Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-09-2011) 16-11-2011, n. 42050

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Sassari, con ordinanza del 18.6.2009, in accoglimento delle istanze di riesame proposte nell’interesse di R.A. ed altri, annullava il decreto 9.5.2009 con cui il G.I.P. di quello stesso Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di svariati lotti di un terreno sito in agro del Comune di (OMISSIS), nell’ambito di un procedimento penale instaurato nei confronti di 256 persone, indagate per il reato di cui: al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 e art. 44, lett. c), perchè, in concorso tra loro, quali soci della s.r.l. "Liberturist" e proprietari del terreno classificato nel piano regolatore generale del Comune di Alghero come zona H3 di "salvaguardia assoluta ed ecologica", acquistando le singole piazzole nelle quali il terreno era stato frazionato, ponevano in essere una lottizzazione abusiva, in quanto trasformavano urbanisticamente il territorio da zona H3 in un insediamento abitativo stabile a vocazione turistico-residenziale, in contrasto con le prescrizioni del PRG e delle sue norme di attuazione;

trasformazione urbanistica che avveniva prima attraverso il frazionamento a scopo edilizio del terreno in circa 250 piazzole (di estensione variabile da 100 a 200 mq., a seconda delle quote di partecipazione societaria poste in vendita), successivamente dalla vendita delle stesse nell’arco di diversi anni e fino all’attualità e, infine, nella realizzazione di opere edilizie quali viabilità interna, prefabbricati ad uso abitativo di varie tipologie, locali deposito, roulotte, caravan di fatto inamovibili ubicate su piazzole cementiticate e pavimentate e coperte da strutture ombreggiami di varia natura ed estensione, nonchè munite di attacchi elettrici e idraulici oltre ad impianti igienici. Rilevava, tra l’altro, in proposito il tribunale:

a) che nella fattispecie in esame, le opere indicate nell’imputazione provvisoria sono state sicuramente "iniziate" in un tempo assai remoto e, anche a voler sostenere che taluna di esse sia iniziata nel periodo attuale, non è dato conoscere quali e quante opere aventi carattere lottizzatorio sono state realizzate "almeno in epoca recente";

b) che – nessuno tra gli indagati, almeno sul piano formale, può ritenersi proprietario del terreno di cui si tratta oppure di frazione di esso, perchè l’intera estensione territoriale già assoggettata a sequestro è di proprietà della s.r.l. "Liberturist", che ha sempre e soltanto trasferito e ceduto quote ideali di partecipazione alla società, mentre l’equiparazione della quota ideale alla proprietà di un lotto ben definito appare, allo stato, mera congettura del tutto indimostrata; c) che per il principio dell’accessione è la società proprietaria del suolo che è divenuta proprietaria anche dei manufatti edificati dai singoli soci su specifiche porzioni del terreno; d) che il frazionamento in singole piazzole è stato effettuato in data antecedente al 17 marzo 1985, sicchè non può essere applicata la disciplina posta dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 stante l’esclusione espressamente prevista dal comma 10 di detto articolo ed in una situazione in cui l’accusa non ha individuato specificamente quali violazioni siano state poste in essere nel periodo di vigenza della disciplina attuale.

Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sassari, deducendo la violazione del D.P.R. n. 389 del 2001, art. 30, posto che l’attività trasformativa del territorio era ancora in corso e che secondo la giurisprudenza di legittimità, anche il frazionamento di un terreno in lotti avvenuto prima del (OMISSIS) rileva al fine di configurare il reato di lottizzazione abusiva. Aggiungeva poi che l’attività ai frazionamento abusivo di un terreno può realizzarsi anche in mancanza di atti formali di vendita dei lotti, in presenza di elementi indiziali che consentono tuttavia di riconoscere l’esistenza di quegli "atti giuridici equivalenti alla vendita" idonei a configurare anch’essi una lottizzazione abusiva. Al riguardo si faceva rilevare che nella specie esistevano sintomatici ed univoci elementi indiziali in quanto: a) la società "Liberturist" ha ceduto a nuovi soci quote corrispondenti al valore di piazzole estese 100 o 200 mq. conferendo l’uso ed il godimento permanente ed esclusivo della singola piazzola da parte del socio; b) alcuni lotti risultano tuttora messi in vendita su siti internet; c) è stata rinvenuta documentazione attinente alla vendita di una piazzola alienata dai soci S.S. e P.M. a tale L. A. (nel (OMISSIS) e per la somma complessiva di Euro 19.000); d) una delle indagate aveva riferito agli inquirenti che da 16 anni non era più soda della "Liberturist", avendo venduto quote e piazzola, nell’anno 1993, per L. 24 milioni, con la precisazione che la scelta e la cessione dei lotti avveniva normalmente presso gli uffici del campeggio e senza la presenza di notaio.

