Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-07-2011) 16-11-2011, n. 42111

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Genova confermava la sentenza del 20 ottobre 2009 con la quale il Tribunale di Savona aveva dichiarato B.F. colpevole dei reati di violenza privata, ai sensi dell’art. 81 cpv e art. 610 c.p., sub A);

lesioni personali aggravate, ai sensi dell’art. 81 cpv., artt. 582 e 595 c.p., art. 576, comma 1, n. 1 e art. 61 c.p., n. 2, sub B); porto ingiustificato di manico di piccone, ai sensi della L. n. 110 del 1975, art. 61, n. 2 e art. 4, comma 2, sub C); e, per l’effetto, l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia.

Avverso la pronuncia anzidetto l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo di impugnazione parte ricorrente denuncia violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), per inosservanza od erronea applicazione della legge penale e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità di motivazione. Lamenta, in particolare, l’erronea valutazione di attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, in quanto non sottoposte ad attento vaglio critico.

Il secondo motivo deduce identico vizio di legittimità con particolare riferimento alla ritenuta sussistenza del reato di cui all’art. 610 c.p., assumendo che, a tutto concedere, avrebbero dovuto ravvisarsi nella fattispecie gli estremi del reato di cui all’art. 393 c.p.. Il terzo motivo deduce identico vizio di legittimità con riferimento alla determinazione della pena ed ai benefici di legge.

2. – La prima censura è inammissibile in quanto attiene a questione squisitamente di merito, come è quella relativa alla valutazione delle risultanze di causa, che si sottrae al sindacato di legittimità ogni qual volta, come nel caso di specie, sia assistita da motivazione congrua e formalmente corretta. In particolare, risulta ineccepibile la parte motiva riguardante l’apprezzamento delle parole di accusa della persona offesa, argomentatamele ritenuta attendibile in esito ad attento esame critico.

La questione relativa al nomen iuris della fattispecie – oggetto del secondo motivo – si limita ad acritica riproposizione di rilievo già dedotto in sede di gravame, in ordine al quale la risposta motivazionale del giudice a quo appare ineccepibile, nel sostanziale assunto che la fattispecie in esame non avrebbe potuto essere ricondotta al paradigma dell’art. 393 c.p., in ragione delle sue obiettive peculiarità consistenti nell’uso di violenza, da parte dell’imputato, in danno del fratello di una sua debitrice, per costringerlo a telefonare alla congiunta.

Chiaramente inammissibile è anche la terza doglianza, in quanto attinente a questione di merito – relativa alla determinazione della pena ed ai reclamati benefici di legge – in ordine alla quale la motivazione resa dal giudice di appello è congrua ed esaustiva nell’indicazione delle ragioni che rendevano l’imputato immeritevole delle attenuanti generiche e, conseguentemente, nella valutazione di adeguatezza del regime sanzionatorio adottato in primo grado.

3. – Per quanto precede, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con le conseguenti statuizioni dettate in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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