Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-07-2011) 16-11-2011, n. 42121

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.A. e S.W.P., rispettivamente nelle qualità di amministratore delegato della F.lli Signani spa e dell’Allestimenti Signani spa (sin dalla costituzione nonchè quale socio) e di presidente della F.lli Signani spa al tempo della fusione con Allestimenti Signani spa – nonchè titolare di 12.288 azioni cedute il 17.10.91 alla Allestimenti al prezzo di L. 2.457.600.000 – erano chiamati a rispondere, assieme ad altri imputati, innanzi al Tribunale della Spezia, di diversi reati fallimentari.

Per quanto ancora interessa in questa sede, erano – tra gli altri – contestati i seguenti reati:

sub B2) e C) dell’originaria imputazione, poi modificati nei capi C) ed F), a seguito di modifica apportata dal PM all’udienza del 26.5.2000, nei termini seguenti:

C) ai sensi della L. Fall., art. 223, comma 1, per avere distratto la somma di L. 6 miliardi dal patrimonio della F.lli Signani (e quindi della Allestimenti Signani Spa, società incorporante), per mezzo di una operazione di fusione per incorporazione senza concambio (definita nel linguaggio tecnico "leverage by-out") a tal fine predisposta e sviluppata con le modalità specificamente indicate;

F) del reato di cui alla L. Fall., art. 223 comma 1, per avere accollato alla Allestimenti Signani Spa i costi relativi all’operazione di finanziamento di cui al capo precedente, in essi compreso il costo dell’indennità di reinvestimento connessa al riacquisto delle quote Intercantieri, per complessive L. 1.314.000.000.

Con sentenza dell’8 giugno 2004, il Tribunale assolveva S. A. da alcuni reati a lui ascritti, mentre lo condannava per il reato di bancarotta fraudolenta – con l’aggravante di cui alla L. Fall., art. 219 cpv., n. 1 – così unificati i capi C) ed F) e, concesse le attenuanti generiche ritenute prevalenti sulla ritenuta aggravante, lo condannava alla pena di anni tre di reclusione.

Dichiarava S.W.P. colpevole del reato di bancarotta fraudolenta di cui al capo C) e, concesse le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni due di reclusione, con i benefici di legge, oltre consequenziali statuizioni.

Condannava, inoltre, S.W.P. al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile OME.G.A. – Officina Meccanica Generale Artiguana di Giannessi Piergiorgio e f.lli snc, in persona del legale rappresentante pro tempore, da liquidarsi in separata sede, oltre consequenziali statuizioni.

Condannava S.A. al risarcimento del danno in favore della parte civile curatela del fallimento Allestimenti Signani Spa. in persona del curatore rag. V.A., da liquidarsi in separata sede.

Pronunciando sui gravami proposti dagli imputati, la Corte di Appello di Genova, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della pronuncia impugnata, dichiarava non doversi procedere per prescrizione nei confronti di altri coimputati, fra cui S. M., mentre confermava nel resto.

Avverso la pronuncia anzidetta, il difensore ha proposto distinti ricorsi per cassazione, ciascuno affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.

Motivi della decisione

1. – Il primo motivo del ricorso in favore di S.A. lamenta mancanza e manifesta illogicità di motivazione, specie in riferimento al raffronto tra le motivazioni e conclusioni del ct. nominato dal tribunale prof. Luciano Marchi e le motivazioni e conclusioni del ct. del PM rag. R.G.. Del tutto acriticamente i giudici di merito avevano disatteso le conclusioni del perito prof. M..

Il secondo motivo deduce mancanza e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al differente criterio di applicazione delle norme sulla prescrizione fra gli imputati ricorrenti e S.M. dall’altro, considerato che la sospensione del termine prescrizionale, riconosciuta per impedimento del difensore -tale da impedire la declaratoria di estinzione per gli imputati ricorrenti – sarebbe dovuta valere anche per lo stesso S.M., in quanto assistito dallo stesso difensore, sicchè erroneamente era stata dichiarata l’estinzione del reato nei confronti di quell’imputato. L’errore interessava anche la posizione dell’odierno ricorrente, integrando vizio di contraddittorietà della motivazione. Ad ogni modo, il termine il termine di prescrizione era ormai maturato il 18 aprile 2010.

Il ricorso in favore di S.W.P. era affidato ad identiche ragioni.

2. – Il primo motivo del ricorso proposto in favore di S. A. si pone, decisamente in area di inammissibilità, involgendo questione prettamente di merito, qual’è quella relativa alla valutazione delle risultanze processuali, che si sottrae al sindacato di legittimità in quanto adeguatamente motivata.

In particolare, il giudice di appello ha spiegato ampiamente le ragioni per le quali aveva ribadito il giudizio di colpevolezza a carico dell’imputato. Ed infatti, sulla base di inappuntabile rilettura del compendio probatorio ha illustrato le particolarità del meccanismo mediante il quale erano state compiute le attività distrattive, utilizzando lo strumento giuridico della fusione per incorporazione. Tale meccanismo aveva, di fatto, comportato il depauperamento non solo della società incorporata, ma anche di quella incorporante, in quanto in essa non erano confluiti i flussi finanziari all’uopo destinati, realizzandosi così l’ulteriore distrazione delle somme appositamente erogate da un istituto di credito per il finanziamento dell’intera operazione.

Inoltre, il giudice a quo ha anche spiegato i motivi per i quali aveva ritenuto di dover disattendere le conclusioni del perito D. M., fornendo dell’intera vicenda una ricostruzione assolutamente plausibile e corretta, che, in quanto tale, non può più essere messa in discussione in questa sede.

La seconda censura è inammissibile, considerato che il ricorrente non ha ragione alcuna di dolersi della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione in favore di uno dei coimputati, per via di asserito errore consistente nella mancata considerazione dell’impegno professionale del difensore, peraltro lo stesso dell’odierno ricorrente. Ed infatti, un ipotetico annullamento della relativa statuizione, ove mai il PM avesse interposto appello sul punto, non avrebbe in alcun modo giovato all’odierno ricorrente, per l’ovvia conclusione che ne sarebbe stata tratta, e cioè che per nessuno degli imputati era maturata la prescrizione, che, per mero errore, era stata riconosciuta ad uno di loro.

Il ricorso in favore di S.W.P., affidato ad identiche ragioni, non può che condividere lo stesso epilogo decisionale.

4. – Per quanto precede, entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo. L’esito del giudizio preclude il rilievo della prescrizione maturata (il 18.4.2010) successivamente alla sentenza di appello, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite 22.11.2000, n. 32, De Luca, rv. 217266.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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