T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 21-12-2011, n. 9975

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Sig.ra P. è proprietaria di un villino ubicato in Pomezia – località Torvaianica, via Pola n. 197, contraddistinto in catasto al foglio 25, particella 1695, sub 501.

Nel corso del sopralluogo eseguito in data 21.9.2010, agenti della Polizia municipale hanno rinvenuto le seguenti opere realizzate in assenza di permesso di costruire: costruzione di un locale adibito a ripostigliovano caldaia di circa 3,50 mq e di altezza media di 2,44 m, addossato al fabbricato sulla facciata principale, chiusura del porticato esistente sulla facciata posteriore, per 9,90 mq, con destinazione a cucina, ed infine realizzazione di una tettoia in legno di circa 11 mq e di altezza media di 2,5 m, addossata al fabbricato nella parte posteriore.

In data 8.11.2010 è stata data comunicazione dell’avvio del procedimento sanzionatorio.

Con ordinanza n. 2 del 26.1.2011, notificata in data 27.1.2011, si è ingiunta la demolizione delle predette opere, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.

Il menzionato provvedimento è stato gravato con il presente ricorso, nel quale sono stati dedotti i seguenti motivi di diritto:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 – eccesso di potere – difetto di motivazione: l’ordinanza impugnata non indicherebbe con esattezza la superficie dell’area ed i beni da acquisirsi, in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 10, 23, 31, 37 e 44 del d.P.R. n. 380/2001 – violazione e falsa applicazione dell’art. 817 c.c. – difetto di motivazione in ordine all’attualità dell’interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione – eccesso di potere – difetto di istruttoria: la tettoia in legno, peraltro addossata al fabbricato, non integrerebbe una nuova costruzione, bensì sarebbe una pertinenza, non comportante la realizzazione di un volume superiore al 20%, e, perciò, non sarebbe assoggettata al permesso di costruire, per cui nella specie sarebbero stati violati gli artt. 23 e 37 del d.P.R. n. 380/2001;

3) violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 10, 31 e 44 del d.P.R. n. 380/2001 – difetto di motivazione in ordine all’attualità dell’interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione – eccesso di potere – difetto di istruttoria: il vano caldaia costituirebbe un volume tecnico, in quanto tale, non computabile ai fini della volumetria, e per ciò stesso per la sua costruzione non sarebbe necessario il permesso di costruire, con la conseguenza che la sanzione della demolizione sarebbe immotivata e sproporzionata;

4) violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 44, 22, 17, comma 3, lett. d), e 44 del d.P.R. n. 380/2001 – violazione dell’art. 3 della legge regionale Lazio 11.8.2009, n. 21 – difetto di motivazione in ordine all’attualità dell’interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione – eccesso di potere – difetto di istruttoria: quanto alla chiusura del porticato, essendo stato l’accertamento eseguito dall’esterno, il suo utilizzo come cucina sarebbe una mera supposizione; inoltre non si sarebbe tenuto conto né della previsione di cui all’art. 3 della legge regionale Lazio n. 21/2009, che consentirebbe l’ampliamento nei limiti del 20%, né di quella contenuta nell’art. 17, comma 3, lett. d), del d.P.R. n. 380/2001, che stabilirebbe l’esenzione dal pagamento degli oneri concessori, tra gli altri interventi, anche per l’ampliamento non superiore al 20%, nella cui ipotesi ricadrebbe la chiusura del porticato, senza contare che questo prima della modifica era già chiuso su due lati, ed infine la superficie abitabile sarebbe rimasta identica, essendo tale chiusura funzionale solo a riparare l’abitazione da agenti atmosferici, così che sarebbe stata sufficiente la D.I.A..

Si è costituito in giudizio il Comune di Pomezia, che ha depositato una memoria defensionale, con la quale ha controdedotto puntualmente alle argomentazioni di parte ricorrente, nonché documentazione conferente.

Con ordinanza 5.5.2011, n. 16827, è stata accolta, ai fini del riesame, la domanda cautelare proposta in via incidentale, "tenuto conto della circostanza che le opere contestate accedono ad un preesistente manufatto".

Con provvedimento 8.9.2011, n. 73571, l’Amministrazione comunale ha eseguito il riesame, confermando il provvedimento demolitorio impugnato con il presente gravame.

Essa ha depositato in data 14.10.2011 il menzionato provvedimento ed una memoria conclusiva, in vista della pubblica udienza del 17.11.2011, nella quale il ricorso è stato introitato per la decisione.

