Cassazione civile anno 2005 n. 1113

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Salerno, accogliendo l’appello del Ministero dell’Interno ed in riforma della decisione di primo grado, ha respinto la domanda di X X intesa ad ottenere dal Ministero gli interessi e la rivalutazione monetaria relativamente a ratei di prestazioni assistenziali versati con ritardo rispetto al momento di maturazione del credito; in particolare, i giudici di merito hanno ritenuto che, una volta intervenuta la liquidazione dei ratei arretrati, il diritto ai relativi accessori sia soggetto a prescrizione quinquennale, decorrente dalla data della predetta liquidazione, sicchè, nella specie, essendo intervenuto il pagamento dei ratei il 28 marzo 1980 ed essendo stato notificato il ricorso il 12 luglio 1994, si era ormai prescritto il credito relativo agli accessori per il periodo anteriore alla liquidazione.
L’assistita ha proposto ricorso per Cassazione deducendo tre motivi di impugnazione; il Ministero dell’Interno non si è costituito.

Motivi della decisione
Va preliminarmente osservato che nel presente giudizio non possono avere applicazione le disposizioni in materia d’invalidità civile di cui all’art. 42 del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, in ordine alla notificazione degli atti introduttivi del procedimento giurisdizionale concernenti l’invalidità civile al Ministero dell’economia e delle finanze, da effettuarsi sia presso gli uffici dell’Avvocatura dello Stato sia presso le competenti direzioni provinciali dei servizi del Ministero, riferendosi tale obbligo agli atti introduttivi del giudizio di primo grado.
Il primo motivo denuncia violazione degli art. 112 c.p.c. e 1194 c.c. e vizi di motivazione. Si deduce che la somma pagata dal Ministero doveva essere imputata agli accessori, sicchè la somma richiesta in via giudiziale si riferiva al capitale ed era quindi soggetta a prescrizione decennale.
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 2947 e 2948 c.c. Si deduce che gli accessori sono componenti del credito principale e ne seguono le sorti anche in merito alla prescrizione, che perciò è decennale e non quinquennale.
Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 2935 c.c. e 443 c.p.c. Si deduce che il termine (decennale) di prescrizione deve decorrere dalla data di effettiva erogazione della somma relativa ai ratei.
L’esame congiunto di tali motivi comporta l’accoglimento del ricorso, alla stregua e nei limiti dei rilievi seguenti.
Si osserva che le Sezioni unite di questa Corte, con sentenza 25 luglio 2002, n. 10955, dando continuità ad orientamenti sostanzialmente consolidati della giurisprudenza di legittimità in tema di durata della prescrizione del diritto ad interessi e rivalutazione dovuti su ratei di prestazioni assistenziali corrisposti in ritardo, hanno sancito i seguenti principi:
"a) a seguito della sentenza n. 156 del 1991 della Corte Costituzionale – che ha esteso anche ai crediti previdenziali la disciplina dettata dall’art. 429 cod. proc. civ. in materia di crediti di lavoro – la rivalutazione monetaria e gli interessi legali costituiscono una componente essenziale del credito dell’assicurato, nel senso che esso, maggiorato di tali elementi, rappresenta, nel tempo, l’originario credito dell’assicurato nel suo reale valore man mano aggiornato; la disciplina legale applicabile è pertanto sempre ed unicamente quella per lo specifico credito previdenziale dedotto in giudizio, con la conseguente impossibilità di ritenere assoggettata la porzione di credito contabilmente imputabile a rivalutazione e interessi ad un regime prescrizionale diverso da quello proprio ascrivibile a somma capitale;
b) alle componenti essenziali di ratei di prestazioni previdenziali o assistenziali non liquidate si applica la prescrizione ordinaria decennale e non quella quinquennale, che presuppone la liquidità del credito, da intendere non secondo la nozione comune desumibile dall’art. 1282 c.c., ma quale effetto del completamento del procedimento amministrativo di erogazione della spesa e cioè come messa a disposizione delle somme a favore dell’avente diritto, secondo quanto reso palese dal disposto dell’art. 129 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, a norma del quale si prescrivono in cinque anni, a favore dell’istituto, le rate di pensione "non riscosse". Ne consegue che il diritto di credito relativo a qualsiasi somma (ivi compresa quella per rivalutazione e interessi, costituente parte integrante del credito base) che non sia stata posta in riscossione si prescrive nel termine di dieci anni, trattandosi di credito non liquido ai sensi e per gli effetti del citato art. 129;
