Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-05-2012, n. 8350 Avviso di accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria della regione Lazio con sentenza 7.7.2010 n. 161 in accoglimento dell’appello proposto dal Comune ed in totale riforma della decisione di primo grado ha dichiarato legittima la cartella di pagamento notificata a Gestione Impianti Pubblicitari s.r.l. relativa alla imposta di pubblicità dovuta dalla società per l’anno 2001, relativamente ad impianti abusivi non autorizzati e ad impianti per i quali invece sussisteva regolare concessione, ed accertata con avvisi in rettifica ritualmente notificati alla contribuente e divenuti definitivi per mancata opposizione.

I Giudici di appello hanno rigetto la eccezione di difetto di legittimazione processuale del Dirigente dell’Ufficio Affissioni Pubblicitarie, che aveva sottoscritto l’atto di appello, richiamandosi al precedente di questa Corte a SS.UU. n. 12868/2005;

hanno disatteso la eccezione di decadenza dalla pretesa tributaria, rilevando che tutti gli avvisi erano stato notificati in data 5 e 12 dicembre 2002 e che la cartella risultava notificata in termine il 18.3.2005.

Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione al società contribuente deducendo tre mezzi.

Hanno resistito il Comune di Roma ed Equitalia GERIT s.p.a. con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la società contribuente denuncia il vizio di omessa, insufficiente contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in ordine ad un punto decisivo e controverso concernente la medesima questione oggetto del secondo motivo con il quale la sentenza di appello viene censurata per vizio di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 9, comma 5 in combinato disposto con il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25.

Sostiene la società ricorrente che la CTR laziale avrebbe omesso del tutto di palesare gli argomenti giuridici alla stregua dei quali la cartella sarebbe stata "notificata nei termini", atteso che nell’atto di controdeduzioni e costituzione in gradi di appello (integralmente trascritto a pag. 5-6 del ricorso in osservanza del requisito di autosufficienza richiesto per l’ammissibilità, del motivo) era stata riproposta al Giudice territoriale la esattezza della soluzione adottata sul punto controverso dal primo giudice che. aderendo alla tesi difensiva della contribuente, aveva ritenuto analogicamente applicabile, in assenza di specifica previsione normativa che assoggettasse ad un termine di decadenza la notifica della cartella di pagamento, la interpretazione costituzionalmente orientata fornita, in materia di accertamento relativo ad imposte sui redditi, da questa Corte con Sez. U, Sentenza n. 2J498 del 12/11/2004 secondo cui "non essendo concepibile che il cittadino resti soggetto sine die al potere dell’Amministrazione, il termine di decadenza entro cui va circoscritta l’azione accertatrice dell’Amministrazione finanziaria va ricollegato, nelle ipotesi di controllo c.d. formale (o, più rettamente cartolare), a cui segua una mera attività di liquidazione, a quello per l’iscrizione a ruoto, fissato nel D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, comma 1, (nel testo vigente ratione temporis)" dovendo intendersi riferito il rinvio al termine biennale prescritto per la iscrizione a ruolo del D.Lgs. n. 597 del 1993, art. 9, comma 5 (nel testo vigente ratione temporis), anteriore alla soppressine parziale di detto comma, disposta dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 172, lett. a), con la conseguenza che la cartella di pagamento, notificata a marzo del 2005, doveva ritenersi tardiva.

L’ente locale e la società resistenti contestano la tesi giuridica della ricorrente eccependo la inammissibilità dei motivi di ricorso per difetto di autosufficienza, sostenendo che i precedenti giurisprudenziale citati dal ricorrente sono incoerenti e che soltanto la L. n. 296 del 2006 (Legge Finanziaria 2007) era intervenuta a disciplinare i termini di decadenza per la notifica della cartella.

