartenenti alla comunità di origine, cittadini bulgari, provenienti dalla stessa città o area territoriale, che, se in mancanza di altri legami qualificanti, non potrebbe assurgere di per sè a grave elemento indiziante dell’appartenenza ad una associazione a delinquere, tuttavia in costanza di diverse e plurime azioni qualificate e rilevanti penalmente poste in essere da altri concittadini con cui era in contatto, contribuisce a rendere più nitidi i tratti del contesto su cui si muoveva l’associazione de qua.

Le considerazioni che sono state effettuate per il L. possono essere utilizzate anche per V., con la precisazione che a suo carico risultano numerosi contatti telefonici, in cui la sua persona è oggetto di riferimento anche nelle conversazioni tra soggetti diversi, in fase di organizzazione di azioni relative a prelievi truffaldini (v. p. 9 dell’ordinanza del TDL); è stata poi provata la circostanza che lo stesso si sia accompagnato con lo S., soggetto responsabile con sicurezza di alcuni reati fine dell’associazione. Parimenti, dal contenuto delle intercettazioni emerge il collegamento con il L., la diversità dei ruoli all’interno del progetto organizzativo ideato per la commissione dei reati fine, e la prova della riferibilità alla sua persona dell’utenza su cui sono state eseguite le intercettazioni. Vi è da aggiungere che alcuni elementi di fatto, che non potevano essere smentiti, sono stati ammessi dall’indagato; la conoscenza con i due arrestati D. e S.D., l’aver accompagnato quest’ultimo a (OMISSIS) a ritirare il camper, il ritorno a casa alla guida della macchina dello stesso S., l’esistenza di un legame amicale con quest’ultimo fin da quando erano entrambi in (OMISSIS), la circostanza che al momento dell’arresto, l’altro coindagato D., pure conosciuto dal V., era in possesso, insieme a M., di 49 carte donate.

L’impugnata ordinanza pertanto deve essere confermata proprio perchè allo stato la stessa appare esente da censure logico giuridiche nella valutazione comparativa delle risultanze istruttorie evidenziate a carico dei ricorrenti e la reale portata e consistenza delle medesime a supporto dell’accusa di partecipazione ad una associazione a delinquere.

Le motivazioni relative agli episodi sopra richiamati correttamente, a parere della Corte, possono essere ritenute idonee a dimostrare il collegamento "qualificato" dei prevenuti con l’organizzazione criminale; gli indizi emersi dall’esame del contenuto delle intercettazioni, così come valorizzati dal TDL, sono indicativi della partecipazione all’associazione in quanto riguardanti attività oggettivamente utili a favorire altri associati e a sostenere l’intera vita del sodalizio criminale, in particolare se coordinati e apprezzati globalmente secondo logica comune, rispetto alla valenza richiesta dall’art. 273 c.p.p..

E ciò nella consapevolezza della natura stessa degli indizi, quali circostanze collegate o collegabili a un determinato fatto che non rivelano, se esaminate singolarmente, un’apprezzabile inerenza al fatto da provare, essendo ciascuno suscettibile di spiegazioni alternative, ma che comunque devono essere idonee a dimostrare il fatto se coordinate organicamente. (Cassazione penale, sez. 4, 04/03/2008, n. 15198).

In questo caso, dunque, le censure dei ricorrenti propongono piuttosto una valutazione alternativa delle prove, circostanza inammissibile atteso che in tema di misure cautelari personali, la valutazione del peso probatorio degli indizi è compito riservato al giudice di merito e, in sede di legittimità, tale valutazione può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicità della motivazione; le censure sollevate si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze già adeguatamente e compiutamente esaminate dal giudice di merito, e l’iter argomentativo seguito dai giudici non appare carente sul piano logico, a parere della Corte, nè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. (Cass. pen., sez. 4 12 giugno2008, n. 35318).

Allo stesso modo devono ritenersi infondati i motivi concernenti l’incompetenza territoriale, non avendo gli elementi indicati dalle difese caratteristiche e forza tali da far ritenere errata la scelta operata in base all’art. 9 c.p.p. ai fini del radicamento della competenza territoriale, mentre appare generica e comunque smentita dalla natura della contestazione ad alcuni coindagati, qualificati come promotori, la contestata possibilità di utilizzazione delle intercettazioni, che risultano essere state effettuate per reati compatibili (appunto per i promotori dell’associazione a delinquere) con la previsione normativa.

Il comune motivo inerente alle insussistenza delle esigenze cautelari ed alla adeguatezza e proporzionalità della misura cautelare applicata, comune ad entrambi i ricorrenti, è sostanzialmente generico, e non costituisce una adeguata censura alla motivazione dell’ordinanza del Tribunale del riesame, che ha ritenuto la pericolosità sociale degli indagati ( art. 274 c.p.p., lett. c)) in base alla gravità dei fatti, e al collegamento con altri soggetti implicati nell’esecuzione di azioni delittuose, quali quelle contestate, la sistematicità e la professionalità nell’esecuzione delle medesime, attraverso una meticolosa preparazione coinvolgente più soggetti, come dimostrano i contenuti delle intercettazioni eseguite, la possibilità di concreti riferimenti all’estero, utilizzabili anche per sottrarsi eventualmente alla giustizia italiana.

Alla luce delle suesposte considerazioni i ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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