c) il credito per la rivalutazione monetaria e gli interessi legali, dovuti sui ratei delle prestazioni assistenziali, spettanti agli invalidi civili e loro corrisposti in ritardo, si prescrive in dieci anni a decorrere, per le somme calcolate sul primo rateo, dal centoventunesimo giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa di prestazione e, per le somme calcolate con riferimento ai ratei successivi, dalla scadenza di ciascuno di essi, senza che possa attribuirsi al mero pagamento dei ratei arretrati l’effetto interruttivo di cui all’art. 2944 c.c., salvo che il solvens non abbia considerato parziale il pagamento stesso, con riserva di provvedere successivamente al versamento di somme ulteriori; e senza che possa il pagamento della sola somma capitale ritenersi sufficiente a costituire liquidazione della prestazione, tale da determinare l’applicabilità della prescrizione quinquennale".
Non si ravvisano ragioni per discostarsi dal suesposto insegnamento, dovendosi altresì ribadire che neanche l’adempimento parziale dell’obbligazione da parte del Ministero, avente ad oggetto il pagamento dei ratei arretrati nella sola misura della somma capitale, può indurre a ritenere intervenuta la "liquidazione", ai sensi e per gli effetti di cui sopra, della prestazione ulteriore, riferibile solo contabilmente al titolo degli interessi e della rivalutazione, ma causalmente imputabile, come s’è detto, allo stesso titolo della prestazione principale, quale parte integrante della medesima.
Quanto all’effetto di tale liquidazione sul decorso della prescrizione, deve anzitutto escludersi l’esistenza di un giudicato sulla efficacia interruttiva (nel senso che, in mancanza di impugnazione del Ministero sul punto, debba applicarsi un termine decennale dalla scadenza dei ratei ed un nuovo termine decennale dalla data di liquidazione), atteso che nel ragionamento del Tribunale l’applicazione del termine quinquennale consegue non già ad un effetto ricognitivo dell’atto, ma alla natura liquidatoria del pagamento: per cui, non trattandosi di due questioni distinte, in tanto il termine può essere decennale, in quanto viene meno l’effetto liquidatorio ritenuto dal Tribunale.
Resterà quindi da accertare se, alla stregua dei principi sopra richiamati, al pagamento dei ratei debba riconnettersi un effetto ricognitivo, idoneo ad interrompere la prescrizione, nel senso che il solvens abbia riconosciuto come parziale il proprio pagamento ed abbia quindi implicitamente riconosciuto il diritto all’intera prestazione (Cass. 3 marzo 2003, n. 3115; Id. 25 novembre 2003, n. 18012): nel quale accertamento, peraltro, dovrà tenersi conto che l’adempimento dell’obbligazione avviene attraverso uno specifico procedimento amministrativo di erogazione della spesa, del quale la messa in riscossione, ossia nella disponibilità dell’assicurato, delle somme di cui trattasi è soltanto l’atto conclusivo, che finalizza, ma necessariamente presuppone, quello di determinazione dell’importo della prestazione, che si configura come un tipico atto di certazione, il cui contenuto va quindi esaminato al fine di indagare in ordine a stati soggettivi di scienza o di ignoranza dell’ente debitore circa la consistenza, la qualità ed ogni altro tratto identificatore dell’altrui diritto (v. Cass. n. 16023 del 2004).
Difettano le condizioni per provvedere alla decisione della causa nel merito, poichè la ritenuta applicabilità di una norma, di previsione della durata del termine prescrizionale, diversa da quella applicata dal giudice del merito, implica rinnovazione, nella osservanza del principio del contraddittorio, degli accertamenti necessari per stabilire, in relazione alla diversa dimensione temporale del fatto estintivo, se questo siasi effettivamente compiuto e, in ipotesi negativa, in quale diversa misura debba essere quantificato il credito vantato dalla parte privata: ciò che compete esclusivamente al giudice del merito, giusta il principio per cui la cassazione sostitutiva con pronuncia nel merito non può avere luogo quando la pronuncia caducatoria renda rilevante l’esame di questioni non esaminate dal giudice a quo (Cass. 2 giugno 2000, n. 7367; Id., 25 marzo 1996, n. 2629; Id., 16 marzo 1996, n. 2238; Id., 24 novembre 1995, n. 12145). E’ invero appena U caso di notare che per gli accertamenti di fatto suindicati non può farsi riferimento alla sentenza di primo grado, ormai irrimediabilmente vanificata dall’effetto sostitutivo proprio della riforma in appello e non ripristinata dalla cassazione della pronuncia di secondo grado (v.
Cass. 4 dicembre 2002, n. 17721).
La cassazione deve dunque avvenire con rinvio ad altro giudice, il quale procederà a tali accertamenti, uniformandosi ai sopra riferiti principi di diritto. Allo stesso giudice – che si designa nella Corte d’appello di Napoli – si rimette altresì, ai sensi dell’art. 385, terzo comma, cod. proc. civ., il regolamento delle spese di questo giudizio.

P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli anche per le spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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