Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-05-2012, n. 8339

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Organizzazione Pavesi f.lli s.a.s. di Pavesi Alberto & C. ricorre per cassazione nei confronti della sentenza della commissione tributaria regionale del Veneto, sez. dist. di Verona, n. 125/15/2009, che, in un giudizio di opposizione avverso una cartella di pagamento per contributi sanitari, instaurato contro la concessionaria Equitalia Nomos, l’Inps e la Scci s.p.a. (società cessionaria di cartolarizzazione dei crediti dell’Inps), ha riconosciuto dovute tutte le somme, fatta eccezione per la sanzione una tantum introdotta dopo i fatti contestati.

Per quanto rileva, la commissione regionale ha affermato che il credito era derivato dall’accertamento di irregolarità contributive a opera dell’ispettorato dell’Inps in data 8.5.1996, e che infondatamente era stata eccepita la prescrizione, stante che l’accertamento era stato impugnato dinanzi al giudice del lavoro e il relativo giudizio era stato definito con sentenza d’appello del 22.9.2005; per cui l’iscrizione a ruolo, notificata il 24.6.2005, era avvenuta tempestivamente, considerandosi l’interruzione del termine prescrizionale conseguente all’instaurazione della lite.

Ha inoltre evidenziato che l’ente creditore degli importi indicati nella cartella era l’Inps, e non la società di cartolarizzazione; e in particolare che non potevasi ritenere che il credito fosse stato in tal senso cartolarizzato (e ceduto).

Per la cassazione di questa sentenza, la società ha articolato tre motivi illustrati anche da memoria.

Gli intimati non hanno svolto difese.

Motivi della decisione

1. – I primi due motivi rispettivamente deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 2943 c.c., comma 1 e art. 2945 c.c., commi 1 e 2, e vizio di omessa e/o insufficiente motivazione.

Si sostiene in premessa che il verbale di accertamento dell’Inps (in data 8.5.1996) aveva diffidato il pagamento di contributi e che, su ricorso dell’Inps, il pretore di Verona, giudice del lavoro, aveva emesso un decreto ingiuntivo per una minor somma, a titolo di contributi previdenziali e assistenziali. Tanto l’ingiunta aveva invero affermato in sede di opposizione, sul rilievo che la somma era stata richiesta "per contributi previdenziali ed assistenziali dall’1.01.1991 al 31.03.1996"; e tale precisazione – si dice nell’odierno ricorso – non stata oggetto di contestazione, da parte dell’Inps, durante la fase di opposizione.

In forza della riferita premessa, la tesi della ricorrente è che l’oggetto di quel contenzioso si riferiva esclusivamente ai contributi previdenziali e assistenziali, non anche ai contributi sanitari; per cui infondatamente la commissione regionale aveva ritenuto interrotta dalla pendenza di quel giudizio la decorrenza del termine di prescrizione riguardante il diverso credito di cui all’impugnata cartella esattoriale.

2. – Gli anzidetti due motivi, tra loro connessi e suscettibili di unitario esame, risultano indimostrati nel presupposto, anche in ragione di un chiaro difetto di autosufficienza. Per cui non possono trovare consenso. Il dato su cui entrambi si fondano è che l’anteriore giudizio di merito aveva avuto per oggetto un’opposizione a decreto ingiuntivo. Donde l’azione proposta in monitorio, culminata nel titolo poi opposto, aveva riguardato una diversa pretesa, unicamente riferita ai contributi assistenziali e previdenziali. La pendenza del giudizio di cognizione sarebbe stata erroneamente evocata dalla commissione tributaria regionale al fine di desumerne una rilevanza interruttiva rispetto al termine di prescrizione del credito per contributi sanitari.

Sennonchè la censura in tal modo svolta – seppur correlabile al principio giurisprudenziale secondo cui, ai fini interruttivi di cui all’art. 2943 c.c., la domanda giudiziale deve avere per oggetto la pretesa colpita dal decorso della prescrizione, sicchè un’azione diversa per oggetto a nulla vale (per tutte Cass. n. 10409/2003) – assume come esistente un dato che dalla sentenza non emerge. E che anzi la sentenza implicitamente smentisce a mezzo della affermazione che il credito per contributi sanitari – "oggetto di contenzioso" – era stato legittimamente iscritto a ruolo prima del passaggio in giudicato della sentenza d’appello.

Appare doveroso sottolineare, d’altronde, che il giudice di merito ha precisato essere stata "la documentazione idonea ad accertare la interruzione della prescrizione a seguito dell’instaurazione del giudizio di merito (..) prodotta dalla medesima parte appellante".

