Cassazione civile anno 2005 n. 1196 ICI

TRIBUTI LOCALI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
La Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, con sentenza n. 97/12/03, ha rigettato l’appello proposto dalla contribuente X X X avverso la pronuncia n. 205/17/2000, con cui la Commissione tributaria provinciale di Salerno ha parzialmente accolto i riuniti ricorsi (dichiarando non dovuti i soli interessi e le sanzioni), a suo tempo proposti dalla suddetta avverso gli avvisi d’accertamento in rettifica per I.C.I., per gli anni dal 1993 al 1997, emessi dal Comune di Baronissi. Secondo la tesi della contribuente, gli avvisi dovevano essere dichiarati nulli siccome le rendite catastali, attribuite con nota UTE del 30.12.89, ed in atti solo dal 7.3.97, non le erano state notificate, e comunque avrebbero al più avuto effetto solo a decorrere dall’anno di fissazione successivo a quello di annotazione nei registri catastali, con la conseguenza che la maggiore imposta non avrebbe potuto calcolarsi per i periodi pregressi, ma solo dalla data dell’1.1.98.
L’organo di gravame ha sostenuto che, dalla corretta lettura dell’art. 74 comma 2 della legge n. 342/2000, emerge che in caso di contestazione delle rendite attribuite o variate recepite in atti impostivi non definitivi mosse in sede d’impugnazione di tali atti, sono solo esclusi sanzioni ed interressi, ed allo stesso modo non si fa luogo a rimborso d’imposte già pagate fra la data di attribuzione della rendita e quella di scadenza del ricorso secondo i termini stabiliti nella stessa norma, ma l’imposta controversa è in ogni caso dovuta sulla base della rendita attribuita.
Contro questa sentenza la contribuente ha proposto il presente ricorso per Cassazione che ha affidato ad unico mezzo. Il Comune intimato non si è costituito.

