Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-06-2011) 16-11-2011, n. 42141

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza del 16 dicembre 2010 il GIP del Tribunale di Catania disponeva la custodia cautelare in carcere nei confronti di A.R., indagata del delitto di partecipazione all’associazione mafiosa Morabito-Rapisarda operante a Paternò ed affiliata alla più ampia organizzazione delinquenziale intesa Laudani-Mussì di ficurinia (capo A) e di tre distinti reati di estorsione in danno della ditta Pannitteri (capo B), di B. O. (capo C) e di S.S. (capo E).

Pronunciando sulla richiesta di riesame proposta dall’indagata, il Tribunale di Catania, in funzione di giudice del riesame, con l’ordinanza indicata in epigrafe, accoglieva parzialmente la richiesta solo con riferimento ai reati di cui ai capi C) ed E), mentre confermava nel resto.

Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore ha proposto ricorso per cassazione affidato alle ragioni di censura di seguito indicate.

2. – Con il primo – articolato – motivo d’impugnazione, parte ricorrente deduce violazione dell’art. 267 c.p.p.. Argomenta, al riguardo, che la sola fonte indiziaria era legata alle intercettazioni ambientali effettuate all’interno dell’autovettura (OMISSIS) in uso ad A.G., nel lasso di tempo dal dicembre 2004 al maggio 2005. Il 20.7.2004 il PM disponeva d’urgenza intercettazione ambientale su altra autovettura Fiat Punto tg.

(OMISSIS) in uso allo stesso A.. Poichè il coindagato aveva poi cambiato l’autovettura, usandone altra (Lancia tg. (OMISSIS)), il PM con decreto del 13.12.2004 aveva trasferito l’ascolto su quest’ultima, sull’erroneo presupposto che il decreto del 20.7.2004 fosse trasferibile ad altra autovettura. Sarebbe stato necessario, invece, un autonomo decreto autorizzativo, senza che la necessaria autorizzazione potesse in alcun modo ritenersi contenuta, per implicito, nel provvedimento di proroga, peraltro tardivo.

In ogni caso, il decreto del 20.7.2004 era nullo per mancanza di motivazione sulla necessità di fare ricorso ad impianti di ascolto esterni alla Procura, non essendo sufficiente il richiamo alla mancanza di risponditore.

Il regime delle proroghe, poi, non era regolare, essendosi verificate fratture nella sequenza temporale, sicchè sarebbe stato necessario un nuovo decreto ex art. 267 c.p.p.. Indebitamente il decreto di proroga del 15.12.2004 era stato tramutato dal giudice del riesame in autonomo decreto autorizzativo.

Erroneamente, inoltre, era stata rigettata l’eccezione di inutilizzabilità per mancata trasmissione di atti d’indagine, facendo carico alla difesa di non avere indicato il contenuto favorevole di atti ai quali non aveva potuto accedere. Il secondo motivo deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) in ordine alla ritenuta sussistenza di gravi indizi relativamente all’esistenza del sodalizio mafioso ed all’appartenenza ad esso dell’indagata, non essendo condivisibile la lettura delle captazioni da parte del giudice del riesame.

Anche in ordine all’estorsione Pannitteri, gli indizi erano insussistenti, essendo state addotte solo presunzioni ed apoditticità manifeste.

3. – La prima censura, relativa alla pretesa violazione dell’art. 267 c.p.p., con riferimento all’autovettura nella quale è stato effettuato l’ascolto, asseritamente diversa da quella rispetto alla quale l’ascolto era stato autorizzato, va disattesa per genericità, posto che il ricorso è privo del connotato dell’autosufficienza, la cui necessità è stata, più volte, affermata da questa Corte regolatrice anche con riferimento alla materia penale (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 22.1.2010, n. 11910, rv. 246552; id. sez, 4, 16.12.2009, n. 3360, rv. 246499). E’ appena il caso di considerare che, a tutto concedere, l’eventuale fondatezza dell’eccezione – con conseguente rilievo di inutilizzabilità di talune captazioni – sarebbe ininfluente sul piano della legittimità della misura cautelare, che si reggerebbe, comunque, in forza di prova cd. di resistenza, su altre risultanze probatorie, specificamente indicate, segnatamente le propalazioni accusatorie di collaboratori di giustizia.

La doglianza relativa alla motivazione dei decreti autorizzativi delle intercettazioni ripropone, poi, questione di rito già sollevata in sede di gravame, in ordine alla quale la risposta motivazionale del giudice a quo appare ineccepibile ed esaustiva, nel rilievo della piena adeguatezza delle indicate ragioni di indisponibilità degli impianti di ascolto presso la Procura.

Infondata è anche la questione relativa al regime delle proroghe dei provvedimenti autorizzatoti, in quanto è giuridicamente corretta la risposta argomentativa resa dal giudice del riesame alla stessa questione, con riferimento all’insegnamento di legittimità che ritiene che il decreto di proroga intervenuto dopo la scadenza del termine di durata delle intercettazioni è invalido come proroga, dovendo necessariamente intervenire – per essere tale – prima della relativa scadenza, ma nondimeno può valere come autonomo provvedimento autorizzatorio, ove sia dotato dei prescritti requisiti. Nella direzione della relativa verifica, l’esame del giudice a quo è stato positivamente compiuto, peraltro con coefficiente di attenzione tale da consentire l’individuazione di un lasso di tempo scoperto nella sequela delle proroghe, con conseguente riconoscimento di inutilizzabilità delle captazioni medio-tempore effettuate.

Ineccepibile è anche la risposta motivazionale dello stesso giudice in ordine all’eccezione relativa alla segnalata mancanza nell’incartamento processuale di atti di indagine, sul riflesso che parte ricorrente non aveva assolto all’onere di indicare specificamente quali atti, asseritamente non trasmessi, avessero contenuto oggettivamente favorevole all’indagata, secondo indiscusso insegnamento di questa Corte regolatrice, opportunamente richiamato nell’impugnata ordinanza.

Prive di fondamento sono anche le doglianze relative all’idoneità del quadro indiziario, così come ritenuto nella struttura motivazionale del provvedimento in esame. Non presenta, infatti, errori od incongruenze di sorta l’insieme giustificativo in forza del quale il giudice del riesame ha ritenuto che il compendio indiziario in atti fosse dotato di gravità tale da legittimare la misura custodiale. Al riscontro ab extrinseco di congruità e correttezza dell’impianto motivazionale deve arrestarsi la verifica di questa Corte di legittimità, alla quale non è consentita una rilettura del contenuto delle intercettazioni o delle propalazioni dei collaboratori di giustizia al fine di saggiarne l’effettiva valenza dimostrativa.

4. – Per quanto precede, il ricorso – globalmente considerato – deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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