Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-07-2011) 16-11-2011, n. 42127

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza dell’1 ottobre 2008, il Tribunale di Siracusa-sezione distaccata di Lentini, dichiarava C.A. colpevole del reato di lesioni personali aggravate in danno di C.V. e, per l’effetto, lo condannava alla pena ritenuta di giustizia nonchè al risarcimento del danno, con concessione di provvisionale immediatamente esecutiva.

Pronunciando sul gravame proposto dal difensore, la Corte di Appello di Catania, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della pronuncia impugnata, concesse le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, rideterminava la pena nella misura di giustizia.

Avverso la decisione anzidetta il difensore ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione parte ricorrente denuncia violazione dell’art. 606, lett. e) per disapplicazione dell’art. 157 e 178 c.p.p. ovvero mancata costituzione del rapporto processuale per inesistente notifica all’appellante.

Si duole, in proposito, che sia stata ritenuta rituale la notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello a mezzo raccomandata, senza che l’ufficiale giudiziario si fosse, previamente, recato presso il luogo di residenza dell’imputato.

Il secondo motivo deduce violazione dell’art. 606, lett. e) in riferimento all’art. 192, comma 3, in relazione agli artt. 582 e 589 c.p., ovvero difetto di motivazione, in ordine ai ritenuti riscontri alla versione resa dalla parte offesa.

Lamenta, in particolare, che le dichiarazioni di quest’ultima siano state ritenute attendibili benchè fossero prive di validi elementi di riscontro individualizzante ed inficiate, nella loro piena affidabilità, dalla situazione di esasperato contrasto esistente tra le famiglie di appartenenza delle parti.

2. – La prima doglianza è manifestamente infondata.

Ed infatti, correttamente il giudice a quo ha rilevato che il decreto di citazione era stato ritualmente notificato per posta presso il domicilio dell’imputato, perfezionatasi tale notifica per compiuta giacenza dopo che l’ufficio postale aveva regolarmente provveduto all’invio della seconda raccomandata attestante l’avvenuto deposito.

La seconda censura si colloca decisamente in area di inammissibilità, afferendo a questione prettamente di merito, relativa alla valutazione delle risultanze processuali, che si sottrae al sindacato di questa Corte di legittimità in quanto assistita da motivazione adeguata e corretta. In particolare, il giudice di appello ha fatto corretta applicazione della consolidata regola di giudizio secondo cui le dichiarazioni accusatorie della persona offesa possono anche da sole sostenere un’affermazione di penale responsabilità, ove sottoposte ad un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva, non richiedendo necessariamente neppure riscontri esterni, quando non v’è ragione di dubitare della loro attendibilità (cfr., tra le altre, Cass. sez. 3, 27.3.2003, n. 22848, rv. 225232). In particolare, il giudicante si è fatto carico di valutare prudentemente l’attendibilità della persona offesa, operando una ragionata scelta tra le contrapposte versioni delle parti, sullo sfondo anche della situazione di accesa conflittualità tra esse esistente. Peraltro, un momento di significativa conferma – quantunque non necessaria – è stata ravvisato nella certificazione sanitaria in atti, attestante lesioni giudicate compatibili con la dinamica dei fatti riferita dalla stessa parte offesa.

3. – Per quanto precede, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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