Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 28-07-2011) 16-11-2011, n. 42047

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 1.7.2010 la Corte d’Appello di Napoli, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere che, in data 8.4.2009, aveva condannato D.V.N. in concorso per i reati di tentata estorsione aggravata dal D.L. n. 152 del 1991, art. 7 detenzione e porto d’armi, lesioni e violazione di domicilio, dichiarava estinti per prescrizione i reati di lesione e violazione di domicilio e rideterminava la pena in anni 9 mesi 2 di recl. ed Euro 1400,00 di multa.

Riteneva la Corte territoriale provata la responsabilità del D. V. sulla scorta di conclusioni univoche ed indiscutibili soprattutto all’esito della rinnovazione dell’istruttoria, richiesta dall’appellante, che possono essere riassunte: nella presenza dell’auto dell’imputato nella Cava (OMISSIS) mentre si consumava l’episodio intimidatorio in danno del titolare della EDIL Calcestruzzi; nel contenuto della conversazione telefonica intercettata alle ore 15,39 del (OMISSIS), prima che avesse inizio l’intervento in cantiere; nell’aggancio della stazione radio di (OMISSIS) del telefono del D.V., alle ore 16,27, a pochi minuti dal raid, quando gli autori dell’episodio estorsivo erano sulla via del ritorno. Con dovizia di particolari i giudici d’appello smentivano le argomentazioni del consulente della difesa in ordine ai tempi dell’intervento intimidatorio.

Ricorre per Cassazione il difensore dell’imputato deducendo che la sentenza è incorsa in:

1. violazione di legge con riguardo al disposto dell’art. 192 c.p.p., comma 2, nonchè manifesta contraddittorietà e illogicità nella motivazione. Contesta il ricorrente le valutazioni operate dalla Corte territoriale in ordine al coinvolgimento dell’imputato nell’episodio in contestazione, lamentando la mancata considerazione della deduzione difensiva che la macchina poteva essere stata usata da altri ed evidenziando che il D.V. non è mai stato localizzato in (OMISSIS).

2. violazione di legge con riguardo al disposto degli artt. 133 e 62 bis c.p., nonchè per manifesta mancanza di motivazione in ordine alla pena e alle circostanze attenuanti generiche.

Il primo motivo di ricorso non è fondato.

Il D.V., sotto il profilo del vizio di motivazione, sollecita alla Corte una diversa lettura dei dati di fatto non consentita in questa sede. Il giudizio di cassazione, rimane infatti sempre un giudizio di legittimità, nel quale rimane esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione (cui deve limitarsi la corte di cassazione) possa essere confusa con una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito.

Nè miglior sorte ha la doglianza secondo cui vi sarebbe un difetto di motivazione su punti decisivi della causa, non avendo il giudice dato alcun peso ad alcune deduzioni difensive. Occorre infatti a tale proposito rammentare che il giudice di merito non ha l’obbligo di soffermarsi a dare conto di ogni singolo elemento indiziario o probatorio acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a porre convenientemente in luce quelli che in base al giudizio effettuato risultano gli elementi essenziali ai fini del decidere purchè tale valutazione risulti, come nel caso in esame, logicamente coerente (Cass. Pen. Sez. 5, 2459/2000, ricorrente Garasto). In particolare la Corte territoriale ha dato conto che la ricostruzione temporale dei fatti per cui è processo si armonizza pienamente con il dato incontestabile (e in verità incontestato) della presenza dell’auto nella cava all’atto dell’aggressione per cui l’imputato avrebbe dovuto offrire una doppia prova contraria, quella della contemporanea messa a disposizione dell’auto e del cellulare a favore di altre persone, prova che non è stata mai fornita, ma neppure prospettata.

Infondato è anche il secondo motivo di ricorso. La Corte distrettuale ha ritenuto di condividere il diniego delle attenuanti generiche operato dal primo Giudice richiamando lo spessore criminale del ricorrente, specificamente argomentato, e la particolare gravità del fatto, così come ha ritenuto la pena irrogata appena sufficiente a far fronte ad un comportamento di gravità assoluta, di cui ha dato conto con motivazione logica e coerente.

Il ricorso si risolve sul punto nella non consentita sollecitazione ad una rivalutazione del giudizio di merito, non illogico nè illegittimo, considerato anche che ai fini del giudizio sul punto delle attenuanti generiche il giudice del merito non deve procedere all’esame di tutti gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., ma può limitarsi ad indicare quelli che ha ritenuto, nel caso concreto e con apprezzamento di fatto, prevalenti per riconoscere o negare tali attenuanti (Sez. 6, sent. 852 del 12.11.1993 – 26.1.1994, rv 196329).

Il ricorso deve, pertanto, essere respinto e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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