Cassazione civile anno 2005 n. 1142 Procedimento possessorio Riassunzione

PROCEDIMENTO CIVILE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 19.4.96 X Di X adì ex artt. 1168 c.c. e 703 c.p.c. il Pretore di Ancona, nei confronti di X X, al fine di sentirsi reintegrare nel possesso di un immobile, di cui lamentava essere stato spogliato dall’intimato.
Si costituiva per quest’ultimo la figlia e procuratrice generale X X X, a mezzo dell’avv. X X, e resisteva alla domanda.
All’esito delle sommarie indagini svolte, con ordinanza in data 14- 16.9.96 il Pretore ordinava al resistente di reintegrare il ricorrente nel possesso dell’immobile, assegnando il termine di gg.
30 per la proposizione del giudizio di merito.
A tanto provvedeva il Di X, notificando in data 14.10.96 la citazione per il giudizio di merito al X, presso il suddetto procuratore domiciliatario, il quale si limitava, successivamente, a depositare una lettera in data 13.12.96, con la quale la suindicata procuratrice generale del resistente gli aveva revocato il mandato.
All’esito dell’ulteriore corso del giudizio, con sentenza del 24/7- 10/6/98 l’adito Pretore, ritenuta la regolarità del contraddittorio e la fondatezza della domanda, confermava la già disposta reintegra nel possesso e condannava il X al pagamento, in favore del Di X, della somma di L. 14.000.000 a titolo di risarcimento dei danni, oltre al rimborso delle spese di lite.
Avverso tale sentenza proponevano appello, per motivi di rito e di merito, gli eredi, in epigrafe indicati, del X (nelle more deceduto), gravame al quale resisteva, costituendosi, il Di X.
Con sentenza del 23.5-29.10.01 il Tribunale di Ancona, in accoglimento del pregiudiziale ed assorbente motivo di rito addotto dagli appellanti, "dichiara(va) ex artt. 164-156 2^ co. C.P.C. la nullità assoluta, radicale, insanabile (inesistenza) dell’atto di citazione introduttivo del procedimento possessorio di cognizione ordinaria nel merito stricto sensu… e, in conseguenza, dell’impugnata statuizione pretorile.., compensando totalmente le spese del grado.
Detta dichiarazione di nullità veniva correlata a quella della notificazione dell’atto, per essere stata eseguita non personalmente presso il X (o i suoi eredi), bensì presso il procuratore e difensore domiciliatario, il cui incarico il Tribunale riteneva limitato alla fase di somX cognizione del giudizio possessorio, conclusasi con l’interdetto rispetto alla quale quella di merito sarebbe del tutto autonoma, dando luogo ad un nuovo giudizio.
Avversa tale decisione il Di X ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi; resistono, con controricorso gli eredi del X (di cui è poi deceduta anche la moglie, X X, in luogo anche della quale si sono costituiti X X e Valeria X).

