Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-05-2012, n. 8300 Licenziamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 28.11.2008 – 6.10.2009, la Corte d’Appello di Roma, parzialmente riformando la pronuncia di primo grado, che aveva riconosciuto la natura subordinata del rapporto lavorativo intercorso fra A.M. e la Freyssinet Terra Armata srl (ora Terra Armata srl), l’illegittimità del primo licenziamento intimato all’ A. per giustificato motivo oggettivo e la legittimità del secondo, intimato per lo stesso motivo, rigettò la domanda di annullamento del primo licenziamento e la conseguente domanda di reintegra e di risarcimento danni.

A sostegno del decisum la Corte territoriale, per ciò che ancora qui rileva, osservò quanto segue:

– doveva ritenersi provata la natura subordinata del rapporto, tenuto conto, sulla scorta delle emergenze istruttorie acquisite, che il lavoratore risultava essere stato stabilmente inserito nell’attività produttiva aziendale, assoggettato al potere organizzativo del datore di lavoro (disponibilità per ogni esigenza dell’impresa; necessità di autorizzazione per ferie e permessi), nonchè a quello di controllo e direzione, tanto che non poteva certamente qualificarsi come lavoratore autonomo; neppure erano ravvisabili nella fattispecie i connotati della parasubordinazione, in mancanza di un effettivo potere di autorganizzazione della propria prestazione lavorativa e di un’autosufficienza dei mezzi per la sua esplicazione;

– essendo i due licenziamenti fondati su motivi identici, non era coerente la statuizione di prime cure che aveva valutato giustificato il secondo recesso, ma non il primo;

in ordine a tale primo licenziamento, doveva ritenersi incontroversa la soppressione dei posto di lavoro occupato dall’ A., atteso che l’ufficio acquisti centralizzato (di cui egli era responsabile) era stato abolito e che le relative funzioni erano state frazionate presso i vari cantieri; nè la circostanza che l’attività non fosse stata soppressa, ma ridistribuita, ostava a considerare la situazione come integrante il giustificato motivo oggettivo di licenziamento;

– l’onere della prova della inutilizzabilità del dipendente licenziando per l’espletamento di mansioni equivalenti, da intendersi in termini di ragionevolezza e desumibile anche da elementi presuntivi, doveva ritenersi assolto considerando: l’avvio di una procedura di licenziamento collettivo ex L. n. 223 del 1991, del gennaio 2003 (antecedente al primo licenziamento) per 45 dipendenti di cui 12 impiegati e 2 quadri; gli intervenuti accordi sindacali (anch’essi antecedenti il primo licenziamento) per la collocazione in mobilità di 30 dipendenti, di cui 7 impiegati e 23 operai, nelle date del 17 e 18 febbraio; le dichiarazioni testimoniali che avevano confermato il processo di ristrutturazione a partire dal gennaio 2003; la riduzione del personale della Terra Armata, in tale anno, da 100 dipendenti a 40 (scesi nel 2006 a 12); l’assenza di nuove assunzioni dal 2003 in poi; lo stato di crisi aziendale dopo il dicembre 2002 e il coinvolgimento nella procedura di mobilità della metà degli impiegati; pertanto poteva desumersi la prova che, già all’epoca del primo recesso, l’ A. non avrebbe potuto essere utilizzato in altre posizioni lavorative, stante la drastica riduzione del personale, che aveva interessato tutte le categorie (operai, impiegati e quadri), con assenza di nuove assunzioni dal 2003 in poi, e fino all’attuale consistenza della forza lavoro, scesa al di sotto dei 15 dipendenti;

– il motivo di gravame relativo all’inefficacia del secondo licenziamento, siccome intervenuto prima della sentenza sulla ricostituzione del rapporto di lavoro, era infondato, in ragione dei fatto che la Società datrice aveva già provveduto a reintegrare il ricorrente in servizio (in ottemperanza al precedente provvedimento cautelare) e che solo successivamente aveva intimato il licenziamento;

– l’accoglimento dell’appello della parte datoriale sulla legittimità del primo licenziamento assorbiva il motivo di gravame del lavoratore sulla nullità del secondo licenziamento in quanto impeditivo dell’esercizio del diritto di opzione per l’indennità sostituiva della reintegra in relazione al precedente recesso.

Avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale A. M. ha proposto ricorso per cassazione fondato su cinque motivi e illustrato con memoria.

L’intimata Terra Armata srl ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale fondato su un motivo e depositando memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia violazione di plurime norme di diritto, nonchè vizio di motivazione, assumendo, con riferimento al primo licenziamento, che la parte datoriale, avendo già iniziato una procedura di licenziamento collettivo per riduzione di personale, non avrebbe potuto licenziarlo per giustificato motivo oggettivo, sulla base degli stessi presupposti, senza ricorrere all’integrazione della procedura suddetta; nè la Corte territoriale aveva tenuto conto della indicata circostanza.

Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia violazione di plurime norme di diritto, nonchè vizio di motivazione, assumendo, con riferimento al primo licenziamento, che la Corte territoriale, nel ritenere che la parte datoriale aveva fornito la prova dell’impossibilità di un utile ricollocamento, non aveva considerato che, nell’arco del rapporto di lavoro, esso ricorrente aveva ricevuto per lo più incarichi di impiegato tecnico amministrativo addetto alla cantieristica e che solo nell’ultimo periodo, quando già era stato deciso di allontanarlo, era stato destinato come responsabile all’ufficio acquisti.

Con il terzo motivo il ricorrente principale denuncia violazione di plurime norme di diritto, deducendo, in relazione al secondo licenziamento, che la parte datoriale non aveva ricostituito il rapporto di lavoro, in quanto aveva disposto la sua reintegra prestando acquiescenza all’ordinanza cautelare, ma con salvezza del reclamo in corso.

Con il quarto motivo il ricorrente principale denuncia violazione di plurime norme di diritto, nonchè vizio di motivazione, svolgendo, in relazione al secondo licenziamento, censure sostanzialmente analoghe a quelle di cui al primo motivo.

Con il quinto motivo il ricorrente principale denuncia violazione di norma di diritto, assumendo, in relazione al secondo licenziamento, che tale atto era stato preclusivo del suo diritto all’esercizio dell’opzione per l’indennità sostitutiva della reintegra in considerazione dell’invalidità del precedente recesso.

Con l’unico motivo la ricorrente incidentale denuncia violazione di plurime norme di diritto, nonchè vizio di motivazione, in ordine alla intervenuta valutazione della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato inter partes, avendo la Corte territoriale trascurato la manifestazione di volontà negoziale nel senso dell’autonomia e valorizzato elementi di giudizio non decisivi ai fini de quibus.

2. La disamina del ricorso incidentale è logicamente prioritaria.

2.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini della configurabilità de lavoro subordinato e la sua distinzione da quello autonomo, sono decisivi l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro con la conseguente limitazione della sua autonomia e il suo inserimento nell’organizzazione aziendale, mentre la qualificazione del rapporto compiuta dalle parti nella iniziale stipulazione del contratto non è determinante, stante la idoneità, nei rapporti di durata, del comportamento delle parti ad esprimere sia una diversa effettiva volontà contrattuale, sia una nuova diversa volontà (cfr., ex plurimis, Cass., n. 20669/2004).

Inoltre è stato reiteratamente affermato che l’elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo, assumendo la funzione di parametro normativo di individuazione della natura subordinata del rapporto stesso, è il vincolo di soggezione personale del lavoratore – che necessita della prova di idonei indici rivelatori, incombente sullo stesso lavoratore – al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell’organizzazione aziendale; pertanto, gli altri elementi, quali l’assenza di rischio, la continuità della prestazione, l’osservanza di un orario e la forma della retribuzione, ed eventuali altri, pur avendo natura meramente sussidiaria e non decisiva, possono costituire gli indici rivelatori, complessivamente considerati e tali da prevalere sull’eventuale volontà contraria manifestata dalle parti, attraverso i quali diviene evidente nel caso concreto l’essenza del rapporto, e cioè la subordinazione, mediante la valutazione non atomistica ma complessiva delle risultanze processuali; la relativa valutazione di fatto di tali elementi è rimessa al giudice del merito, con la conseguenza che essa, se risulta immune da vizi giuridici ed adeguatamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità, ove, invece, è censurabile soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto (cfr, ex plurimis, Cass, SU, n. 379/1999;

Cass., nn. 11182/2000; 14071/2002; 4171/2006).

2.2 La sentenza impugnata, nei termini diffusamente riportati nello storico di lite, si è attenuta ai suddetti criteri, svolgendo un iter argomentativo coerente con le risultanze probatorie acquisite e scevro da vizi logici, cosicchè il motivo all’esame non può trovare accoglimento.

3. Il primo motivo del ricorso principale si fonda sull’assunto che il primo licenziamento sarebbe stato adottato in base agli stessi presupposti per i quali era stata avviata la procedura di licenziamento collettivo.

Tale assunto confligge però con il contrario accertamento in fatto, operato dalla Corte territoriale ed irretrattabile in questa sede di legittimità, secondo cui il licenziamento in parola risultava giustificato dall’effettiva abolizione dell’ufficio acquisti centralizzato di cui il lavoratore era responsabile, dunque per una ragione specifica, attinente al riassetto organizzativo, diversa e non sovrapponibile alla situazione di crisi aziendale che aveva portato all’apertura della procedura di licenziamento collettivo.

La pendenza di quest’ultima non poteva quindi considerarsi ostativa, nella ricorrenza dei presupposti fattuali, all’intimazione del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo. Il motivo all’esame va pertanto disatteso.

4. La Corte territoriale ha seguito l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui, ai fini della prova della sussistenza del giustificato motivo obiettivo del licenziamento, l’onere della dimostrazione della impossibilità di adibire il lavoratore nell’ambito della organizzazione aziendale – concernendo un fatto negativo – deve essere assolto mediante la dimostrazione di correlativi fatti positivi; detto onere deve comunque essere mantenuto entro limiti di ragionevolezza, sicchè esso può considerarsi assolto mediante il ricorso a risultanze di natura presuntiva o indiziaria, con l’ulteriore precisazione che il lavoratore, pur non essendo gravato dalla relativa incombenza probatoria, che grava per intero sul datore di lavoro, ha comunque un onere di deduzione e di allegazione di tale possibilità di reimpiego (cfr, Cass., nn. 4068/2008; 6559/2010; 3040/2011).

In tema di prova presuntiva l’orientamento della giurisprudenza di legittimità è poi nel senso che non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità; infatti, è sufficiente che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possono verificarsi secondo regole di esperienza; a tal riguardo, l’apprezzamento del giudice di merito circa l’esistenza degli elementi assunti a fonte della presunzione e circa la rispondenza di questi ai requisiti di idoneità, gravità e concordanza richiesti dalla legge, non è sindacabile in sede di legittimità, salvo che risulti viziato da illogicità o da errori nei criteri giuridici (cfr, ex plurimis, Cass., SU, 9961/1996; Cass., nn. 2700/1997; 26081/2005).

La motivazione svolta dalla sentenza impugnata, nei termini riportati nello storico di lite, è pienamente coerente con le esaminate emergenze processuali, scevra da vizi logici e pertinente all’intero contesto aziendale, cosicchè deve escludersi la fondatezza anche del secondo motivo del ricorso principale.

5. Il rigetto dei primi due motivi del ricorso principale produce l’inammissibilità delle restanti doglianze, non avendo il ricorrente più interesse a dolersi della ritenuta legittimità del secondo licenziamento una volta che si sia definitivamente formato il giudicato sulla legittimità del primo recesso datoriale, come tale produttivo della risoluzione del rapporto di lavoro.

6. In definitiva sia il ricorso principale che quello incidentale vanno rigettati.

La reciproca soccombenza consiglia la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale; spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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