Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-05-2012, n. 8302 Carriera inquadramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- B.L. ricorreva al Tribunale di Viterbo, giudice del lavoro, esponendo di essere dipendente dell’INPS e di avere svolto da settembre 1994 mansioni dirigenziali, a seguito di formale incarico di dirigente dell’Ufficio "gestione e liquidazione pensioni" di Viterbo. Domandava, perciò, di dichiararsi il suo diritto all’inquadramento nella dirigenza con la condanna dell’Istituto al pagamento del relativo trattamento retributivo o, in subordine, al pagamento delle sole differenze retributive per lo svolgimento degli incarichi dirigenziali svolti.

2.- L’INPS si costituiva eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e l’infondatezza della pretesa.

3.- Con sentenza del 16 ottobre 2002 il Tribunale accoglieva in parte la domanda e condannava l’Istituto al pagamento delle differenze di retribuzione, dal 22 novembre 1998 al 3 maggio 2001. 4.- Tale decisione veniva confermata dalla Corte d’appello di Roma, che, con la sentenza qui impugnata, respingeva il gravame proposto dall’INPS. In particolare, la Corte di merito rilevava: che era inammissibile la censura relativa al difetto di giurisdizione per il periodo anteriore al 30 giugno 1998, che la condanna pronunciata dal Tribunale riguardava crediti retributivi successivi a tale data; che dalla documentazione prodotta in primo grado era risultato che la dipendente aveva ricoperto uno dei posti di dirigente previsti nella dotazione organica fissata nel 1995, mentre l’Istituto aveva prodotto tardivamente alcuni documenti, tra cui la Delib. n. 799 del 1998, intesi a dimostrare la riduzione dei posti di dirigente da tale data, con la conseguente corrispondenza delle funzioni della dipendente a quelle di assegnazione, di natura non dirigenziale.

5.- Di questa sentenza l’INPS domanda la cassazione con quattro motivi, illustrati con memoria. La dipendente resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1.- In via preliminare, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla parte resistente sul rilievo che la sentenza qui impugnata sia stata notificata e sia decorso il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c.. Ed infatti risulta dall’esame degli atti, compiuto ai fini della verifica della ammissibilità del ricorso, che la sentenza della Corte d’appello è stata notificata all’avvocato Barabaschi, procuratore dell’INPS, nella sede di (OMISSIS), mentre l’Istituto, come emerge dall’atto d’appello, aveva eletto domicilio, con il medesimo procuratore unitamente ad altri difensori, presso l’avvocatura generale in (OMISSIS). Ciò comporta che in assenza di notifica presso quest’ultimo domicilio, che risulta essere quello effettivamente eletto dall’INPS, non può trovare applicazione il termine breve dedotto dalla resistente, poichè la notifica della sentenza al procuratore costituito, ai sensi degli artt. 170 e 285 c.p.c., costituisce presupposto formale indispensabile per la decorrenza di tale termine, non essendo ammessi equipollenti ed essendo in particolare irrilevante l’eventuale conoscenza che il suddetto procuratore, o taluno degli altri unitariamente nominati, abbia altrimenti avuto della sentenza.

2.- Il ricorso dell’Istituto si articola in quattro motivi.

2.1- Col primo motivo si deduce violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 416 c.p.c., nonchè vizio di motivazione. Si lamenta che la sentenza impugnata abbia attribuito all’INPS l’onere di dimostrare il carattere dirigenziale delle mansioni svolte dalla dipendente, anche in epoca successiva al 1998, e abbia, peraltro, omesso di considerare che la stessa documentazione prodotta dalla B. – in particolare, l’ordine di servizio n. 9 del 1998 – mostrava l’avvenuta riorganizzazione degli uffici e l’assegnazione della medesima a funzioni di coordinamento, e non più a compiti di responsabile di un ufficio.