Motivi della decisione
Con il X motivo il ricorrente deduce violazione, per falsa applicazione dell’art. 164 c.p.c. in rel. all’art. 83 c.p.c. ed omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Il conferimento del mandato alla lite, con contestuale elezione di domicilio, da parte del X al suo legale, era finalizzato a resistere al ricorso in possessorio non solo nella fase somX, ma anche in quella di merito, stante l’ampiezza della previsione "per il presente procedimento.. e negli eventuali gradi succesivi". D’altra parte la volontà della parte resistente di incaricare il nominato patrono anche per la successiva fase di merito risulterebbe "a posteriori" confermata dalla sua procuratrice speciale X X X nella lettera datata 13.12.96, acquisita agli atti del giudizio pretorile, con la quale, nel revocare quel mandato, si precisava essere lo stesso essere stato conferito anche per il "conseguente giudizio di merito ex art. 669 octies c.p.c."; su tale specifica circostanza la sentenza di secondo grado non avrebbe espresso alcuna valutazione. Strettamente connesso è il secondo motivo, deducente "violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 164 c.p.c in relazione all’art. 669 octies c.p.c., 703 c.p.c. e 170 c.p.c.. Violazione a falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c. in relazione alla nullità della intera sentenza pretorile" L’errore del Tribunale viene, essenzialmente, indicato nell’aver ritenuto la disciplina dei procedimenti cautelari del tutto applicabile a quelli possessori, con conseguente necessità, dopo la conclusione della fase somX, di un successivo ed autonomo atto, introduttivo del giudizio di merito, costituito dalla citazione, senza tener conto delle peculiarità proprie dei giudizi possessori imponenti, alla luce della più autorevole giurisprudenza di legittimità, gli opportuni adattamenti, resi necessari dalla natura bifasica dei procedimenti in questione.
Conseguentemente, dopo la conclusione della fase somX, nessun obbligo incombeva al Di X di citare ex novo il X; e, comunque, nel caso di specie l’atto di citazione, di natura "endoprocessuale", in quanto assolvente a finalità meramente riassuntive, non avrebbe potuto, ai sensi dell’art. 125 u.c. disp. att. c.p.c. in rel. agli artt. 170 e 141 c.p.c., che essere notificato presso il procuratore e difensore della costituita controparte.
Le censure, fondate per quanto di ragioneranno accolte nei termini di seguito precisati.
La decisione impugnata, pur partendo dall’esatta premessa della natura ed "bifasica" (riaffermata da questa S.C. nella sentenza a S.U. del 24.12.98. n. 1984) del procedimento possessorio, anche all’esito delle modifiche introdotte dalla "novella" del 1990, non ne trae corrette conseguenze, quando considera del tutto distinte ed autonome, alla stregua di due diversi giudizi, la fase somX e quella di merito, pervenendo alla conclusione che il mandato (con l’elezione di domicilio) conferito per resistere al ricorso ex art. 703 c.p.c. dovrebbe presumersi limitato alla prima, mentre per la seconda ne occorrerebbe uno nuovo.
Tale tesi poggia sull’assunto erroneo che il giudizio possessorio di merito, successivamente alla pronunzia del provvedimento interdettale conclusivo della fase somX, debba essere necessariamente introdotto, al pari di quello di merito conseguente al cautelare, con una nuova vocatio in ius (sia pur nei termini riassuntivi assegnati) come nella specie, di fatto, si è verificato. Ma detta tesi non tiene conto che, come espressamente chiarito nella citata pronuncia delle S.U., la struttura del procedimento possessorio, anche dopo la "novella" 353/90, è rimasta caratterizzata, sì, dalle due anzidette fasi, ma ha conservato la precedente complessiva unitarietà, in conseguenza della quale, una volta concessa o negata dal pretore (oggi Tribunale), con ordinanza, la richiesta misura interdittale, la causa deve proseguire davanti al medesimo giudice per la seconda fase, quella di merito, senza soluzione di continuità; a tal fine lo stesso giudice, con l’ordinanza conclusiva della fase somX deve fissare, come già avveniva nel vigore delle disposizioni di rito antecedenti la "novella", una successiva udienza per la prosecuzione del giudizio nel merito. A tali conclusioni, dalle quali questo collegio non ritiene di doversi discostare, le S.U. sono pervenute sulla base delle considerazioni, del tutto condivisibili, che le modifiche introdotte dalla L. 353/90, in particolare la nuova formulazione dell’art. 703 c.p.c. richiamamte l’art. 669 bis, hanno comportato l’estensione delle norme sui procedimenti cautelari a quelli possessori (così, ad esempio, per quanto riguarda la previsione dei reclami) esclusivamente ai fini consentiti dalle caratteristiche e dalla struttura di questi ultimi.
Ne consegue, quale corollario logico dei suesposti principiane anche nei casi in cui, impropriamente (come nella specie) il giudice adito, a conclusione della fase somX, abbia assegnato (in ritenuta osservanza dell’art. 669 octies c.p.c.) un termine per la proposizione del giudizio di merito, anzichè fissare direttamente ed a tal fine un’udienza in prosieguo, l’atto di parte conseguente non da luogo ad un nuovo procedimento, ma ripristinando il contraddittorio, concreta bensì la riassunzione di quello pendente, definito solo nella prima fase, ma non ancora esauritoci cui atto iniziale ed introduttivo rimane pur sempre il ricorso ex art. 703 c.p.c. (come, a tal ultimo riguardo si evince da Cass. 2^, 2667/2001, nella quale pur riaffermatasi la natura bifasica del rito possessorio, si conferma che il procedimento è introdotto con un unico atto d’impulso, costituito al ricorso).
Diversa è invece la situazione, nella specie non ricorrente, in cui l’ordinanza emessa dal giudice adito con ricorso abbia assunto carattere decisorio e conclusivo (con il regolamento anche delle spese) di un procedimento nel quale le due fasi siano state unificate; in tali casi la decisione concreta in realtà una sentenza e, come tale, è soggetta solo alle ordinarie impugnazioni (v. Cass. 2^ n. 981/99, n. 2910/01). L’ammissione, da parte della giurisprudenza di legittimità, della possibilità che le sue fasi siano rimaste indistinte, implica, necessariamente, la concezione della complessiva unitarietà del giudizio possessorio.
Ne consegue che la procura conferita, nella comparsa di costituzione e risposta, dalla X (nella qualità di rappresentante del resistente genitore) all’avv.to X e l’elezione di domicilio presso il medesimo, dovevano intendersi riferite all’intero procedimento possessorio, introdotto dall’avverso ricorso. Tale assorbente considerazione esime dal soffermarsi sulla non compiuta corretta ermeneusi dell’attraila stregua dell’evidenziatala parte ricorrente, omnicomprensività della formula adottata (con previsione degli "eventuali gradi successivi, compreso il processo esecutivo ed eventuali opposizioni..") e dei successivi elementi testuali interpretativi della relativa portata, desumibili dalla lettera di revoca del mandato, evidenziata dal ricorrente Ulteriore corollario dei suesposti principi è che tale revoca, ancorchè portata a conoscenza del giudice, non è opponitele alla controparte, in virtù del disposto di cui all’art. 85 c.p.c., a termini del quale la revoca o la rinuncia al mandato "non hanno effetto nei confronti dell’altra parte finchè non sia avvenuta la sostituzione del difensore";
sicchè ritualmente il Di X ha notificato alla resistente controparte, presso l’iniziale procuratore e difensore domiciliatario, l’atto finalizzato alla ripresa, per la fase di merito, del giudizio di X grado, resosi necessario, a seguito dell’impropria disposizione pretorile, che aveva ritenuto di chiudere la fase somX, assegnando un termine per la "proposizione del giudizio di merito".
Per le suesposte considerazioni, comportanti l’assorbimento del terzo e gradato motivo di ricorso (denunciante violazione di legge, per falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., in relazione alla dichiarazione di nullità della sentenza pretorile, senza rinvio ex art. 354 al X giudice), deve essere cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’Appello di Ancona, ufficio attualmente competente per il giudizio di merito di secondo grado, che avrà ad oggetto i residui motivi di gravame, che il Tribunale ha dichiarato assorbiti in considerazione dell’erroneo pregiudiziale accoglimento del X.
Il regolamento delle spese del presente grado va demandato al giudice di rinvio, che terrà conto dell’esito finale e complessivo della controversia.

P. Q. M.
Accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d’Appello di Ancona, che provvederà anche al regolamento delle spese di quello di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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