Consegue che non vi sono elementi a supporto dell’odierna distinta deduzione secondo cui, invece, l’oggetto del giudizio, asseritamente conseguente a un ricorso in monitorio definito dalla citata sentenza della Corte veneta, non era comprensivo della pretesa relativa ai contributi sanitari.

3. – Può aggiungersi, d’altronde, che la stessa primaria deduzione in fatto, della ricorrente medesima, sembra contraddetta dall’argomentazione spesa in seno al terzo motivo (e ulteriormente sviluppata nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, ai sensi dell’art. 378 c.p.c.), laddove, in relazione al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, si contesta il diritto dell’Inps di iscrivere a ruolo "il credito oggetto della sentenza esecutiva" prima del passaggio in giudicato.

In simile censura è implicito il riconoscimento del profilo di continenza escluso nei primi due motivi, l’affermazione equivalendo a dire che il credito iscritto a ruolo non potevasi azionare prima del giudicato ancorchè giustappunto compreso nell’oggetto del processo di opposizione contro l’accertamento eseguito dall’ufficio previdenziale; processo infine deciso dalla sentenza richiamata.

4. – Col terzo motivo, che esprime siffatta ultima tesi, la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 448 del 1998, art. 13, comma 6.

Sostiene che la norma citata prevede l’iscrizione a ruolo dei crediti oggetto di intervenute cessioni, a eccezione di quelli già oggetto di contenzioso civile di cognizione e di esecuzione. Mentre, nella specie, il credito per contributi sanitari era oggetto (e dipendeva dall’esito) del giudizio civile più volte richiamato. Quindi, prima della relativa definizione, lo stesso non avrebbe potuto essere iscritto a ruolo e non si sarebbe potuta notificare la cartella di pagamento.

A codesto assunto risulta aggiunta, nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., la critica che, in generale, l’Inps non sarebbe autorizzato "a iscrivere a ruolo il credito oggetto della sentenza esecutiva", essendo necessario – ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 3 – che il relativo provvedimento di accertamento sia prima "definitivo". 5. – La censura è nel complesso da disattendere.

In base alla disposizione richiamata dal motivo ( L. n. 448 del 1998, art. 13, comma 6), "l’Inps iscrive a ruolo i crediti oggetto della cessione, secondo le modalità previste dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, ad eccezione dei crediti oggetto di dilazione concessa antecedentemente al 30 novembre 1999, dei crediti di regolarizzazione contributiva agevolata prevista da norme di legge e dei crediti già oggetto dei procedimenti civili di cognizione ordinaria e di esecuzione; rende esecutivi i ruoli e li affida in carico ai concessionari del servizio di riscossione dei tributi". La stessa disposizione aggiunge che "per tali crediti l’Inps forma elenchi da trasmettere al cessionario", e in particolare che l’ente "forma separati elenchi dei crediti ceduti in contestazione, in dilazione e in regolarizzazione contributiva agevolata prevista da norme di legge"; sicchè "nei rapporti tra cedente e cessionario tali elenchi e la copia dei ruoli costituiscono documenti probatori dei crediti ai sensi dell’art. 1262 cod. civ.".

E’ di tutta evidenza che il riferimento della ricorrente a codesta previsione non è punto pertinente, giacchè il relativo ambito di applicazione va associato alle fattispecie di cessione o di cartolarizzazione. Mentre la sentenza impugnata ha previamente accertato che, nella specie, il credito non era stato affatto ceduto dall’Inps, neppure mediante cartolarizzazione.

6. – Non possiede miglior sorte l’argomento speso in memoria. Il quale, ove inteso in continuità con la censura sollevata col motivo, si palesa viziato da eguale mancanza.

A ogni modo, in funzione nomofilattica, se ne deve altresì evidenziare l’infondatezza giuridica generale, in quanto il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, consente l’iscrizione a ruolo del credito dell’ente previdenziale anche qualora l’accertamento – effettuato dal competente ufficio – sia impugnato davanti ai giudice ordinario. Il significato della previsione di cui al richiamato comma 3 ("Se l’accertamento effettuato dall’ufficio è impugnato davanti all’autorità giudiziaria, l’iscrizione a ruolo è eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del giudice") trovasi nel principio che l’iscrizione è subordinata all’emanazione, da parte di quel giudice, di un provvedimento semplicemente dotato di efficacia esecutiva. E tale pacificamente risulta esser stata – nella specie – la sentenza di primo grado consequenziale all’opposizione della società; a seguito della quale sentenza, per quel che emerge dalla impugnata decisione della commissione tributaria regionale, la cartella venne emessa.

Il ricorso è quindi rigettato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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