Cassazione civile anno 2005 n. 1119 Indennità o rendita Infortuni sul lavoro e malattie professionali

INFORTUNI SUL LAVORO PREVIDENZA SOCIALE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Con sentenza 16 maggio – 30 maggio 2001, la Corte d’Appello di Cagliari accoglieva il ricorso proposto dall’X avverso la decisione del locale Tribunale del 14 dicembre 1999-10 febbraio 2000 ed, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava che X X aveva diritto alla costituzione di una rendita unificata nella misura del 23% con effetto dal 1 dicembre 1996.
Nel ricorso introduttivo, inizialmente proposto dinanzi al Pretore di Cagliari, il X aveva dedotto di essere titolare di una rendita X, per effetto dei postumi permanenti di natura invalidanti residuati da due malattie professionali (ipoacusia 15% e angioneurosi 15%) che erano stati valutati complessivamente nella misura del 28%.
Il ricorrente esponeva che in data 2 ottobre 1996 egli era stato sottoposto a visita medica di revisione da parte dell’X. L’Istituto aveva ridotto la rendita unificata da malattia professionale alla misura del 20% con decorrenza dal 1^ dicembre 1996, ritenendo che i postumi residuati dalla angioneurosi fossero valutabili, a seguito di miglioramento, nella misura del 7%, in luogo del 15% (riscontrato alla prima visita di accertamento postumi). Il X deduceva che l’Istituto non avrebbe potuto disporre la visita di revisione, essendo trascorsi oltre quindici anni dalla data di costituzione della rendita (che aveva decorrenza 18 giugno 1977). Nel merito, l’assicurato contestava la valutazione effettuata dall’Istituto, osservando che – nel periodo trascorso dalla prima visita – non si era riscontrato alcun miglioramento, ma, semmai, un peggioramento delle proprie condizioni fisiche, connesse alla ipoacusia da rumori.
Il Tribunale, accogliendo la domanda, dichiarava il diritto del X alla rendita da malattia professionale nella misura del 28% con decorrenza dalla data della disposta riduzione (1 dicembre 1996) e nella misura del 33% dal 6 Luglio 1999. Avverso la decisione di primo grado aveva proposto appello l’Istituto.
Il X ave chiesto la conferma della sentenza impugnata.
La Corte d’Appello osservava, innanzi tutto, che l’angioneurosi nel periodo tra il 1995 ed il 1999 era sicuramente migliorata. Era stata esclusa, ad un esame obiettivo dell’assicurato, qualsiasi limitazione funzionale degli arti, ponendosi in rilievo che le lievi alterazioni artrosiche evidenziare erano del tutto compatibili con l’età dello stesso (70 anni all’epoca della disposta visita da parte del nuovo consulente tecnico di ufficio). Lo stesso consulente aveva ritenuto che il danno da ipoacusia da rumori fosse attualmente valutabile intorno al 14% ed aveva concluso per una inabilità permanente complessiva del 23% alla data della terza revisione (dicembre 1996) e del 20% alla data della disposta consulenza effettuata in grado di appello, per il miglioramento intervenuto sulla angioneurosi.
I giudici di appello, preso atto del giudizio espresso dal consulente tecnico, considerato che non era possibile tener conto dei miglioramenti intervenuti in corso di causa, concludeva riconoscendo al X il diritto alla costituzione della rendita nella misura del 23%.
Avverso questa decisione l’assicurato ha proposto ricorso per Cassazione, sorretto da tre distinti motivi, illustrati da memoria.
Resiste l’X con controricorso.

Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 342 codice di procedura civile, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 codice di procedura civile.
Oggetto della causa in appello era soltanto il riconosciuto diritto alla maggior rendita del 33% – censurato dall’X – e non anche il ripristino della rendita in godimento. In altre parole, la Corte territoriale bene avrebbe potuto accogliere l’appello non riconoscendo l’aumento del 33% (attribuito dal Tribunale con decorrenza dalla vis del consulente nominato dall’ufficio), ma non avrebbe potuto comunque ridurre la rendita del 28% riconosciuta con decorrenza dalla visita di revisione (e con effetto del dicembre 1996), in mancanza di qualsiasi censura sul punto.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 80, 83, 132 e 137, sesto comma, del D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, in relazione all’art. 113 codice di procedura civile, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 codice di procedura civile.
Il punto centrale della controversia, sottolinea il ricorrente, è costituito dal coordinamento delle distinte previsioni degli articoli 80 e 137 del T.U. del 1965.
Il primo articolo dispone che, nel caso in cui il titolare di una rendita sia colpito da nuovo infortunio indennizzabile, la rendita debba essere liquidata avendo riguardo al grado complessivo di riduzione dell’attitudine al lavoro.
Il secondo articolo (più esattamente l’art. 137 per le malattie professionali e l’art. 83 per gli infortuni sul lavoro) prevede invece l’impossibilità di procedere a revisione del grado di inabilità permanente, nel caso di rendita da postumi di malattia professionale, una volta trascorso un quindicennio dalla sua costituzione.
Il problema si pone quando, come nel caso di specie, solo per una delle due rendite poi unificate siano trascorsi quindici anni dalla costituzione.
In questo caso, conclude il ricorrente, va tenuto conto non solo del "limite esterno" costituito dalla rendita complessiva, che non può in ogni caso essere inferiore a quello già stabilizzatosi, ma altresì del "limite interno" costituito dal consolidamento delle rendite parziali per gli infortuni – o le malattie professionali – più antichi, che non sono più suscettibili di revisione oltre il decennio – ovvero in caso di malattie professionali dopo il quindicennio.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 115 e 116 codice di procedura civile, omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 codice di procedura civile.
I giudici di appello avevano condiviso le conclusioni cui era pervenuto il consulente tecnico nominato in appello senza spiegare, tuttavia, le ragioni per le quali aveva deciso di disattendere il giudizio formulato dall’ausiliare nominato dal primo giudice.
I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi tra di loro.
Essi non sono fondati.
Deve innanzi tutto escludersi che il tema dell’appello fosse costituito (secondo quanto rilevato dal X nella nuova memoria di costituzione in appello) solo dal riconosciuto diritto alla maggiore rendita del 33%, affermato dal primo giudice pur in mancanza di qualsiasi richiesta da parte dell’assicurato.
La disposizione del codice di procedura civile che richiede la specificità dei motivi di appello (art. 342), secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, implica soltanto la necessità che la impugnazione dell’appellante consenta di individuare con chiarezza le statuizioni investite dal gravame e le specifiche critiche indirizzate alla motivazione della sentenza impugnata e non richiede l’utilizzo di formule o schemi particolari (Cass. n. 14670 del 2001).
Deve poi ritenersi che la Corte di Cagliari abbia fatto corretta applicazione dei principi dettati in materia di revisione, applicando la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, in caso di infortunio o malattia professionale occorsi al medesimo lavoratore, dopo altro o altri infortuni o malattie professionali, l’X, nel procedere alla costituzione della rendita unica, pur potendo rideterminare il grado di riduzione complessiva dell’attitudine al lavoro causata dal precedente e dal nuovo infortunio (o malattia professionale) in misura inferiore al grado di inabilità permanente relativo al primo evento inabilitante, non può, però, ove da questo sia trascorso il termine indicato (di 10 o rispettivamente 15 anni), liquidare una rendita inferiore a quella già erogata ed oramai consolidata per la scadenza del limite temporale di revisione.
I medesimi principi vanno applicati anche nell’ipotesi di revisione di rendita unica entro il decennio (o quindicennio) dalla sua costituzione, essendo anche in tal caso consentito il riesame dei postumi di tutti gli infortuni e le malattie professionali e la valutazione della complessiva riduzione dell’attitudine al lavoro, purchè la rendita unica così ricostituita non sia inferiore a quella liquidata per i precedenti infortuni (o malattie professionali) e già consolidata.
Una volta che sia decorso il termine per la revisione, decorrente dalla data di costituzione della rendita unica, il grado di inabilità complessivo diventa, tuttavia, immodificabile.
In questo senso, dopo la decisione n. 12023 del 1990 delle Sezioni Unite, cfr. Cass. 27 agosto 1997 n. 8084, 16 dicembre 2000 n. 15895, 5 settembre 2003 n. 12998, 25 marzo 2004 n. 6008.
Sul punto, v. però Cass, 9133 del 2000, 11193 del 2000, 6499 del 2003.
Tenuto conto dei principi di diritto sopra indicati, la riduzione della misura della rendita operata dall’X deve considerarsi legittima.
I postumi da angioneurosi si erano consolidati nel 1977 ed avevano portato alla costituzione di una prima rendita nella misura del 15%.
La rendita era poi stata elevata al 28% per effetto dei postumi derivati da una ipoacusia da rumore, valutati nella misura dèi 15% (valutazione complessiva del 28%).
Il miglioramento, ha osservato la Corte d’Appello, non si era verificato solo con riferimento alla angioneurosi, i cui postumi dovevano ritenersi consolidati, essendo trascorso più di un quindicennio alla data della disposta terza revisione (ottobre 1996) non riguardava anche l’ipotesi, la rendita ricostituita non era, tuttavia, inferiore a quella liquidata per la prima malattia professionale.
La decisione impugnata appare pertanto in linea con l’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte.
Non sussiste, infine, il denunciato vizio di motivazione, di cui al terzo motivo di ricorso.
Infatti, ove il giudice del merito ritenga di dover aderire alle conclusioni del consulente dallo stesso nominato non è tenuto ad una particolareggiata motivazione, essendo il relativo obbligo assolto con l’indicazione, come fonte di convincimento, della relazione del consulente e questo principio sussiste anche nel caso in cui la consulenza successiva sia difforme dalle conclusioni di una consulenza precedentemente disposta, considerato che la ragionata accettazione dei risultati della nuova consulenza consente di ritenere implicitamente disattese le contrapposte argomentazioni (Cass. n. 13855 del 2000).
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.
Nessuna pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio, ai sensi dell’art. 152 disp. att. codice di procedura civile.

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *