Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-05-2012, n. 8317

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’agenzia delle entrate impugna con ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, la sentenza della CTR della Lombardia n. 57/01/07, depositata il 25.6.2007, con la quale il suo appello contro quella del giudice di primo grado emessa anche nei confronti di M.R. veniva rigettato. Essa osservava che le somme erogate al contribuente a titolo di prestazione di previdenza integrativa per i dirigenti dell’Enel, di già collocati a riposo, aveva carattere di capitale a seguito di contratto di assicurazione originario, trattandosi di dipendente iscritto all’apposito fondo già prima del 1993; pertanto tale indennità non andava tassata in modo separato, ma costituiva erogazione di capitale, imponibile con l’aliquota agevolata del 12,50%; con la conseguenza che la maggiore imposta trattenuta dal sostituto andava rimborsata, essendo illegittimo il silenzio-rifiuto formatosi al riguardo. Il contribuente ha resistito con controricorso, svolgendo a sua volta quello incidentale condizionato con un unico motivo. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza.

Inoltre va pure esaminata l’eccezione proposta dal controricorrente, avendo essa carattere pregiudiziale, con la quale egli deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava ed ometteva di pronunciare che l’appello era inammissibile, posto che l’appellante aveva addotto delle questioni non indicate in primo grado, e quindi nuove, come quella relativa alla carenza di un iniziale contratto di assicurazione sulla vita, per il quale quindi nessuna agevolazione poi sarebbe stata invocabile in tema di prestazione previdenziale.

Essa non ha pregio, atteso che, com’è noto, in tema di contenzioso tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, posto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, riguarda le eccezioni in senso tecnico, ossia lo strumento processuale con cui il contribuente, in qualità di convenuto in senso sostanziale, fa valere un fatto giuridico avente efficacia modificativa o estintiva della pretesa fiscale. Pertanto esso non limita affatto la possibilità dell’Amministrazione di difendersi in tale giudizio, nè quella d’impugnare la sentenza che lo conclude, qualora la stessa abbia accolto una domanda avversaria per ragioni diverse da quelle poste dal giudice di primo grado a fondamento della propria decisione, ovvero che siano sostanzialmente comprese nel "thema decidendum" devoluto al giudicante, come nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 7789 del 03/04/2006, n. 18519 del 2005).

1) Ciò premesso, col primo motivo la ricorrente "principale deduce vizio di motivazione, in quanto il giudice di appello non considerava che l’aliquota agevolata sul capitale non era applicabile nella specie secondo la disciplina introdotta con il D.Lgs. n. 124 del 1993, per la differente natura dell’emolumento in questione, avendo esso carattere integrativo di quello previdenziale, peraltro strettamente connesso alla cessazione del rapporto d’impiego, non potendosi invece considerare come scaturente dalla capitalizzazione dei premi assicurativi versati, atteso che il dipendente aveva optato per la rendita pensionistica di carattere previdenziale, ancorchè poi liquidata in unica soluzione, però sempre a seguito della connessa cessazione del rapporto d’impiego.

Il motivo è fondato. Invero in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, solo per quanto riguarda la "sorte capitale", corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6, come nella specie; b) per gli importi maturati a decorrere dall’I gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al cit. D.P.R. n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e 17 (Cfr. anche Cass. Sez. U, Sentenza n. 13642 del 22/06/2011; Sent. n. 22974 del 2010). Alla stregua di tale principio, al quale il collegio aderisce, il meccanismo impositrvo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6 (aliquota del 12,5% sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni arino successivo al decimo) si applica a coloro che siano iscritti al fondo di previdenza complementare aziendale FONENEL/P.I.A. da epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, sulle somme percepite a titolo di liquidazione in capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale, solo limitatamente agli importi maturati entro il 31.12.2000 che provengano dalla liquidazione del rendimento finanziario del capitale; per tale intendendosi, come espressamente precisato nella parte motiva della citata sentenza delle Sezioni Unite (ultima parte del penultimo periodo del paragrafo 6.1), il "rendimento netto" imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato. Quindi tale motivo di ricorso dell’agenzia va giudicato fondato, perchè la sentenza gravata – pur affermando il corretto principio di diritto secondo cui l’aliquota del 12,5% si applica solo sulla parte del capitale erogato al contribuente che corrisponde al rendimento finanziario generato dall’impiego sul mercato delle somme versate dal lavoratore e dal datore di lavoro a titolo di contribuzione – è tuttavia viziata da insufficiente motivazione in ordine all’accertamento (sul quale non si era formato alcun giudicato interno con la sentenza di primo grado) degli investimenti concretamente effettuati sul mercato finanziario, sulla base delle norme contrattuali via via applicabili, e delle plusvalenze con essi realizzati e, quindi, in ordine alla concreta quantificazione, nel caso di specie, dell’importo corrispondente a detto rendimento finanziario. Infatti la commissione tributaria regionale ha operato tale quantificazione senza svolgere alcuna analisi dei meccanismi di funzionamento del fondo FONDENEL/P.I.A. nel corso degli anni e limitandosi a recepire acriticamente il contenuto della "analitica certificazione del sostituto d’imposta Enel" (paragrafo 6.2 della sentenza gravata), della quale, tuttavia, non specificava, nè quindi giustificava, i criteri di formazione. In tal guisa la sentenza gravata omette di accertare se e quando, sulla base delle norme contrattuali applicabili, i capitali rivenienti dalla contribuzione siano stati effettivamente investiti sul mercato finanziario; quali siano stati i risultati dell’investimento ed in qual modo sia stata determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali; la CTR, cioè, ometteva di spiegare le ragioni che dimostrerebbero che l’importo che essa riteneva soggetto all’aliquota del 12,5% corrisponde effettivamente a quello del rendimento finanziario derivato dall’impiego sul mercato dei capitali degli accantonamenti effettuati negli anni dal lavoratore e dal datore di lavoro.

Sul punto perciò la sentenza impugnata non risulta motivata in modo sufficiente e giuridicamente corretto.

2)11 secondo motivo, attinente a violazione di diverse norme di legge in ordine alla supposta natura strettante connessa al contratto di assicurazione originario relativamente al trattamento previdenziale in argomento, rimane assorbito dal primo.

Ne deriva che il ricorso principale va accolto con rinvio.

B) Ricorso incidentale condizionato.

Si tratta all’evidenza della questione relativa alla presunta omessa pronuncia in ordine alla dedotta inammissibilità dell’appello dell’agenzia per novità dei motivi, e sulla quale si è già disquisito nella parte preliminare della presente motivazione, con la conseguenza che esso va rigettato per infondatezza della censura.

Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.

P.Q.M.

LA CORTE Riuniti i ricorsi, accoglie quello principale; rigetta l’incidentale;

cassa la sentenza impugnata in relazione al primo, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Lombardia, altra sezione, per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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