Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-05-2012, n. 8292 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 22-5/1-6-2007 il Giudice del lavoro del Tribunale di Lanusei rigettava la domanda proposta da G.M. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, diretta ad ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra le parti per il periodo 13-1-1999/19-2-1999, per "esigenze eccezionali" ex art. 8 ccnl come integrato dall’acc. az. 25- 9-97, con la conseguente sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato e con la condanna della società al pagamento di tutte le mensilità maturate dalla data della cessazione del rapporto di lavoro, oltre accessori.

La G. proponeva appello avverso la detta sentenza, chiedendone la riforma con l’accoglimento della domanda.

La società si costituiva resistendo al gravame e riproponendo, con appello incidentale, l’eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo consenso tacito.

La Corte di Appello di Cagliari, con sentenza depositata il 29-8- 2009, rigettava l’appello principale e in accoglimento dell’appello incidentale, riformando l’impugnata sentenza, dichiarava risolto per mutuo consenso il rapporto di lavoro tra le parti.

Per la cassazione di tale sentenza la G. ha proposto ricorso con tre motivi.

La società ha resistito con controricorso.

Infine entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando vizio di motivazione, lamenta che "i dati di fatto sui quali la Corte di Appello ha operato la propria ricognizione sono esclusivamente il decorso di un certo lasso di tempo, il ricevimento senza contestazioni del libretto di lavoro e del t.f.r. e la durata del rapporto, elementi tutti che, in mancanza di comportamenti positivi ulteriori, non dimostrano in modo chiaro e certo una volontà risolutiva del rapporto.

Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., con riferimento all’art. 1422 c.c., la ricorrente in sostanza deduce che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto il rapporto di lavoro risolto per mutuo consenso sulla sola base dei detti elementi nonostante che "a) fosse pacifico tra le parti che il lavoratore era iscritto in una graduatoria di aspiranti all’assunzione predisposta dal datore di lavoro; b) fosse pacifica l’esistenza di una circolare dei datore di lavoro che vietava la stipula di contratti con i lavoratori che avevano impugnato sia giudizialmente che stragiudizialmente precedenti contratti a termine".

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta vizio di motivazione in ordine all’interpretazione degli effetti della richiesta di inclusione nella graduatoria dei c.d. trimestrali e della circolare del 14-2-2000, avendo la Corte di merito illogicamente e apoditticamente ritenuto che la prima offrisse la prova di "una volontà concorde con la risoluzione del rapporto" e che la seconda non avesse "valore confermativo dell’opposto interesse del contrattista ad avere rapporti di lavoro, sebbene solo a termine, con Poste Italiane".

I detti motivi, che in quanto connessi possono essere trattati congiuntamente, risultano fondati e vanno accolti come di seguito.

Come questa Corte ha più volte affermato "nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai scaduto, affinchè possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonchè del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo" (v. Cass. 10-11-2008 n. 26935, Cass. 28-9-2007 n. 20390, Cass. 17-12-2004 n. 23554, nonchè da ultimo Cass. 18-11-2010 n. 23319, Cass. 11-3-2011 n. 5887, Cass. 4-8-2011 n. 16932). La mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine, quindi, "è di per sè insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso" (v. da ultimo Cass. 15- 11-2010 n. 23057, Cass. 11-3-2011 n. 5887), mentre "grava sul datore di lavoro", che eccepisca tale risoluzione, "l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e certa delle parti di volere porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro" (v. Cass. 2-12-2002 n. 17070 e fra le altre da ultimo Cass. 1- 2-2010 n. 2279).

Tale principio, del tutto conforme al dettato di cui agli artt. 1372 e 1321 c.c., va ribadito anche in questa sede, così confermandosi l’indirizzo prevalente ormai consolidato, basato in sostanza sulla necessaria valutazione dei comportamenti e delle circostanze di fatto, idonei ad integrare una chiara manifestazione consensuale tacita di volontà in ordine alla risoluzione del rapporto, non essendo all’uopo sufficiente il semplice trascorrere del tempo e neppure la mera mancanza, seppure prolungata, di operatività del rapporto (contra sulla rilevanza al mero dato oggettivo della "cessazione della funzionalità di fatto del rapporto", valutato "in modo socialmente tipico" cfr. Cass. 23-7-2004 n. 13891 e Cass. 6-7- 2007 n. 15264).

Orbene nella fattispecie la Corte d’Appello, dopo aver richiamato tale ultimo indirizzo "oggettivo" (ed in specie Cass. n. 13891/2004 cit.), ha affermato che "il giudice è tenuto ad attribuire valore di dichiarazione negoziale a comportamenti sociali valutati in modo tipico, per ciò che essi socialmente esprimono", in tal modo disattendendo l’indirizzo prevalente ormai consolidato e qui ulteriormente ribadito.

In particolare la Corte territoriale in sostanza ha fondato la propria decisione soltanto sulla, pur prolungata, inerzia della lavoratrice e sulla mancanza di contestazione al momento della cessazione del contratto, in uno con la accettazione senza riserva del t.f.r., nonchè sulla breve durata del rapporto (circostanze tutte incentrate sulla complessiva inerzia della lavoratrice oltrechè sulla breve durata del contratto, sostanzialmente estranea al comportamento successivo delle parti).

In tal modo la Corte di merito ha disatteso l’indirizzo consolidato qui ribadito, valutando le circostanze richiamate sul piano meramente oggettivo, anzichè sotto il profilo della chiara e certa manifestazione tacita della volontà risolutiva di ogni rapporto.

La Corte, peraltro, in specie, neppure ha fornito una sufficiente e congrua motivazione, in ordine alla valutazione sia dell’inserimento della lavoratrice nella graduatoria sia del contenuto della circolare del 14-2-2000.

Il ricorso va pertanto accolto, con la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari in diversa composizione, la quale provvederà attenendosi al principio sopra ribadito, statuendo anche sulle spese di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Cagliari in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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