2. Occorre preliminarmente rilevare che in tema di ricorso per cassazione, mentre il vizio di falsa applicazione della legge si risolve in un giudizio sul fatto contemplato dalle norme di diritto positivo applicabili al caso specifico (con la correlala necessità che la sua denunzia debba avvenire mediante l’indicazione precisa dei punti della sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse, fornita dalla giurisprudenza di legittimità e/o dalla dottrina prevalente), il vizio relativo all’incongruità della motivazione comporta un giudizio sulla ricostruzione del fatto giuridicamente rilevante e sussiste solo qualora il percorso argomentativo adottato nella sentenza di merito presenti lacune ed incoerenze tali da impedire l’individuazione del criterio logico posto a fondamento della decisione, ragion per cui tra le due relative censure deducibili in sede di legittimità non vi possono essere giustapposizioni (Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 10225 dei 07/05/2007). Del pari è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro (Corte cass. Sez. 1. Sentenza n. 19443 del 23/09/2011).

Consegue la inammissibilità del primo motivo di ricorso con il quale la società contribuente sotto l’apparente deduzione del vizio motivazionale, peraltro riferito incompatibilmente a tutti indistintamente i parametri indicati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), censura invece la errata interpretazione di norme di diritto (vizio di violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 9, comma 5 e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 dedotto con il secondo motivo) impugnando la statuizione con la quale il Giudice territoriale ha risolto la questione controversa concernente la decadenza dalla pretesa tributaria, affermando la tempestività della notifica della cartella di pagamento eseguita in data 18.3.2005 in relazione agli avvisi di accertamento notificati in data 5 e 13 dicembre 2002. 3. Il secondo motivo è infondato.

3.1 Occorre preliminarmente risolvere la questione prospettata dai resistenti concernente l’applicabilità al rapporto in contestazione delle modifiche normative alla disciplina dei tributi locali (D.Lgs. n. 507 del 1993) apportate dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 161 e 172 (Legge Finanziaria 2007).

La legge del 2006, per quanto concerne la imposta sulla pubblicità, ha infatti stabilito un termine più ampio di decadenza per la notifica degli avvisi di accertamento di ufficio ed in rettifica (comma 161: "entro il 31 dicembre de quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbe dovuto essere effettuati" in luogo del precedente termine biennale previsto dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10, comma 1), ed ha introdotto un termine di decadenza, in precedenza assente, per la notifica del titolo esecutivo in caso di riscossione coattiva (comma 163: "entro il 3 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo", in sostituzione del termine biennale previsto dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 9, comma 5 per la iscrizione a ruolo).

Tali modifiche normative, come espressamente previsto dal comma 171, trovano applicazione "anche ai rapporti di imposta pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge".

Orbene, nella specie, da quanto emerge dal ricorso e dalla sentenza impugnata gli avvisi di accertamento sono stati notificati ala società contribuente il 5 e 13 dicembre 2002; i ruoli sono stati formati e resi esecutivi il 21.12.2004 e la cartella impugnata nel presente giudizio è stata notificata il 18.3.2005.

Secondo le parti resistenti, alla data di entrata in vigore della riforma legislativa del 2006, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente, il rapporto non era stato ancora definito, in conseguenza della pendenza della lite avente ad oggetto la impugnazione della cartella, e dunque, trovando immediata applicazione la norma di cui all’art. 1, comma 163, la notifica della cartella risultava eseguita entro il termine triennale di decadenza (scadente a dicembre 2005).

L’assunto dei resistenti è manifestamente infondato. La disposizione transitoria di cui al comma 171 fa inequivoco riferimento a rapporti d’imposta e non anche alle "liti pendenti" o – con formula che potrebbe ingenerare dubbi interpretativi- ai "rapporti tributari" pendenti. Tanto è sufficiente a ricomprendere nell’ambito applicativo della stessa esclusivamente quei rapporti nei quali è in contestazione l’"an" od il "quantum" del tributo, rimanendo ad essa sottratti i rapporti già esauriti, tali dovendosi intendere quelli in cui sia intervenuto un giudicato, od un atto amministrativo definitivo, o comunque siano scaduti i termini concessi al contribuente per mettere in discussione la debenza dell’imposta.

Nella specie la debenza di imposta non è più in discussione, essendo incontestato che gli avvisi di accertamento, ritualmente notificati alla società contribuente, sono divenuti definitivi per mancata opposizione, e pertanto la disposizione non può trovare applicazione al rapporto d’imposta esaurito in ordine al quale è stata già eseguita la notifica della cartella di pagamento.

