Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-07-2011) 16-11-2011, n. 42116

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 1-2-2011 la Corte di Appello di Palermo confermava nei confronti di A.F. la sentenza emessa dal Tribunale di Palermo,in data 21-10-2008 con la quale il predetto imputato era stato dichiarato responsabile del reato contestato ai sensi dell’art. 483 c.p., e D.P.R. n. 445 del 2000, art. 76, per avere falsamente dichiarato al Comune di Palermo -7^ Circoscrizione- nella domanda di assegno per il nucleo familiare,fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, che la moglie – G. A. – nell’anno 2001 non aveva percepito alcun reddito (fatto acc. in (OMISSIS)) -.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore,deducendo: 1- la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. B) ed E), in relazione all’art. 483 c.p., rilevando che nella specie si era verificata l’ipotesi del "falso innocuo"-.

A sostegno del motivo deduceva che da deposizione resa da un teste, funzionario dell’Amministrazione comunale,contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, sebbene il ricorrente avesse fornito la dichiarazione sui redditi della moglie, comunque avrebbe avuto diritto alla percezione dell’assegno a sostegno del nucleo familiare.

In tal senso la difesa riteneva sussistente il cd. falso innocuo,e menzionava giurisprudenza sull’argomento (quale sentenza SS.UU. del 25-10-2007, n. 46982-ed Altre -(a fl. 4 del ricorso).

Inoltre la difesa menzionava ulteriore deposizione testimoniale dalla quale era emerso che il reddito complessivo del nucleo familiare rientrava nei limiti per i quali era prevista l’erogazione dell’assegno.

Per tali elementi il ricorrente riteneva insussistenti gi presupposti del giudizio di penale responsabilità dell’imputato, sottolineando che il pubblico funzionario non era stato indotto in errore dal mendacio contenuto nella attestazione,non essendo la condotta del prevenuto idonea a ledere il bene giuridico tutelato dall’art. 483 c.p.. Per tali rilievi si riteneva che il falso contestato fosse non punibile.

2- Con ulteriore motivo la difesa deduceva la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. B) ed E), in relazione agli artt. 483, 42, 43, e 48 c.p., ritenendo che nella specie fosse ipotizzabile una condotta colposa del soggetto agente,e che come tale il falso non dovesse ritenersi punibile, mancando nell’autore della dichiarazione la consapevolezza di rendere una attestazione non corrispondente al vero. Per tali motivi chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.

Il ricorso può ritenersi dotato di fondamento.

Invero, nella specie ricorrono i presupposti che integrano la fattispecie enunciata dall’art. 316 ter c.p..

Sull’argomento questa Corte ha pronunziato sentenza Sez. 6^ – del 21.10.2003, n. 39761, PG. in proc. Riillo RV 228191 – nella quale si è stabilito che "integra il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello stato, di altri Enti pubblici o delle Comunità Europee, previsto dall’art. 316 ter c.p.,(e non quello di cui all’art. 640 bis c.p.), la condotta di mero mendacio (nella specie consistita nella presentazione di un’istanza tendente all’erogazione pubblica nella quale veniva rappresentato il possesso del requisito richiesto del cosiddetto reddito minimo, tacendo la disponibilità di beni) non accompagnata da ulteriori modalità ingannevoli".

Nella specie resta esclusa l’antigiuridicità del fatto, atteso che la somma che si assumeva essere stata indebitamente percepita non raggiunge la minima entità indicata dall’art. 316 ter c.p., comma 2 (va citata in tal senso la giurisprudenza di questa Corte: SS.UU., 16- 12-2010, Pizzuto, Sez. 5^ 17.9.08, n. 41383, Est. Marasca – RV 242594)-.

Pertanto la Corte, in accoglimento del ricorso,deve pronunziare- previa riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 316 ter c.p. – l’annullamento senza rinvio della impugnata sentenza, perchè il fatto non costituisce reato.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Qualificato l’addebito ai sensi dell’art. 316 ter c.p., annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non costituisce reato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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