2.2.- Il secondo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56, e successive modificazioni. Si deduce che la nuova organizzazione contemplata da tale disposizione, poi riprodotta nel D.Lgs. n. 80 del 1998 e nel D.Lgs. n. 165 del 2001, aveva previsto la immediata soppressione della qualifica di primo dirigente, con la ridefinizione dei compiti affidati, in precedenza, a tale figura; e il nuovo assetto era divenuto operativo già dal maggio 1998, ancor prima dell’approvazione del regolamento di organizzazione approvato con Delib. n. 799 del 1998. 2.3., 2.4.- Col terzo e col quarto motivo si lamenta l’omessa pronuncia sul motivo d’appello con cui l’INPS si era doluto che in favore della dipendente fosse stato disposto anche il versamento contributivo in favore del fondo integrativo dell’INPS e si sostiene, comunque, che l’attribuzione del beneficio contributivo potrebbe scaturire solo dal riconoscimento della qualifica dirigenziale.

3.- Il ricorso è fondato, in base all’esame congiunto delle censure proposte.

3.1.- La giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di affrontare le tematiche qui sollevate (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 10540/2007; 19025/2007; 22890/2008; 23567/2008; 25578/2008;

17367/2010; 4757/2011), con l’affermazione del principio secondo cui a seguito della privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 27, ha imposto la riorganizzazione della P.A. in relazione ai principi di cui all’art. 4 del medesimo decreto, rendendo da subito incompatibili le norme sulla dirigenza pubblica vigenti. Ne consegue che, qualora l’ente pubblico (nella specie, l’INPS), nell’adeguarsi al nuovo modello organizzativo, mantenga transitoriamente un assetto ad esso non corrispondente, la corrispondenza delle funzioni esercitate al modello dirigenziale dovrà esser riferita alle nuove regole senza che assumano rilievo le eventuali attribuzioni del consiglio di amministrazione dell’ente in materia di incarichi dirigenziali, non potendo darsi ultrattività o reviviscenza di regole sulla dirigenza pubblica del tutto incompatibili con il nuovo ordinamento.

In particolare è stato osservato che dal rilievo secondo cui il differimento del nuovo assetto costituiva una conseguenza logicamente necessaria, non potendo le nuove mansioni dirigenziali essere esercitata senza quel modello, non può trarsi l’ulteriore conseguenza che le mansioni esercitate secondo il modello precedente mantenessero il loro carattere dirigenziale, poichè tale conclusione non considera che una siffatta ultima attività avrebbe in definitiva comportato la reviviscenza di regole sulla dirigenza pubblica del tutto incompatibili con le norme recate dal D.Lgs. n. 80 del 1998 (poi consolidate con il D.Lgs. n. 165 del 2001). E infatti in base già a tale decreto, comportante la ed. privatizzazione del rapporto dell’impiego pubblico, è dirigenziale solo la funzione che risponde al modello ivi disegnato, cosicchè, anche qualora l’ente pubblico mantenga transitoriamente un assetto non corrispondente al nuovo modello, la valutazione delle funzioni che si esercitano in tale organizzazione, per stabilire se esse siano o no dirigenziali, dovrà essere riferita alle nuove regole e non a quelle precedenti.

3.2.- Tali argomentazioni sono di carattere assorbente e tolgono rilievo alla questione della tempestività, o meno, della allegazione e produzione in giudizio degli atti e provvedimenti dell’Istituto attuativi del nuovo assetto (in relazione alla quale, peraltro, questa Corte ha reputato che essa rappresenti mera integrazione del complessivo assetto difensivo e probatorio: cfr. Cass. n. 4757/2011, cit.).

4.- In base a tali principi il ricorso merita accoglimento, dovendosi perciò cassare la sentenza impugnata.

5.- La causa può essere decisa nel merito, non essendovi accertamenti ulteriori da compiere e dovendosi rigettare la domanda attorca in foto (quindi, anche in relazione ai profili contributivi connessi).

6.- Si compensano le spese dell’intero processo in ragione dell’esito dei giudizi di merito e del consolidarsi recente della giurisprudenza nella materia in esame.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa le spese dell’intero processo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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