Cass. civ. Sez. I, Sent., 25-05-2012, n. 8312 Intermediazione finanziaria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione notificata in data 19/11/2002, T.A. conveniva in giudizio la Banca Agricola Mantovana S.p.A., chiedendo che venissero dichiarati la nullità, l’annullamento ovvero la risoluzione per fatto e colpa della banca, relativamente al contratto tra le parti "piano finanziario 4 you" con condanna a restituzione di somma o a risarcimento del danno.

Costituitosi il contraddittorio, la banca convenuta chiedeva rigettarsi ogni domanda proposta nei suoi confronti.

Con sentenza in data 14/03 – 12/04/2005, il Tribunale di Mantova rigettava le domande dell’attrice.

Con atto di appello notificato in data 07/10/2005, la T. impugnava la predetta sentenza, nei confronti di Banca Agricola Mantovana S.p.A. e dell’incorporante Monte dei Paschi di Siena S.p.A.. Si costituiva la (Nuova) Banca Agricola Mantovana chiedendo il rigetto della impugnazione.

La Corte di Appello di Brescia, con sentenza 21/10 – 09/11/2009, rigettava l’appello.

Ricorre per cassazione la T..

Resiste con controricorso la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (già Banca Agricola Mantovana).

Entrambe le parti hanno depositato memorie per l’udienza.

Motivi della decisione

Preliminarmente va affermata l’infondatezza dell’eccezione della ricorrente circa l’assenza dei poteri di rappresentanza processuale del signor P.L.. Dalla documentazioni in atti, sicuramente ricevibile in questa sede, considerata l’eccezione in esame, emerge che il predetto P. è titolare della succursale di (OMISSIS) della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., e, come tale, secondo il relativo statuto in atti, legittimato alla rappresentanza di giudizio, "con facoltà di nominare avvocati e procuratori".

Va premesso che, come chiarisce il Giudice a quo, e appare pacifico tra le parti, oggetto della causa è un contratto denominato "Piano Finanziario 4 you", per il quale la Banca Agricola Mantovana erogava a T.A. un finanziamento a lungo termine, finalizzato al contestuale acquisto di strumenti finanziari; in particolare l’importo finanziato doveva essere restituito in un lungo periodo in rate mensili comprensive di tasso annuo di interesse. L’investimento era suddiviso in due quote: per la parte prevalente, acquisto di obbligazioni, tasso fisso zero coupon, riscuotibili al termine dell’operazione al valore nominale, per l’altra parte, acquisto di quote di un fondo comune di investimento; i titoli così acquistati restavano costituiti in pegno a garanzia della restituzione del finanziamento; accessoria era una polizza assicurativa gratuita per la quale il piano finanziario sarebbe stato completato pur in caso di decesso o di grave invalidità della contraente. Era previsto altresì che, in caso di recesso anticipato da parte del cliente, questi dovesse corrispondere una somma pari all’ammontare delle rate ancora a scadere, attualizzate al tasso IRS, e sulla base di una determinata formula matematica.

Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione del D.Lgs. n. 59 del 1998, art. 21 comma 1, lett. "b" e dell’art. 28 comma 2 del Regolamento Consob 11522/98, nonchè del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, u.c. e dell’art. 1469 bis c.c., n. 18 ( art. 360 c.p.c., n. 3), per mancanza di informazione adeguata sul prodotto.

Il motivo va rigettato perchè infondato.

In sostanza la ricorrente (sotto l’apparenza di violazione di legge) introduce profili di fatto insuscettibili di controllo in questa sede, in contrasto con quanto indicato nella pronuncia impugnata, sorretta da motivazione adeguata e non illogica.

Precisa il giudice a quo che il modulo contrattuale illustra in modo chiaro la natura peculiare del rapporto , pur nella sua complessità;

nè è sostenibile – continua la sentenza impugnata – che le clausole contrattuale occultino rischi maggiori rispetto a quelli dichiarati e tendano a nascondere la non convenienza del prodotto (si richiama, al riguardo, una CTU svolta in analoga causa e prodotta da entrambe le parti).

