Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-05-2012, n. 8328 Decisioni delle Commissioni tributarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Basilicata indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stata confermata l’illegittimità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della Futura 3000 s.r.l., esercente attività di commercio di autoveicoli, per IRPEG, IVA ed IRAP relative all’anno 2003. 2. La società contribuente resiste con controricorso.

3. Il Collegio delibera di adottare una motivazione semplificata.

Motivi della decisione

1. Con i due motivi di ricorso, è denunciata, rispettivamente, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, per avere la CTR – operando un rinvio puro e semplice alle deduzioni svolte dai primi giudici – adottato una motivazione apparente, e l’insufficienza della motivazione in ordine, in particolare, ai comportamenti antieconomici della contribuente, che avevano dato adito al recupero dei relativi omessi ricavi.

Il ricorso è infondato.

Da un lato, infatti, il giudice d’appello non si è limitato ad una mera adesione acritica alla sentenza di primo grado, ma ha rilevato che essa conteneva una motivazione adeguata e puntuale sui vari rilievi dell’Ufficio (così facendola propria), affermando che appunto il solo vizio di motivazione fosse stato denunciato con l’atto di appello (pertanto, l’eventuale omessa pronuncia su singoli motivi di gravame andava, in ipotesi, censurata in questa sede come violazione dell’art. 112 c.p.c.); dall’altro, ha ritenuto, in relazione ai rilievi inerenti alle componenti positive di reddito, che il metodo induttivo adottato per l’accertamento avrebbe dovuto tenere conto di tutta l’attività svolta dalla società concessionaria e non soltanto, come invece avvenuto, del settore di vendita dell’usato e dell’officina di assistenza e riparazione, essendo peraltro stato provato documentalmente che, pur di vendere il nuovo, l’usato veniva ritirato e rivenduto "in perdita".

Tale ratio decidendi non è oggetto di censura ed il ricorso tende ad una inammissibile rivalutazione di accertamenti di fatto.

2. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 4500,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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