3.2 La tesi giuridica della società ricorrente, secondo cui la cartella di pagamento deve essere annullata in quanto non sarebbe stata effettuata nel termine di decadenza, si articola nelle seguenti argomentazioni:

– nella fase successiva alla notifica dell’avviso di accertamento, l’unico termine che disciplina il procedimento tributario avente ad oggetto la imposta di pubblicità è quello stabilito per la iscrizione a ruolo dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 9, comma 5 (secondo cui "la riscossione coattiva della imposta si effettua secondo le disposizioni del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43; il relativo ruolo deve essere formato e reso esecutivo entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’avviso di accertamento o di rettifica è stato notificato…"): in assenza di un termine prescritto per eseguire la notifica la cartella di pagamento, il contribuente non può ritenersi assoggettato "sine die" all’azione esecutiva del Fisco, rilevato che in analoga fattispecie la Corte costituzionale con sentenza 45.2005 n. 280 ha dichiarato la illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 24 Cost., del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 – nel testo modificato dal D.Lgs. n. 193 del 2001- nella parte in cui non prevedeva alcun termine per la notifica della cartella e che – con riferimento al periodo anteriore all’intervento legislativo, attuato con D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5 ter convertito in legge n. 156 del 2005, che aveva colmato la lacuna normativa che si era determinata con la pronuncia del Giudice delle Leggi – già la Corte di cassazione, con interpretazione costituzionalmente orientata, aveva individuato detto termine in quello previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17 per la iscrizione a ruolo del tributo;

– ne consegue che detta operazione ermeneutica deve essere trasposta anche alla materia dei tributi locali – per la riscossione dei quali deve procedersi con le forme della iscrizione a ruolo – per tutto il periodo antecedente la entrata in vigore della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 163 che è intervenuto, per la prima volta, a stabilire anche in materia di tributi locali, un termine di decadenza, fissato al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo", per eseguire la notifica del titolo esecutivo al contribuente.

L’assunto difensivo della società ricorrente si fonda sul presupposto – da ritenersi errato – della corrispondenza ovvero della sostanziale analogia tra la fattispecie controversa (in cui la iscrizione a ruolo e la notifica della cartella seguono ad avviso di accertamento divenuto incontestabile per omessa opposizione) e la fattispecie che è stata oggetto di esame nel precedente di questa Corte a SS.UU. 12.1 L2004 n. 21498 (così massimato nell’archivio CED della Corte "In tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie, la disposizione, espressamente definita di interpretazione autentica, contenuta nella L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 28 indipendentemente da tale qualificazione espressa dalla legge, in presenza di un obiettivo dubbio ermeneutico sulla sua natura, ha efficacia retroattiva, e il termine annuale per fa rettifica delle dichiarazioni fissato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis non ha natura perentoria, il che comporta che il suo inutile decorso non è causa di decadenza dell’Amministrazione Finanziaria dal potere di procedere alla rettifica della dichiarazione dei redditi, nei limiti imposti dai principi costituzionali e di civiltà giuridica. Infatti, in materia tributaria, ogni decadenza deve essere espressamente prevista, sicchè, in mancanza di un’esplicita previsione, il termine fissato dalla legge per il compimento di un alto, ha efficacia meramente esortativa (cioè costituisce un invito a non indugiare) e l’atto può essere compiuto dall’interessato fino a quando ciò non gli venga precluso dalla sopravvenuta prescrizione del relativo diritto.

Tuttavia, non essendo concepibile che il cittadino resti soggetto sine die al potere dell’Amministrazione, il termine di decadenza entro cui va circoscritta l’azione accertatrice dell’Amministrazione finanziaria va ricollegato, nelle ipotesi di controllo c.d. formale (o, più rettamente, cartolare), a cui segua una mera attività di liquidazione, a quello per l’iscrizione a ruolo, fissato nel D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, comma 1, (nel testo vigente ratione temporis), mentre nelle ipotesi di rettifica cartolare (o formale), il relativo potere deve, a pena di decadenza, essere esercitato mediante la notifica dell’atto impugnabile (la cartella di pagamento) entro il termine stabilito, in via generale, dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1 (nel testo applicabile ratione temporis) nonchè oggetto di esame anche nella sentenza della Corte costituzionale n. 280/2005 dichiarativa della illegittimità "in parte qua" del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 (nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 193 del 2001).

