Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-05-2012, n. 8333 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società impugnava in sede giurisdizionale l’avviso di accertamento, relativo ad IVA, IRPEG ed IRAP dell’anno 2002.

L’adita CTP di Genova, accoglieva il ricorso, limitatamente alle sanzioni, che irrogava nel minimo edittale, mentre la CTR, giusta decisione in epigrafe, pronunciando sull’appello principale della contribuente ed incidentale dell’Agenzia Entrate, accoglieva il primo ed annullava in toto l’accertamento.

Con ricorso notificato il 15-22 marzo 2010, l’Agenzia Entrate ha chiesto la cassazione della decisione di appello, sulla base di due mezzi.

L’intimata società, con controricorso notificato il 14-16 aprile 2010, ha chiesto che l’impugnazione venga dichiarata inammissibile e, comunque, rigettata; con successiva memoria in data 03.03.2012 ha ulteriormente illustrato le proprie ragioni.

Motivi della decisione

La decisione in questa sede impugnata, ha accolto l’appello della contribuente ed annullato l’atto impositivo, opinando che, nel caso, fosse stato "indebitamente utilizzato lo strumento dell’accertamento parziale per giungere ad un accertamento globale fondato, per di più, su elementi estranei alla gestione del periodo d’imposta".

Con il primo motivo, l’impugnata sentenza viene censurata per falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 3 9 e 41 bis.

Si deduce che le incongruenze della dichiarazione e le irregolarità contabili, desunte da un prolungato periodo di cassa negativa, legittimavano l’accertamento, così come operato e qualificato dall’amministrazione; rilevandosi, altresì, che, in ogni caso, avuto riguardo agli elementi essenziali e qualificanti, trattavasi di accertamento induttivo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2 e che, in ipotesi, ove pure risultasse menzione dell’art. 41 bis del D.P.R. citato, il fatto era a ritenersi irrilevante, trattandosi di mera irregolarità formale.

Con il secondo mezzo, si denuncia insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo.

Si rileva che la sentenza non da contezza dell’iter decisionale e, segnatamente, non giustifica il percorso logico seguito per negare rilevanza al dato relativo al canone di affitto, ignorando circostanze e pretermettendo elementi (affitto a favore di società costituita dai medesimi soci, incongruenza – tenuto conto della gestione in perdita della società – di un elevato importo del canone di locazione dell’azienda), indispensabili per una corretta ricostruzione dell’attività aziendale e, in ipotesi, idonei a giustificare una diversa decisione.

I mezzi, che avuto riguardo alla stretta connessione vanno esaminati congiuntamente, sono fondati.

Rileva, anzitutto, il Collegio che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria non è vincolata nella metodica da utilizzare, spettandole il potere di scegliere, nell’ambito dei criteri stabiliti dalla legge, quello ritenuto, nel caso, utile per il buon fine dell’azione accertativa.

Rileva, altresì, che una doglianza, che si limiti a contestare la correttezza formale di un atto impositivo, in connessione con una scelta discrezionale dell’amministrazione ed in assenza di pregiudizio sostanziale, risulta inammissibile, per difetto di interesse e non è idonea a giustificarne l’annullamento.

Rileva, ancora, che nel caso, l’amministrazione finanziaria ha proceduto ad accertamento induttivo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, per avere ritenuto complessivamente inattendibile la contabilità aziendale, avuto riguardo al fatto che "la società per diversi periodi dell’anno è stata trovata con le uscite di cassa superiori alle entrate (cassa in rosso)", dal che era stato, logicamente, dedotto che le risorse per effettuare i pagamenti venivano tratte da proventi occultati e non transitati dalla contabilità ufficiale.

Le considerazioni che precedono, inducono, ragionevolmente, a ritenere che la CTR, decidendo nei termini di cui in sentenza, abbia fatto malgoverno del quadro normativo di riferimento e dei condivisi principi che, alla relativa stregua, sono stati affermati.

Ritiene, infatti, il Collegio, nel solco di pregresse pronunce, che rientri nel potere dell’amministrazione finanziaria, nell’ambito della previsione di legge, di scegliere il metodo di accertamento da utilizzare nel caso concreto e che, quindi, parte contribuente, in assenza di peculiarità pregiudizievoli, non ha titolo a dolersi della scelta operata dall’amministrazione.

