Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-05-2012, n. 8341 Concordato tributario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. dist. di Siracusa, con sentenza 246/16/2009, ha confermato la decisione di primo grado che aveva accolto un ricorso della Ve.di. s.a.s. di Antonio Vecchio & C. avverso una cartella di pagamento relativa all’Irpef per l’anno 1991 e all’Irap e all’Iva per gli anni 2000 e 2001.

Risulta dalla sentenza che la società aveva presentato un’istanza di condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, ma aveva omesso, per sopravvenute difficoltà, il versamento dell’ultima rata nel termine di legge.

La sentenza, dato atto di quanto sopra, ha tuttavia affermato che l’ufficio non aveva fornito la prova dell’asserito ritardo del pagamento della terza rata del condono, sicchè la cartella impugnata dovevasi considerare illegittima anche con riferimento alle sanzioni.

L’agenzia delle entrate ha proposto, contro la suddetta statuizione, ricorso per cassazione sorretto da tre motivi.

L’intimata ha replicato con controricorso.

Motivi della decisione

1. – Col primo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, lamenta che la commissione regionale abbia immotivatamente annullato anche l’iscrizione a ruolo relativa all’anno d’imposta 1991, nonostante codesta – come già dall’amministrazione eccepito nei motivi di appello avverso la decisione di primo grado – non fosse stata oggetto del ricorso introduttivo.

Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata difatti evidenzia che il ricorso aveva avuto a oggetto la sola questione delle iscrizioni a ruolo conseguenti al condono della citata L. n. 289 del 2002, ex art. 9-bis. E anche il controricorso da atto che la cartella non era stata impugnata quanto all’iscrizione a ruolo dell’anno 1991.

Consegue che è viziata da ultrapetizione la sentenza di merito nella misura in cui ha disposto l’annullamento della cartella anche in relazione alla non impugnata iscrizione a ruolo dell’Irpef per l’anno 1991, in tal modo illegittimamente ampliando gli effetti giuridici della domanda proposta dalla parte contribuente.

2. – E’ stato peraltro da questa eccepito, nel controricorso, che la detta iscrizione era stata annullata, in sede di autotutela, prima dell’insorgenza della lite; donde farebbe difetto l’interesse alla decisione sul profilo.

Ma osserva il collegio che l’eccezione non soddisfa il fine di autosufficienza, tenuto conto che la circostanza dedotta – dell’avvenuto esercizio del potere di annullamento (parziale) dell’atto in autotutela – non risulta dalla sentenza; ed è logicamente contraddetta dalla proposizione della censura da parte dell’agenzia delle entrate già a mezzo dell’appello.

3. – Il secondo e il terzo motivo rispettivamente denunciano un vizio di motivazione e in ogni caso un vizio di violazione e falsa applicazione di norma di diritto.

Tra questi va prioritariamente affrontato il terzo motivo, col quale si deduce la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9-bis, in quanto il condono, di cui al ripetuto art. 9-bis, non possiede affinità con le residue forme di sanatoria previste dallo stesso testo normativo (artt. 7, 8, 9, 15, 16), non essendo caratterizzato da una situazione di incertezza in ordine alla entità ordinaria del tributo. Sicchè – si sostiene nel motivo – il suo perfezionamento presuppone l’integrale pagamento di tutte le rate nei termini dalla legge imposti.

Il mezzo è fondato.

Contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, non era l’ufficio onerato della prova del ritardo nel pagamento della rata del condono, essendo – quello appunto del ritardo – un fatto del tutto pacifico in base alle stesse difese della società, la quale – la sentenza riferisce – aveva affermato di non aver versato l’ultima rata (nei termini) "per difficoltà sopravvenute".

E’ principio generale del processo che non abbisognano di prova i fatti pacifici, dei quali si tratta solo di stabilire le conseguenze giuridiche.

Secondo la oramai del tutto consolidata giurisprudenza di questa Corte, la conseguenza giuridica del tardivo pagamento è inclusa nel principio per cui l’efficacia della sanatoria della L. n. 282 del 2002, ex art. 9-bis è condizionata all’integrale pagamento del dovuto. Donde l’omesso tempestivo pagamento anche di una sola delle rate ne impedisce il perfezionamento (Cass. n. 20745/2010; n. 20966/2010; n. 3975/2011).

E difatti la ratio della norma agevolativa è rappresentata dall’immediato recupero dell’imposta omessa.

4. – Non è fondata l’obiezione mossa, al riguardo, nel controricorso.

Dalla sentenza risulta che l’ appello avverso la decisione di primo grado era stato proposto sostenendo la tesi che "nell’art. 9-bis, manca una disposizione che faccia salvi gli effetti della sanatoria nell’ipotesi di omesso o tardivo versamento delle rate successive alla prima" (oltre tutto con richiamo a Cass. n. 18353/2007, che si iscrive esattamente nel filone giurisprudenziale sopra riportato).

E’ vero che nel corso del giudizio d’appello l’ufficio aveva "dichiarato l’avvenuto perfezionamento della procedura di condono" e insistito "soltanto per l’irrogazione della sanzione sull’importo versato in ritardo".

Ma una simile posizione non ha avuto l’effetto, sostenuto nel controricorso, di cristallizzare la materia del contendere sul solo punto residuo delle sanzioni applicate alla terza rata pagata in ritardo. In essa risulta semplicemente espressa una (errata) valutazione giuridica sulle conseguenze del ritardo. Alla quale non è dato peraltro associare nessuna possibile rivalutazione qualitativa della pretesa fiscale, perchè il credito d’imposta, espressione del precetto fiscale, non è nella sua essenza negoziabile in considerazione del principio di legalità che permea la materia tributaria.

5. – In conclusione, quindi, vanno accolti il primo e il terzo motivo del ricorso, assorbito rimanendo il secondo. L’impugnata sentenza va cassata in applicazione del principio di diritto sopra esposto, con rinvio alla medesima commissione tributaria regionale, diversa sezione. Risulta infatti dalla sentenza che il giudice tributario d’appello ha considerato assorbite altre questioni specificamente sollevate – hinc et inde – in relazione alla L. n. 212 del 2000.

Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il terzo motivo, assorbito il secondo;

cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria regionale della Sicilia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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