Entrambe le pronunce sono intervenute, infatti, a dirimere la questione del termine di decadenza elusivamente in relazione alla fattispecie del controllo delle dichiarazioni fiscali effettuato mediante procedure automatizzate (D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis e ter), in esito al quale la Amministrazione finanziaria procede direttamente, senza emettere avviso d accertamento, alla liquidazione della imposta mediante iscrizione a ruolo e notifica al contribuente della cartella di pagamento: si è affermato, pertanto, che il contribuente non può rimanere assoggettato "sine die" al potere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria (nell’ambito del quale si colloca anche il controllo automatizzato), dovendo ulteriormente individuarsi termini di decadenza distinti – cfr. Corte cass. SS.UU. 12.11.2004 n. 21498 e le SS.UU. 23.12.2004 n. 23826 – secondo che venga esercitato il potere/controllo diretto alla rettifica di meri errori materiali o di calcolo (coincidente con il termine previsto per la iscrizione a ruolo), ovvero il potere/controllo volto a disconoscere o modificare le poste indicate nella dichiarazione (coincidente con il termine previsto per la emissione degli avvisi di accertamento ed in rettifica).

Diversamente, nella fattispecie dedotta nel presente giudizio, la notifica della cartella di pagamento non costituisce il primo atto con il quale viene esercitato il potere di accertamento, atteso che tale potere ha già trovato compiuta attuazione nella emissione degli atti impositivi (avvisi di accertamento) divenuti definitivi per mancata opposizione (fatto incontestato) qualificandosi pertanto la cartella come atto consequenziale meramente esecutivo che assolve alla funzione di precetto (consistendo nell’accertamento del mancato pagamento del debito tributario e nell’intimazione al contribuente l’effettuazione del versamento dovuto entro un termine ristretto, con l’avvertenza che in mancanza si procederà ad esecuzione forzata), e si colloca in quanto atto della procedura esecutiva in un momento successivo a quello della definizione del rapporto giuridico sostanziale di natura tributaria.

Deve quindi escludersi la ipotizzata analogia tra le due fattispecie, atteso che solo nel caso di notifica della cartella D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis il contribuente, in difetto della fissazione di un termine di decadenza, rimaneva sottoposto "ad libitum" al potere impositivo, mentre nel secondo caso tale rischio non sussiste poichè il termine perentorio per l’esercizio di tale potere risulta già regolato dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10, comma 1 (nel testo applicabile ratione temporis, anteriore alla novella della L. n. 296 del 2006), ed il contribuente con la notifica degli avvisi è stato posto in grado di contestare la pretesa e di esercitare il proprio diritto di difesa, rilevando se del caso anche la intervenuta decadenza dalla potestà impositiva (cfr. Corte cass. 5 sez. 29.2.2008 n. 5486; id. 30.6.2010 n. 15449).

La sostanziale differenza tra la ipotesi in cui la pretesa tributaria è ancora in contestazione rispetto a quella in cui il credito tributario ha assunto carattere di definitività, è stata sottolineata da questa Corte proprio in riferimento alla vicenda normativa richiamata dalla società ricorrente, essendo stato rimarcato che "alla cartella esattoriale emessa a seguito di accertamento tributario divenuto definitivo non è applicabile in via analogica il termine perentorio di notifica decorrente dalla dichiarazione del contribuente stabilito nel D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, comma 5 bis, lett. c) conv. con modificazioni dalla L. 31 luglio 2005, n. 156, art. 1 in quanto tale previsione normativa ndr. con la quale si dettava la disciplina transitoria dei termini di decadenza per le notifiche delle cartelle D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 25 emanata in ossequio alla sentenza n. 280 del 2005 della Corte costituzionale, riguarda esclusivamente le cartelle relative alle liquidazioni fondate su un attività di verifica meramente formale, eseguita ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis mentre in caso di accertamento definitivo, essendo la cartella preceduta da un attività istruttoria da compiere in termini decadenziali predeterminati, non si determina quella infinita soggezione temporale alla verifica del fisco che la Corte costituzionale ha inteso censurare con la predetta sentenza (cfr. Corte cass. 5 sez. 13.3.2009 n. 6148; id. 21.1.2011 n. 1388).

