Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-05-2012, n. 8297 U. S. L.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al Giudice del lavoro del Tribunale di Sassari in data 14- 9-2006 C.M., affermava:

che ai sensi degli artt. 10 e 21 del CCNL 7 aprile 1999 del comparto sanitario le AUSL hanno l’obbligo di procedere alla istituzione ed al conferimento delle posizioni organizzative al personale sanitario e tecnico, con conseguente attribuzione della relativa indennità;

che la AUSL n. (OMISSIS), solo a seguito di ricorso S.D.L., ex art. 28 (concluso con ordinanza con cui era stato ordinato all’azienda di desistere dal comportamento omissivo, ottemperando all’impegno assunto in sede sindacale) depositava un elenco graduato di posizioni organizzative, che comprendeva anche l’incarico della ricorrente;

che successivamente l’azienda aveva omesso di provvedere a fissare il valore economico delle singole posizioni;

che solo in data 18-12-2002 era stato attribuito il punteggio proprio della posizione organizzativa della ricorrente e che solo con nota del 31-7-2003 il direttore generale aveva comunicato il nuovo elenco delle p. o., con la relativa graduazione, facendole però decorrere dal 1-7-2003 e non dal 1-7-2000, assegnando alla ricorrente il punteggio di 24/25;

che in qualità di collaboratore direttivo professionale (cat. D) era preposta quale responsabile alla gestione degli ambulatori del Presidio Ospedaliero di Sassari;

che l’incarico conferitole con specifico contratto individuale del 24- 6-2003, ma con decorrenza dal 28-4-2003 costituiva posizione organizzativa;

che il valore di detta posizione non poteva essere inferiore a quello riconosciutole dalla direzione aziendale, con decorrenza dal 1 biennio di applicazione del contratto;

che vana era stata però ogni richiesta rivolta all’Amministrazione.

Tutto ciò premesso, e rammentato che la commissione di conciliazione si era espressa nel senso di riconoscere alla lavoratrice le somme individuate sulla base della proposta alla RSU del luglio 2004, la ricorrente, assumendo di avere quanto meno diritto al risarcimento del danno per perdita di chance per la mancata attribuzione della p.o. con valore di 30/45 riconosciuto dalla stessa Amministrazione, e con l’indennità annua di Euro 6197,46, concludeva chiedendo la condanna della AUSL n. (OMISSIS) a corrispondere in suo favore la somma di Euro 21.164,65 o in subordine di Euro 16.010,10 a titolo di danno per la perdita di chance, derivante dall’inadempimento da parte dell’azienda.

La AUSL si costituiva deducendo che nessun obbligo, ma solo una discrezionale facoltà, derivava dal CCNL in capo alle AUSL, di istituire e remunerare le p.o.. Contestava inoltre che l’incarico conferito comportasse il pagamento dell’indennità, poichè non vi era stato conferimento di p.o., nè vi era alcun automatismo, e rilevava che il documento del servizio personale era una mera proposta interna, priva di effetti, e che, non essendovi alcuna domanda diretta ad accertare il diritto all’attribuzione di p.o., neppure poteva esservi domanda di condanna, laddove, comunque, l’attività svolta non concretava gli estremi richiesti dall’art. 20 del CCNL. Il Giudice del lavoro del Tribunale di Sassari, con sentenza n. 214 del 2008, in accoglimento della domanda condannava la AUSL al pagamento della somma di Euro 16.010,10 con gli interessi legali, oltre le spese.

La AUSL n. (OMISSIS) proponeva appello avverso la detta sentenza, chiedendone la riforma con il rigetto della domanda.

L’appellata si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte d’Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, con sentenza depositata il 26-11-2009, rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese.

In sintesi la Corte territoriale riteneva che correttamente il primo giudice aveva affermato che, in base agli artt. 20 e 21 del CCNL, l’azienda aveva l’obbligo di istituire le posizioni organizzative, e ciò sin dalla entrata in vigore del contratto, senza alcuna discrezionalità, il tutto nell’ambito della ricognizione delle situazioni lavorative già esistenti (e non con assegnazione di ulteriori e più delicate mansioni) sulla base dei parametri indicati dall’art. 21 del CCNL. Stante, quindi, tale inadempimento da parte dell’azienda fin dal 1-1- 2000, la Corte di merito riconosceva il diritto della C. al risarcimento del danno da perdita di chance, rilevando che era emerso dagli atti preparatori (Delib. del 2002 e del 2003) che la dipendente aveva ricoperto posizioni ivi sempre indicate come posizioni organizzative, alle quali sarebbe stata connessa l’indennità di posizione, che peraltro non era incompatibile con la indennità di coordinamento.

Per la cassazione di tale sentenza la AUSL n. (OMISSIS) Sassari ha proposto ricorso con due motivi.

La C. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione degli artt. 20 e 21 del CCNL del comparto Sanità, personale non dirigente, parte normativa 1998-2001 del 7-4-1999, sostiene: che le posizioni organizzative devono essere istituite "in relazione alle esigenze di servizio" "e dunque senza vincoli nè di numero nè di corrispondenza con le strutture preesistenti; che tali posizioni sono state in concreto istituite in seguito ad una proposta della AUSL presentata alle OO.SS. il 28-7-2005, ad un accordo integrativo aziendale sottoscritto con le OO.SS. il 29-9-2005 ed all’accordo conclusivo sottoscritto il 20-10-2005, con il quale è stato approvato l’elenco delle posizioni organizzative ed il regolamento per la loro attribuzione; che deve ritenersi che solo gli atti conclusivi del procedimento abbiano concreto ed effettivo valore giuridico e non anche gli atti endoprocedimentali che, ritenuti sbagliati, non sono stati coltivati dall’amministrazione; che in definitiva il preteso ritardo della AUSL nel dare esecuzione all’art. 20 citato non determina una perdita di chance risarcibile.

Con il secondo motivo, denunciando violazione dei citati articoli del detto CCNL e vizio di motivazione, la ricorrente deduce che "anche nella contestata ipotesi in cui possa ritenersi che le posizioni organizzative non dovessero essere istituite come nuova forma organizzativa, ma costituissero una sorta di nuova denominazione di servizi e funzioni già esistenti, sarebbe comunque illogico attribuire un risarcimento del danno per perdita di chances in misura corrispondente "a tutto il periodo di vigenza del CCNL". La ricorrente inoltre lamenta che la Corte d’Appello non ha dato alcuna motivazione nè sui tempi occorrenti per la decorrenza della ipotizzata nomina nè del perchè l’importo del risarcimento del danno da perdita di chances debba essere maggiore della retribuzione spettante a chi, ottenuta la nomina in tempi congrui, abbia in concreto svolto le relative funzioni ed assunto le conseguenti responsabilità".

Osserva il Collegio che il primo motivo è fondato, restando assorbito il secondo, e tanto basta per accogliere il ricorso della AUSL n. (OMISSIS) di Sassari.

Come è stato affermato da questa Corte (v. Cass. 6-9-2011 n. 18248), "in tema di personale sanitario non dirigente, l’art. 20, comma 1, del CCNL Comparto Sanità 1998-2001, stipulato il 17 aprile 1999, tanto per il suo contenuto testuale quanto per effetto del suo coordinamento con le disposizioni dei successivi commi 2 e 3, nonchè del successivo art. 21, commi 1 e 2 nel prevedere la istituzione, da parte delle Aziende e degli enti del comparto, delle posizioni organizzative, non impone un obbligo incondizionato, ma lascia spazio ad una ampio margine di apprezzamento in ordine alle specifiche esigenze aziendali, e, in ogni caso, non consente di configurare le relative decisioni come meramente ricognitive della situazione esistente, esplicando queste, invece, funzione costitutiva delle precisate posizioni organizzative. Ne consegue che, prima della istituzione di tali posizioni, non è configurabile un danno da perdita di chances per il dipendente che assuma che egli sarebbe stato, con elevata probabilità, destinatario di una di essa".

In particolare questa Corte, tra l’altro, ha rilevato che "costituisce una lettura evidentemente riduttiva del testo contrattuale ritenere che la disposizione contenuta nell’art. 20, comma 1 secondo il quale le aziende "istituiranno" posizioni organizzative, sia fonte di un obbligo incondizionato ed a contenuto determinato. Da un lato infatti l’istituzione di dette posizioni è chiaramente correlata alle esigenze di servizio, dall’altro la concreta determinazione delle posizioni stesse è soggetta a valutazioni largamente rimessa alle Aziende".

Nel contempo è stato anche evidenziato che "ben poco persuasiva, perchè lontana dalla stessa evidenza testuale del contratto, è poi la tesi che patrocina la natura essenzialmente ricognitiva delle operazioni demandate alle aziende, chiaramente incompatibile con il significato del termine "istituire", che evoca bensì un obbligo, sia pur nei limiti e con le precisazioni indicati…, ma un obbligo il cui contenuto è quello di dar vita ad atti aventi tipicamente funzione costitutiva".

Pertanto è stato affermato che "se quindi l’obbligo delle Aziende è quello di istituire le posizioni organizzative, è chiaro che solo una volta che esso sia stato adempiuto sarà individuabile il parametro rispetto al quale poter verificare la maggiore o minore probabilità che il dipendente consegua la titolarità di una di esse".

Il detto principio va qui nuovamente enunciato, con il corollario che al riguardo assume rilevanza soltanto l’atto costitutivo della istituzione delle dette posizioni organizzative, a nulla rilevando gli eventuali atti preparatori endoprocedimentali.

In tali sensi va accolto il ricorso e l’impugnata sentenza, che è andata in contrasto con il detto principio, va cassata.

Non essendo, poi, necessari ulteriori accertamenti di fatto e risultando la domanda introduttiva della C. fondata sulla erronea interpretazione della normativa collettiva richiamata, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda stessa.

Infine attesa la complessità della questione interpretativa, risolta soltanto di recente dalla giurisprudenza di questa Corte, ritiene il Collegio che, ex art. 92 c.p.c. nel testo vigente ratione temporis, sussistano giusti motivi per compensare le spese dell’intero processo tra le parti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta la domanda introduttiva della C.;

compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2012
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