Ritiene, altresì, in coerenza a consolidato orientamento giurisprudenziale, che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora la contabilità sociale possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto palesemente incompleta e, pure, confliggente con i criteri della ragionevolezza, deve ritenersi legittimo l’accertamento del reddito d’impresa, effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2; ciò in quanto, in tali casi è consentito all’ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e della regolarità complessiva della contabilità fiscale e, quindi, desumere, sulla base di presunzioni semplici, maggiori ricavi o minori costi, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente.

Rileva, nello specifico, che elementi emblematici gravi, precisi e concordanti, legittimanti l’utilizzazione del particolare accertamento, andavano considerate le gravissime irregolarità contabili, dalle quali si evinceva, inconfutabilmente, che i ricavi, tra cui quelli poi utilizzati per effettuare i pagamenti, non venivano contabilizzati, e quindi che veniva omesso il rilascio di scontrini, ricevute fiscali e fatture.

Rileva, peraltro, che in fattispecie analoga, questa Corte ha affermato il principio secondo cui "In tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa ai fini IRPEG ed ILOR, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, la sussistenza di un saldo negativo di cassa, implicando che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, oltre a costituire un’anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricadi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo" (Cass. n. 27585/2008). Peraltro, ulteriori significativi elementi erano da rinvenirsi nelle particolari operazioni effettuate dalla società e dai soci, i quali ultimi risultavano sottoscrittori delle quote della Caribe srl, società costituita il 20.02.2004, alla quale, con atto registrato il 04.03.2004, la Estoril spa aveva concesso in affitto l’attività svolta, verso un canone di Euro centottantamila all’anno e che, d’altronde, negli anni precedenti, a decorrere dal 1999, l’Estoril spa non aveva mai distribuito utili, dichiarando solo perdite di esercizio.

Dall’insieme di elementi in verifica, e segnatamente, dal fatto che le perdite dichiarate, a fini fiscali, dall’Estoril in tutti gli anni precedenti, non riflettevano la realtà aziendale, che gli utili di esercizio venivano occultati, omettendo "l’emissione degli scontrini e delle ricevute fiscali" e la relativa contabilizzazione, l’Amministrazione, emergendo un comportamento delle società e dei soci, non consono al dovere della regolarità contabile ed assolutamente contrario ai canoni dell’economia aveva, ragionevolmente, dedotto che l’attività della Estoril spa era stata negli anni in considerazione, certamente, produttiva di utili, essendo evidente che, in diversa ipotesi i relativi soci non si sarebbero indotti a costituire una nuova società, a sottoscriverne le quote e ad acquisire in affitto, proprio dalla Estoril spa, l’attività dalla stessa esercitata, al fine di continuarla.

Nè è condivisibile l’argomentazione svolta in sentenza, secondo la quale l’importo del canone di locazione dell’azienda non era utilizzabile ai fini dell’accertamento del reddito, in quanto era stato stabilito nel marzo 2004 mentre l’accertamento riguardava l’anno 2002.

E’ evidente, infatti, che l’affermazione risulta irragionevole, tenuto conto: – che; nel caso, trattasi di affitto di azienda, nella determinazione del cui valore vanno tenuti in considerazione particolari elementi, tra i quali l’avviamento; – che quello indicato costituiva un criterio di quantificazione del reddito della società, agganciato alla concreta realtà aziendale, su base logica deduttiva, essendo ragionevole presumere che, in sede di determinazione del canone di affitto per l’anno 2004, le parti avessero considerato la produttività dell’attività aziendale degli anni precedenti, valutandolo congruo e compatibile con i proventi dell’attività aziendale.

Conclusivamente, l’impugnata decisione, contiene affermazioni di principio, incoerenti con il quadro normativo di riferimento e non risulta in linea con l’ormai consolidato principio alla cui stregua deve ritenersi che "Ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logico e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento" (Cass. n. 1756/2006, n. 890/2006).

Conclusivamente, il ricorso va accolto e, per l’effetto, va cassata la decisione di appello.

La causa va, quindi, rinviata ad altra sezione della CTR della Liguria, la quale procederà al riesame e quindi, adeguandosi ai richiamati principi, deciderà nel merito e sulle spese offrendo congrua motivazione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata decisione e rinvia ad altra sezione della CTR della Liguria.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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