Deve escludersi, pertanto, una estensione in via analogica, alla materia dei tributi locali, dei termini di decadenza previsti per l’esercizio del potere di controllo formale D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e ciò in considerazione:

a) del rapporto di specialità che sussiste tra le diverse categorie di imposte (in relazione al presupposto impositivo, alla determinazione della base imponibile; alla aliquota di imposta; alla individuazione dei soggetti passivi; alle esenzioni), sicchè la individuazione di termini di decadenza deve essere necessariamente compiuta all’interno del medesimo complesso normativo che disciplina la singola imposta;

b) del principio per cui le norme che prevedono termini di decadenza sono di stretta interpretazione e non ammettono, pertanto, applicazione oltre i casi in esse espressamente considerati (cfr.

Corte cass. SU n. 21498/2004 cit. per cui "in materia tributaria ogni decadenza deve essere espressamente prevista, sicchè in mancanza di una esplicita previsione, il termine fissato dalla legge per il compimento di un atto lui efficacia meramemte esortativa…..e l’alto può essere compiuto dall’interessato fino a quando ciò non gli venga precluso dalla sopravvenuta prescrizione del relativo diritto":

id. 5 sez. 30.6.2009 n 15307);

c) della insussistenza nel caso di emissione di cartella di pagamento che fa seguito ad un atto di accertamento impositivo divenuto definitivo, della medesima esigenza (di sottrarre il contribuente ad una indeterminata soggezione al potere impositivo) riscontrata invece nella ipotesi – esaminata nelle sentenze della Corte del 2004 e della Corte costituzionale n. 280/2005 – in cui la cartella di pagamento costituisce il primo atto di liquidazione della imposta, con il quale la PA fa valere direttamente la pretesa (come nel caso delle procedure di controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis).

Pertanto, una volta divenuto definitivo l’atto di accertamento (ed esaurito quindi l’esercizio del potere impositivo a fronte del quale sta il diritto del contribuente alla determinazione di una imposta "giusta" ex art. 53 Cost.), la pretesa vantata dalla Amministrazione finanziaria si cristallizza nel diritto soggettivo di credito, il cui esercizio (corrispondente ora al potere di riscossione a fronte del quale sussiste soltanto la esigenza che le modalità di esecuzione coattiva non si traducano in una un’inammissibile vessazione del contribuente) rimane assoggettato, in assenza di diversa specifica previsione normativa, all’ordinario termine di prescrizione dei diritti ex art. 2934 c.c. e segg. (ove poi tale credito sia divenuto definitivo in seguito a pronuncia giurisdizionale il termine prescrizionale sarà disciplinato dall’actio judicati" ex art. 2953 c.c.: Corte cass. SU 10.12.2009 n. 25790 – in relazione a credito derivante da sanzione amministrativa; id. 5 sez. 11.3.2011 n. 5837 "il diritto alla riscossione di un’imposta, conseguente ad avviso di liquidazione divenuto definitivo, perchè confermato con sentenza passata in giudicato, non è assoggettato ai termini di decadenza e prescrizione che scandiscono i tempi dell’azione amministrativa – tributaria, ma esclusivamente al termine di prescrizione generale previsto dall’art. 2953 c.c. in quanto il titolo sulla base del quale viene intrapresa la riscossione non è più l’atto amministrativo, ma la sentenza").

A tale conclusione è, peraltro, pervenuta la giurisprudenza di questa Corte quando, in tema di tributi locali ha affrontato la questione, parzialmente diversa, della riliquidazione nel quantum della imposta dichiarata dal contribuente, affermando che in tema d’imposta sulla pubblicità, l’esercizio, da parte del Comune, del potere di contestazione dei criteri adottati dal contribuente in sede di autoliquidazione dell’imposta, è assoggettato all’ordinario termine di prescrizione e non al termine biennale di decadenza di cui al D.Lgs. n. 507 del 1992, art. 9, comma 5 posto che quest’ultima è una norma di stretta osservanza insuscettibile d’interpretazione analogica, applicabile esclusivamente con riferimento all’esercizio del potere d’accertamento e di rettifica dell’amministrazione, non apparendo irrazionale "ritenere che dinanzi ad una situazione in certo qual modo cristallizzata, perchè nascente da una dichiarazione del contribuente (e, pertanto nella incontestazione dell’an) possa decorrere un termine più lungo rispetto a situazioni in cui (per la contestazione dell’an e del quantum in tema di accertamento o di verifica o, addirittura, in caso di occultamento dell’obbligo tributario con l’omessa dichiarazione) è comunque dubbia l’esistenza dell’obbligazione tributaria (cfr. Corte cass. 5 sez. 9.7.2010 n. 16214, in motivazione; già in precedenza, con sintetica motivazione.

Corte cass. 5 sez. 26.9.2008 n. 24213. Vedi, con riferimento alla TARSU : Corte cass. 5 sez. 23.11.2011 n. 24679).

In conseguenza essendo stata notificata la cartella opposta in data anteriore alle modifiche introdotte con la L. n. 296 del 2006 (non applicabili ai rapporti di imposta in cui la pretesa tributaria è oggetto, come nella specie, di un atto di accertamento impositivo divenuto definitivo), e non essendo previsti nel regime normativo anteriore termini di decadenza per la notifica del titolo esecutivo, deve ritenersi legittima la notifica alla società contribuente dell’atto in questione, che assolve alla funzione di precetto, entro l’ordinario termine prescrizionale del diritto.

4. Con il terzo motivo vengono dedotti vizi motivazionali, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non essendosi pronunciata la CTR laziale sulle questioni riproposte con l’atto di costituzione in grado di appello concernenti la violazione del termine stabilito per la "consegna dei ruoli" al concessionario per il servizio di riscossione ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 24 e del D.M. n. 321 del 1999, nonchè violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 23 – novellato dal D.Lgs. n. 473 del 1997, art. 12 e quindi dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 12 – in quanto erano state irrogate dal Comune di Roma sanzioni pecuniarie "per omesso o tardivo versamento" ed applicati interessi nonostante la fattispecie di illecito fosse stata soppressa a decorrere dall’1.4.1998 ed il pagamento degli interessi fosse stato abolito dalla legge del 2006.

Entrambe le censure dedotte con il terzo motivo sono inammissibili.

La prima censura va incontro ad inammissibilità per errata individuazione del parametro di legittimità indicato: la ricorrente, infatti, ravvisa un vizio di omessa motivazione della sentenza laddove invece sussiste una omessa pronuncia ex art. 112 c.c. su uno specifico motivo di gravame, da far valere in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4). L’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello – così come, in genere, l’omessa pronuncia su domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio – risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360 c.p.c., n. 3 o del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo "error in procedendo" – ovverosia della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 – la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità – in tal caso giudice anche del fatto processuale – di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello. La mancata deduzione del vizio nei termini indicati, evidenziando il difetto di identificazione del preteso errore del giudice del merito e impedendo il riscontro "ex actis" dell’assunta omissione, rende, pertanto, inammissibile il motivo (cfr. Corte cass. 1 sez. 27.1.2006 n. 1755; id. SU 27.10.2006 n. 23071; id. sez. 22.11.2006 n. 24856; id. 3 sez. 19.1.2007 n. 1196).

La seconda censura è inammissibile per le medesime ragioni sopra esposte nonchè in quanto la società ricorrente, contestando la sanzione pecuniaria irrogata con gli avvisi di accertamento, intende rimettere in discussione una questione che risulta ormai preclusa dalla definitività dell’atto accertativo.

5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e la società contribuente va condannata alla rifusione, in favore delle parti resistenti, delle spese del presente giudizio che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – rigetta il ricorso e condanna la società contribuente alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3.600,00 per onorari oltre rimborso forfetario spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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