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione del D.Lgs. n. 59 del 1998, art. 21, comma 1, lett. "A", in relazione all’art. 29 del Regolamento Consob 11522/98, stante l’inadeguatezza e non convenienza dell’investimento.

Anche tale motivo va rigettato siccome infondato.

Ancora una volta, la ricorrente finisce per introdurre profili di fatto in contrasto con le indicazioni della sentenza impugnata, ove si chiarisce che la minor convenienza era, nella specie, ovviamente collegata al recesso fortemente anticipato da parte del cliente, rispetto alla naturale conclusione del rapporto. Si richiama ancora la predetta CTU, e si evidenzia la possibilità, soprattutto nel lungo termine; di maggiori guadagni: in definitiva l’operazione avrebbe un rendimento assoluto positivo.

Precisa altresì la sentenza impugnata che la possibilità di fare un investimento per il futuro su valori immobiliari, pur non avendo all’origine disponibilità finanziarie, e di salvaguardare il capitale via via accumulato, rappresentava la caratteristica principale del prodotto, rendendolo accessibile (e funzionale) a titolari di reddito modesto e privi di fondi necessari per altri tipi di investimento (e di futuro guadagno); l’esborso mensile della odierna ricorrente-continua il giudice a quo – modesto in sè (Euro 77,66), era comunque compatibile con un reddito modesto e coerente con le dichiarazioni della T., contenute nel modulo sottoscritto, di possedere reddito e capacità di risparmio sufficienti per rispettare le scadenze stabilite per la restituzione del finanziamento.

Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 59 del 1998, art. 21, comma 1, lett. "c", in relazione all’art. 27 del Regolamento n. 11522/98 ( art. 360 c.p.c., n. 3), in quanto le avvertenze relative a conflitto di interesse (pacificamente sottoscritte) non erano state graficamente evidenziate.

Il motivo va rigettato in quanto infondato.

Precisa il giudice a quo che il conflitto di interessi (essendo le società emittenti parti del gruppo cui apparteneva la banca) è ben evidenziato in due clausole, specificamente richiamate, ai fini della doppia sottoscrizione ex artt. 1341 e 1342 c.c..

La mancata evidenziazione grafica, ancorchè in contrasto con l’art. 27 Reg. 11522/98 appare un’indubbia regolarità, non tale tuttavia da comportare la invalidità del contratto (o della clausola relativa) soprattutto quando, come nella specie, le clausole stesse erano oggetto di sottoscrizione, ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c..

Quanto alle altre clausole che individuerebbero conflitto di interessi, il ricorso è qui lacunoso e non autosufficiente, perchè esse non vengono specificamente indicate.

Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, comma 1. lett. (a) e degli artt. 1343 e 1418 c.c.; in quanto l’intermediario non avrebbe agito nell’interesse del cliente, essendo l’impossibilità di disinvestire o di variare la tipologia del fondo, in grave contrasto con il principio della libertà di investimento.

Il motivo va dichiarato inammissibile. Si tratta all’evidenza, di profilo nuovo, sollevato soltanto in sede di appello, come sostanzialmente riconosce la stessa ricorrente, affermando trattarsi di specificazione della contestata violazione dell’obbligo di cui al D.Lgs. n. 58 del 1978, art. 21, comma 1, lett. "a", così implicitamente ammettendo che tale specifico profilo non era stato proposto in primo grado (a nulla rileva ovviamente che il giudice a quo abbia fornito una duplice motivazione, dichiarando inammissibile il motivo, ma pure rigettandolo nel merito).

Con il quinto motivo,la ricorrente lamenta violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., in quanto la banca le aveva addebitato illegittimamente alcuni ratei posteriori al recesso.

Anche tale motivo va dichiarato inammissibile, non essendo stato trattato il relativo profilo in primo grado.

Ancora una voltala ricorrente ammette in sostanza tale assunto (non aver essa fatto alcun riferimento a ratei erroneamente addebitati) quando afferma che la somma richiesta comunque comprendeva anche tali ratei.

Conclusivamente, va rigettato il ricorso. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.000,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *