Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-06-2011) 16-11-2011, n. 42139 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con decreto del 9 dicembre 2010 il GIP del Tribunale di Gela disponeva il sequestro preventivo di un capannone industriale sito in (OMISSIS), in catasto f. 150, p. 240, intestato alla società IMPRECEM. Secondo la tesi accusatoria recepita dal GIP, la società in questione sarebbe stata appositamente costituita – con la partecipazione di soci e componenti del consiglio di amministrazione del consorzio CONAPRO, poi dichiarato fallito con sentenza del 23.3.2006 – allo scopo di acquistare con danaro proveniente dallo stesso consorzio il detto capannone, mascherando i flussi finanziari necessari all’operazione mediante operazioni contabili e bancarie fittizìe e fraudolente.

Le indagini avevano preso le mosse dalla denuncia di tale S. G., legale rappresentante della cooperativa EDILPONTI, che aveva lamentato una serie di irregolarità commesse dagli amministratori e dal legale rappresentante del CONAPRO. Pronunciando sulla richiesta di riesame proposta in favore degli indagati, il Tribunale del riesame di Caltanissetta, con il provvedimento in epigrafe indicato, confermava il disposto sequestro.

Avverso l’anzidetta pronuncia, il difensore dell’IMPRECEM ha proposto ricorso per cassazione, per le ragioni di seguito indicate.

2. – Con unico motivo d’impugnazione parte ricorrente denuncia violazione di legge ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all’art. 321 c.p.p., art. 125 c.p., comma 3, art. 240 c.p. e L. Fall., art. 216, nn. 1 e 2.

Contesta, in particolare, le ragioni in forza delle quali il Tribunale aveva ritenuto sussistenti i presupposti di legge della disposta misura cautelare, condividendo la ricostruzione accusatoria recepita dal GIP. 3. – Il ricorso si colloca in area assai prossima alìinammissibilità, nella misura in cui sembra prospettare mere censure allo sviluppo argomentativo della motivazione del provvedimento impugnato, in violazione dell’art. 325 c.p.p., che, in tema di impugnazione delle misure cautelari reali, consente il ricorso per cassazione soltanto per violazione di legge. Nondimeno, in ragione della censura di parte ricorrente secondo cui la motivazione addotta sarebbe meramente apparente e, dunque, sostanzialmente inesistente, la dedotta carenza di motivazione è sussumibile nella tipologia della violazione di legge, a mente dell’art. 125 c.p.p. e art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), restando, ovviamente, estraneo all’ambito concettuale della violazione di legge il vizio dell’illogicità manifesta, denunciabile in sede di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) del menzionato art. 606 c.p.p. (cfr.

Cass. Sez. Un. 28.1.2004, n. 5876, rv. 226710; Cass. Sez. 4, 21.1.2004, n. 5302, rv. 227095).

Tanto premesso, la doglianza è certamente infondata, non essendo condivisibile il rilievo di mancanza di valida struttura motivazionale, che, invece, sussiste ed è esaustivamente indicativa dei presupposti di legittimità della misura cautelare adottata. Ed invero, quanto al fumus commissi delicti, ha dato, compiutamente, conto dell’astratta configurabilità delle fattispecie di bancarotta fraudolenta in questione. Al riguardo, è appena il caso di ricordare come, in sede di riesame, sia sufficiente l’astratta delibazione della riconducibilità della fattispecie all’indicato paradigma normativo, non competendo al giudice del riesame una valutazione, funditus in merito alla sussistenza ed alla gravità degli indizi di colpevolezza, propria del giudizio di cognizione. E’, infatti, ius reception, alla luce di ripetute pronunce delle Sezioni Unite di questa Suprema Corte, che il controllo del giudice del riesame, in tema di misure cautelari reali, non può investire la concreta fondatezza dell’accusa, ma deve limitarsi all’astratta possibilità di sussumere il fatto in questione in una determinata ipotesi di reato (cfr., tra le altre, Cass. SU 25.3.1993, Gifuni, rv. 193117;

cfr., pure, Corte Cost. 17.2.1948, n. 48, secondo cui al tribunale investito del gravame in tema di applicazione di misure cautelari reali è preclusa ogni valutazione sulla sussistenza e gravità degli indizi di colpevolezza). Nel caso in esame, emerge chiaramente dal compendio motivazionale che l’ipotesi accusatoria per la quale si sta procedendo è quella di cui alla L. Fall., art. 216, comma 1, nn. 1 e 2 e L. Fall., art. 223 a carico di presidente e componenti del eda del consorzio CONAPRO, perchè, consapevoli dello stato di decozione in cui versava il detto consorzio, avrebbero utilizzato risorse finanziarie dello stesso per l’acquisto dalla società CAIMEX di un capannone industriale, apparentemente effettuato dalla detta società IMPRECEM da poco costituita con la partecipazione degli stessi soggetti.

La riferita fattispecie era astrattamente riconducibile alla previsione della bancarotta fraudolenta per distrazione e la sommaria delibazione all’uopo compiuta dal giudice a quo deve ritenersi, pertanto, giuridicamente corretta.

Quanto al periculum in mora, il compendio argomentativo della motivazione in esame ha dato adeguato conto della pertinente valutazione, in termini largamente positivi, in ragione della prospettata esigenza di impedire che il reato fosse portato ad ulteriori conseguenze e di vincolare il bene, strumentalmente distratto dal patrimonio del consorzio poi fallito, a garanzia dei creditori.

Dunque, per entrambi i presupposti, la necessaria delibazione risulta, correttamente, compiuta e l’apprezzamento che la sostanzia si sottrae, per quanto si è detto, al sindacato di legittimità. 4. – Per quanto precede, il ricorso – globalmente considerato – deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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