La Corte di Cassazione in data 14.7.2010. ha accolto il ricorso del PM annullando senza rinvio l’ordinanza impugnata ritenendo infondato l’assunto di inconfigurabilità del reato di lottizzazione abusiva anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 47 del 1985 e che nella fattispecie, allo stato attuale dell’attività di indagine, appare realizzata una trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio, che ha conferito ad una porzione di esso un assetto non permesso dalla pianificazione generale comunale, con modalità non consentite neppure attraverso la predisposizione di un piano attuativo e che razionalmente, quindi, il GIP del Tribunale di Sassari ha ritenuto configurabile una lottizzazione abusiva mista, in un intreccio di atti materiali e giuridici comunque finalizzati ed idonei a snaturare la programmazione dell’uso del territorio stesso quale delineata dallo strumento urbanistico generale. E ciò in quanto il trasferimento di un terreno, sulla base di quote societarie che conferiscono sostanzialmente al suolo un assetto proprietario frazionato in lotti, è idoneo ad integrare il reato di lottizzazione abusiva c.d. "negoziale", tutte le volte che da elementi indiziari – indicati con elencazione non tassativa dalla L. n. 47 del 1985, art. 18, comma 1, ed attualmente dal cit. T.U., art. 30, comma 1, – risulti in modo non equivoco la destinazione dei lotti a scopo edificatorio.

Di conseguenza veniva ripristinato il vincolo reale sul terreno in questione ed a seguito di ciò veniva proposta istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo da A.A. G., + ALTRI OMESSI indagati in ordine ai reati di concorso in lottizzazione abusiva ( art. 110 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30, comma 1, art. 44, lett. c), di esecuzione di lavori su beni paesaggistici di notevole interesse pubblico ( D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis, lett. a) e di deturpamento di bellezze naturali ( art. 734 c.p.), i quali deducevano tutti la nullità del decreto di sequestro impugnato per non averne mai avuto conoscenza e, nel merito, l’insussistenza della lottizzazione.

Il tribunale di Sassari ha dichiarato inammissibili i ricorsi rilevando attraverso l’integrale richiamo delle considerazioni svolte con l’ordinanza del 24.9.2010 esaminando la posizione di altri indagati, che, quanto all’eccepita nullità o inesistenza del decreto di sequestro per difetto di notifica, che questione è infondata, importando la mancata notifica solo il differimento del dies a quo per l’impugnativa e, nel merito, era ravvisabile carenza di interesse al ricorso da parte dei ricorrenti. In particolare, in ordine al secondo aspetto evidenziava che, da un lato, è incontroversa la formale appartenenza degli immobili in sequestro alla Liberturist Srl, società di capitali, dotata di distinta personalità giuridica e titolare di un proprio autonomo patrimonio, e, dall’altro, che ricorrenti hanno allegato di essersi limitati a pagare le quote di loro spettanza, senza che all’attuazione di tale prestazione corrispondesse la disponibilità e il godimento da parte loro di una specifica porzione dell’area in sequestro (c.d. "piazzola"), dove alcuni di essi avrebbero stazionato, per brevi periodi, per praticarvi il campeggio.

Il tribunale aggiunge inoltre ulteriori considerazioni per avvalorare la sussistenza del fumus del reato di lottizzazione abusiva e sulla permanenza della situazione di illiceità penale.

Avverso tale ordinanza propongono ricorso per cassazione A. A. e gli altri indagati in precedenza citati, deducendo:

1) la violazione dell’art. 6 Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo, in relazione all’avvenuta esecuzione del decreto di sequestro preventivo, senza alcuna preventiva comunicazione agli indagati. Si obietta al riguardo che gli odierni ricorrenti sono stati colpiti da un provvedimento cautelare che rivive nei loro confronti senza che ad essi sia stata consentita la partecipazione all’udienza davanti alla Suprema Corte nel cui ambito è maturata la riviviscenza del sequestro.

2) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione all’art. 24 Cost., nonchè agli artt. 322 e 324 c.p.p., e art. 568 c.p.p., commi 3 e 4, e art. 324 c.p.p. e art. 309 c.p.p., comma 9, nella parte in cui il Tribunale in sede di riesame ha ritenuto inammissibile la richiesta di riesame presentata dagli indagati in quanto non legittimati all’impugnazione.

Nel motivo si contesta anzitutto il contrasto con l’art. 24 Cost. disposizioni indicate se interpretate nel senso di negare la legittimazione attiva degli indagati ritenendosi essere un di più – che risponde alla peculiarità del regime giuridico dei beni – a far sì che, fra i legittimati attivi a proporre l’impugnazione nel caso di misure cautelari reali. Peraltro si fa rilevare anche come il presupposto del sequestro, vale a dire la sussistenza del fumus, rende evidentemente irrazionale qualsiasi altra opzione interpretativa fondandosi la sussistenza del fumus sull’esistenza di un indagato/imputato. Si obietta inoltre che in nessun caso può comunque essere escluso l’interesse "concreto" dei ricorrenti a proporre il ricorso quali utilizzatori delle piazzole.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.

In ordine al primo motivo non possono essere condivise le doglianze circa la lesione delle garanzie per la mancata comunicazione del sequestro agli indagati avendo già correttamente evidenziato il tribunale che la mancata notifica comporta solo il differimento del dies a quo per l’impugnazione.