Motivi della decisione

1 – Con il presente ricorso si impugna l’ordinanza con cui si ingiunge la demolizione, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, di un locale adibito a ripostigliovano caldaia di circa 3,50 mq e di altezza media di 2,44 m, addossato al villino preesistente sulla facciata principale, chiusura del porticato esistente sulla facciata posteriore, per 9,90 mq, con destinazione a cucina, ed infine di una tettoia in legno di circa 11 mq e di altezza media di 2,5 m, addossata al fabbricato nella parte posteriore, realizzati in Pomezia – località Torvaianica, via Pola n. 197.

2 – Come si è illustrato in narrativa, questo Tribunale ha accolto la domanda cautelare, ai fini del riesame degli abusi da parte del Comune resistente, il quale vi ha provveduto in data 8.9.2011, con provvedimento depositato in giudizio il 14.10.2011, che tuttavia non risulta essere stato, a sua volta, gravato.

Può, tuttavia, prescindersi dalla valutazione circa la persistenza dell’interesse all’impugnativa in esame, a seguito dell’adozione del richiamato provvedimento, la quale peraltro presupporrebbe che si sia al corrente del momento della sua conoscenza da parte dell’interessata; infatti il ricorso è in ogni caso infondato.

3 – Le opere realizzate, diversamente da quanto asserito dalla parte ricorrente, non erano realizzabili con mera denuncia di inizio attività, ma, comportando l’ampliamento della superficie e del volume – residenziale e non – nonché la modifica della sagoma e dei prospetti, richiedevano, per la loro esecuzione, il permesso di costruire. Alternativamente sarebbe stata sufficiente non già la semplice denuncia di inizio attività, bensì la cd. D.I.A. pesante, caratterizzata dalla necessità di ulteriore documentazione a corredo – quella propria del permesso di costruire – ed altresì del versamento degli oneri concessori.

3.1 – Anche il vano tecnico non può ritenersi sottratto a tale disciplina, atteso che la sua specifica natura incide unicamente sul computo della superficie e del volume utili e non già sul titolo edilizio prescritto.

3.2 – La dedotta circostanza che il portico in precedenza fosse chiuso su due lati non induce a considerare illegittima la sanzione demolitoria ingiunta, atteso che è proprio la chiusura del terzo lato a determinare, oltre che una modifica dei prospetti, altresì un aumento della superficie e del volume del fabbricato.

3.3 – La tettoia è andata poi a mutare tanto la sagoma quanto il prospetto di quest’ultimo.

4 – La sanzione di demolizione era, pertanto, dovuta, non essendo richiesta la sussistenza di alcun interesse generale alla demolizione stessa perché fosse legittimamente irrogata.

5 – Non vale in contrario neppure invocare il cd. piano casa, il quale, stante la ratio allo stesso sottesa, rappresentata dalla volontà di dare rilancio all’economia, nonché la lettera della legge stessa, che richiede la previa acquisizione del titolo abilitativo per consentire l’ampliamento anche in deroga ai parametri edilizi, è applicabile solo per gli interventi che devono ancora essere eseguiti, mentre non lo è rispetto a quelli abusivamente realizzati.

6 – Inconferente risulta altresì l’art. 17 del d.P.R. n. 380/2001, il quale contiene unicamente la previsione della riduzione o dell’esonero degli oneri di costruzione in relazione a determinate ipotesi, ma non ha nulla a che vedere con l’individuazione del titolo edilizio prescritto e della sanzione applicabile, in sua assenza.

7 – Quanto alla dedotta violazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, in relazione al rilievo che nell’ordinanza censurata non sarebbe stata individuata l’area da acquisire al patrimonio comunale, per il caso di inottemperanza all’ordine di demolizione, deve richiamarsi l’art. 15 della legge regionale Lazio n. 11.8.2008, n. 15, che regola la medesima fattispecie. Esso prevede, al comma 3, che sia "l’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire" a definire "la consistenza dell’area da acquisire". Perciò l’individuazione di tale area è demandata ad un momento successivo rispetto a quello dell’adozione dell’ordinanza recante l’ingiunzione di demolizione.

8 – Deve concludersi che i vizi denunciati sono infondati ed il ricorso deve essere rigettato.

9 – Per quanto concerne le spese, i diritti e gli onorari, in ragione della peculiarità della questione disaminata, si ravvisano, tuttavia, i presupposti per la loro integrale compensazione tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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