Motivi della decisione
Denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 5 e 11 del d.lgs. n. 504/92 ed all’art. 74 della legge n. 324/2000, la ricorrente deduce che dal quadro di riferimento normativo rubricato, interpretato alla luce dell’esegesi che ne ha fornito la giurisprudenza citata (cita a conforto Cassazione n. 4509/1999 rectius anno 2000), emerge che l’attribuzione della nuova rendita deve essere notificata al contribuente, e le modifiche di quelle già esistenti hanno efficacia solo a decorrere dall’anno d’imposta successivo a quello nel corso del quale esse sono annotate negli atti del catasto (artt. 4 e 5 comma 2 del d.lgs. N. 594/92). Ne discende che in caso di omessa notifica, ogni atto susseguente che l’abbia recepita è inficiato da nullità. Nel caso di specie non vi è la prova, che il Comune avrebbe dovuto allegare, nè che fosse stata effettuata notifica della rendita, nè che essa fosse stata pubblicata con affissione all’albo pretorio, con la conseguenza che l’imposta richiesta, commisurata alla differenza fra quanto pagato e quanto dovuto in base alla nuova rendita, non era dovuta per tutto il periodo antecedente alla data del 11/3/2000 in cui le venne notificato l’avviso di rettifica.
La ricorrente lamenta insomma, che la nuova rendita, stante il suddetto vizio di omessa notifica, non poteva essere presa a parametro per il calcolo dell’I.C.I. per le annualità antecedenti.
Richiama a conforto la circolare ministeriale del 13.3.01, che conferma l’attribuzione di valore alla nuova rendita solo dalla data della sua notifica.
Deduce altresì l’illegittimità degli avvisi impugnati, derivante dall’ulteriore rilievo dell’assenza delle indicazioni prescritte dall’art. 74 della legge n. 342/2000 circa modalità ed i soggetti individuabili ai fini di una loro eventuale impugnazione. Sottolinea, infine, per esigenza di certezza del diritto, che analoga controversia, introdotta dal suo coniuge per la quota di sua spettanza contro identici avvisi relativi ai medesimi cespiti, è stata risolta in senso favorevole dalla medesima Commissione con accoglimento delle sue doglianze.
Il ricorso è infondato.
La decisione impugnata riconduce correttamente la fattispecie esaminata al paradigma dell’art. 74 comma 2 della legge n. 342/2000, che prevede testualmente che "per gli atti che abbiano comportato attribuzione o modificazione della rendita adottati entro il 31 dicembre 1999, che siano stati recepiti in atti impositivi dell’amministrazione finanziaria o degli enti locali non divenuti definitivi, non sono dovuti sanzioni ed interessi relativamente al periodo compreso fra la data di attribuzione o modificazione della rendita e quella di scadenza del termine per la presentazione del ricorso avverso il suddetto atto, come prorogato dal presente comma.
Non si fa luogo in nessun caso a rimborso di importi comunque pagati…".
Conclude, quindi, asserendo che la notifica dell’atto impositivo vale come contestazione dell’attribuzione della rendita, e consente all’interessato di svolgere in sede di sua impugnazione ogni contestazione sulla rendita. Lo snodo della questione, così come individuato nei termini anzidetti, è sicuramente corretto, nè le doglianze mosse in questa sede, sopra riferite, ne offrono adeguati elementi di confutazione.
L’art. 74 della legge citata prevede al comma 1 che "a decorrere dal 1 gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo decorrere dalla loro notificazione a cura dell’ufficio del territorio ai soggetti intestatari della partita. Dall’avvenuta notificazione decorre il termine di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 546/92 e successive modificazioni per proporre il ricorso di cui all’art. 2 comma 3 dello stesso d.lgs…".
La ratio di questa previsione disvela palesemente la rilevanza autonoma dell’atto attributivo della rendita a fine, sia tributario sia strumentale alla sua autonoma impugnabilità.
La previsione contenuta nel comma 2, sopra trascritta, tuttavia, detta una specifica disciplina in relazione alle annualità pregresse, stabilendo che, sebbene per il periodo transitorio considerato, vale a dire sino al 31.12.99, l’atto attributivo o modificativo della rendita abbia effetto dalla data della sua adozione, quando sia stato recepito in atti impositivi riferiti alle suddette annualità, la notifica di quest’ultimo atto vale come notifica anche della rendita, con la conseguenza che l’interessato è rimesso in termini per esperire ogni rimedio a proprio favore e contestarne il valore.
Non avrebbe altro senso la previsione letterale di esclusione solo di sanzioni ed interessi, e del pari di eventuali rimborsi in caso di eccedenza a favore del contribuente, se essa non si correla all’attribuzione di efficacia immediata della rendita, a meno dell’esistenza di eventuali errori che è onere del contribuente dedurre.
Siffatta esegesi non smentisce il principio enunciato nella sentenza di questa Corte citata dalla ricorrente n. 4509/2000, secondo cui l’atto di classamento con attribuzione della rendita ha autonoma rilevanza sul piano tributario e deve pertanto essere comunicato all’interessato, ma consacra quello, altrettanto pacifico, secondo cui la notifica dell’atto impositivo, non preceduta dalla notifica della rendita, consente al contribuente di far valere ogni eventuale doglianza in sede d’impugnazione di esso, e di contestare la rendita, se ritiene errata la sua attribuzione o la sua variazione i chiamando in causa il competente ufficio dell’UTE, ed ora la competente Agenzia del Territorio. Quest’ultimo orientamento si è formato con riguardo specifico al caso in cui il contribuente, acquirente d’immobile non censito in catasto, si sia avvalso della valutazione automatica ai sensi dell’art. 12 della legge n. 154/1988, e conferma che non è necessaria la separata notifica dell’atto di classamento con attribuzione della relativa rendita catastale, almeno fino al 1.1.2000, potendo essa essere recepita nell’avviso di liquidazione con cui l’ufficio procede al recupero dell’imposta dovuta, così da consentirne la conoscenza e da permetterne l’impugnazione (cfr. Cass. N. 11211/2001 e n. 17943/2004).
In conclusione, nel caso di specie, la contribuente, siccome l’atto di attribuzione della rendita riguardo le annualità pregresse anteriori al 31.12.99, pur non avendone ricevuto autonoma notifica, venne parimenti posta in condizione di introdurre contestazioni nel merito della determinazione della rendita attraverso la notifica dell’atto impositivo che, nella determinazione dell’ICI per le annualità suddette, l’aveva recepita, e che in sostanza l’aveva rimessa in termini.
Deve però rilevarsi che, pur avendo introdotto in sede giudiziale la contestazione sull’atto impositivo, la suddetta contribuente non ha inteso censurare l’esattezza o la congruità della rendita, che è perciò rimasta incontroversa, ma ha piuttosto improntato la sua domanda ad una mera petizione di principio, vale a dire all’affermazione dell’esigenza, giusta ma astratta, che l’atto di classamento le venisse autonomamente notificato, rimasta, in assenza di doglianza nel merito, priva di concreta rilevanza.
La decisione della CTR, che non le ha applicato nè sanzioni nè interessi, è dunque corretta.
Gli ulteriori profili censurati non hanno rilevanza.
L’omessa indicazione nell’atto impugnato delle modalità e dei termini per eventuale ricorso rappresenta mera irregolarità formale, che non ha peraltro precluso l’esercizio d’attività difensiva da parte della ricorrente.
L’ulteriore deduzione, in ordine a diversa soluzione offerta per la medesima questione in altra causa introdotta dal coniuge, rappresenta questione di merito, non sindacabile in questa sede.
Tanto premesso, il ricorso deve essere rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese, stante l’assenza d’attività difensiva da parte del Comune intimato.

P. Q. M.
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 25 novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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