Venendo, invece, al secondo motivo occorre rilevare che i ricorrenti incentrano il ricorso sull’orientamento espresso da questa Corte in alcune decisioni in cui si è affermato che la persona sottoposta alle indagini nei cui confronti sia stato adottato un decreto di sequestro preventivo è legittimata a richiedere l’appello, ex art. 322 bis c.p.p., di detto provvedimento anche se la cosa sequestrata sia di proprietà di terzi, non potendosi contestare l’interesse al gravame ogni qual volta venga in discussione la natura del reato o la qualificazione giuridica del fatto o comunque sia configurabile un’influenza sul procedimento penale (ex plurimis Sez. 4, n. 21724 del 20/04/2005 Rv. 231374).

Il tribunale del riesame richiama invece il diverso orientamento espresso in altre decisioni secondo cui l’indagato che proponga richiesta di riesame avverso il provvedimento di sequestro preventivo di un bene di cui egli non sia titolare, deve vantare un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame, derivante dalla menomazione di una qualunque situazione giuridica soggettiva sulla cosa, apportata con il vincolo impresso dal sequestro. (Sez. 5, n. 44036 del 21/10/2008 Rv. 241673).

Tale orientamento si giustifica sul rilievo che a differenza del sequestro probatorio (in relazione al quale può essere affermato l’interesse dell’indagato, che pure non rivendichi la proprietà o un diritto di godimento sulla cosa sequestrata, a impugnare il provvedimento, in quanto attraverso l’annullamento di esso egli tende a impedire che della cosa in sequestro si faccia una utilizzazione probatoria a suo carico) – nel caso del sequestro preventivo, che non ha finalità probatorie, ma solo cautelari, per proporre impugnazione l’indagato o imputato deve reclamare una relazione con la cosa che sostenga la sua pretesa alla cessazione del vincolo (Sez. 1, n. 13037 del 18/02/2009 Rv 243554).

E dunque, anche secondo l’orientamento per così dire più restrittivo l’interesse tutelato è quello derivante dalla menomazione di una qualunque situazione giuridica soggettiva sulla cosa, apportata con il vincolo impresso dal sequestro, indipendentemente dalla proprietà del bene.

Rispetto al caso di specie è fuori discussione che in capo ai ricorrenti la qualità di indagati per il reato di lottizzazione abusiva discenda proprio dall’essere compartecipi di iniziative finalizzate all’utilizzo uti singuli delle piazzole del campeggio.

Questa Corte, già nella precedente occasione in cui era stata chiamata ad occuparsi della questione, aveva rilevato infatti che nella vicenda in esame la quota versata dal singolo socio costituisce, sotto il profilo formale, la misura della partecipazione dello stesso alla società, ma che l’assegnazione di una specifica porzione di terreno di esclusiva pertinenza (la singola piazzola di varia estensione), contestuale al versamento del conferimento, evidenzia l’intimo nesso di connessione tra la c.d. "quota" ed una porzione ben individuata dell’intero terreno facente parte del patrimonio sociale e tale connessione è palesemente riconducibile alla sostanziale predisposizione delle quote di liquidazione spettanti a ciascun socio una volta che sì proceda allo scioglimento della società. E si era aggiunto nell’occasione che viene posto in essere in tal modo – a fronte di un vero e proprio frazionamento effettivo ed operante – un espediente dissimulatorio al fine di aggirare il divieto di lottizzazione posto dal legislatore.

Gli odierni ricorrenti negano ovviamente, anche in questa sede, qualsiasi finalità illecita, ma non invece di essere fruitori delle piazzole e, come tali, è innegabile che essi possano vantare comunque un interesse ad opporsi al sequestro.

Anche se gli indagati in quanto soci della Liberturist s.r.l. non sono formalmente titolari della proprietà del campeggio, infatti, per le ragioni anzidette, non si può negare che il provvedimento ablativo produca una lesione anche nella loro sfera giuridica e che l’eventuale eliminazione o riforma del provvedimento impugnato ha l’effetto di rendere possibile il conseguimento di un risultato a loro giuridicamente favorevole.

Oltre ad essere indagati, dunque, essi vantano comunque un concreto interesse alla restituzione del bene e, dunque, va annullata con rinvio la decisione sul punto onde consentire al tribunale l’esame delle questioni dedotte in quella sede.

In questo senso vanno dunque ribadite le argomentazioni e le conclusioni cui è pervenuta la Corte trattando il ricorso di altri indagati anch’esso fissato – su istanza del difensore – nella medesima udienza.

Nè vale rilevare che in questo procedimento il Tribunale di Sassari oltre a richiamare integralmente la precedente decisione relativa al ricorso di altri indagati, ha aggiunto alcune considerazioni.

Si tratta, infatti, di considerazioni che attengono alla configurabilità sul piano dei principi della lottizzazione ma che non si fanno comunque carico nello specifico di valutare le posizioni dei ricorrenti. E del resto la conclusione di inammissibilità del ricorso è coerente all’evidenza con l’affermazione – anche in questa occasione – dell’assenza di interesse al ricorso. Di conseguenza l’ordinanza va annullata con rinvio al Tribunale di Sassari per consentire la valutazione del ricorso alla luce dei principi affermati.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Sassari.
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