T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 21-12-2011, n. 1780

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Motivi della decisione

I. Il ricorso è infondato.

Il primo motivo di ricorso attiene alla questione centrale di questo giudizio: se con l’approvazione della variante 2004 al PRG – che nella tavola di azzonamento riportava una fascia di rispetto cimiteriale di 40 m., anziché quella di 50 m. prevista dalla legge (riportata in quanto tale, anche nella tavola dei vincoli) – il Comune di Seriate abbia integrato la procedura prevista dall’art. 338, co. 5, t.u.l.s., che consente di ridurre la fascia di rispetto "per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico".

I dati di fatto che bisogna conoscere sono i seguenti:

– la variante 2004 al PRG nella relazione tecnica non recava alcun riferimento alla decisione di voler ridurre la fascia di rispetto cimiteriale da 50 m. a 40 m. per consentire la realizzazione dell’intervento edilizio della società ricorrente;

– nella relazione tecnica alla variante 2004 il progettista si limitava a dedicare 5 righe alla fascia di rispetto cimiteriale scrivendo soltanto che "la zona di rispetto cimiteriale si estende per una profondità di 50 m. dal perimetro esterno della struttura. In Seriate, oltre alla fascia pertinente il cimitero comunale, è individuata una modesta porzione in località Bù, derivante dalla presenza in loco del cimitero di Brusaporto" (che poi è quella che riguarda l’oggetto di questo giudizio);

– nella tavola dei vincoli della variante 2004 il progettista disegna la fascia di rispetto cimiteriale in 50 m.;

– nella tavola di azzonamento della variante 2004 disegna la fascia di rispetto cimiteriale in 40 m.;

– la ASL, nel rendere il suo parere sull’approvazione della variante, si limita a scrivere che "si prende atto che la variante generale al PRG nei suoi elaborati riporta correttamente le perimetrazioni e/o fasce di rispetto relative a vincolo cimiteriale (…)" e che "il PRG riporta correttamente l’area di rispetto sia del cimitero capoluogo che quello consortile di Cassinone", dal che è quantomai arduo dedurre che la ASL abbia dato il benestare alla riduzione della fascia di rispetto, e si deduce invece che la ASL – limitandosi a sostenere che la individuazione della fascia di rispetto era corretta – non si è accorta che la tavola di azzonamento prevedeva una riduzione di 10 m. della fascia di rispetto stessa;

– il Consiglio Comunale approvava la variante 2004 PRG senza, per quanto consta al Tribunale, una specifica manifestazione di volontà sulla riduzione della fascia di rispetto;

– il Comune di Seriate rilasciava permesso di costruire alla società ricorrente;

– a seguito del rilascio del permesso di costruire, iniziavano i lavori;

– visti iniziati i lavori a poca distanza dal proprio cimitero, il Comune di Brusaporto sollecitava il Comune di Seriate a verificare il rispetto del vincolo;

– il 16. 3. 2010 il Comune di Seriate annullava in autotutela il permesso di costruire ed ordinava la demolizione di quanto già realizzato;

– il 26. 4. 2010 (quindi dopo il provvedimento impugnato, e sole due settimane prima della notifica del ricorso in giudizio) il progettista della variante al PRG – che così sinteticamente aveva liquidato la questione della fascia di rispetto nella relazione tecnica allegata alla variante di PRG (si ricorda che tutto ciò che aveva scritto sul punto nella relazione tecnica della variante era: "la zona di rispetto cimiteriale si estende per una profondità di 50 m. dal perimetro esterno della struttura. In Seriate, oltre alla fascia pertinente il cimitero comunale, è individuata una modesta porzione in località Bù, derivante dalla presenza in loco del cimitero di Brusaporto") – inviava alla società ricorrente, su richiesta di questa, una lunghissima nota di 6 pagine, densa di richiami urbanistici e giuridici, in cui cercava di dimostrare che la riduzione della fascia di rispetto non era frutto di un errore da lui commesso nella redazione della tavola di azzonamento (che contrastava non solo con la tavola dei vincoli, ma anche con la relazione tecnica in cui non si dava conto in alcun modo di riduzioni della fascia), ma il frutto di una volontà consapevole (sia pure molto implicita) del Consiglio comunale;

– sulla base di questa nota che la difesa della ricorrente vorrebbe considerare come una sorta di interpretazione autentica della variante, è impostata la deduzione della ricorrente sulla applicabilità al caso di specie della previsione dell’art. 338, co. 5, t.u.l.s. secondo cui "per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienicosanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre".

A questa prospettazione si obiettano le seguenti considerazioni:

– l’art. 338, co. 5, t.u.l.s. è stato dettato per il caso ci siano delle esigenze di interesse pubblico prevalenti rispetto a quelle esigenze di tutela sanitaria e pietas nei confronti dei defunti che presiedono al mantenimento della fascia di rispetto; le ragioni di interesse pubblico possono consistere nella necessità di realizzare un’opera pubblica (e sicuramente non è questo il caso) oppure un "intervento urbanistico";

– la espressione "intervento urbanistico" è sufficientemente generica per ricomprendere anche la costruzione di edifici privati, ma non può legittimare la mera costruzione di un singolo intervento edilizio privato, perché richiede una più generale scelta dell’ente locale di riqualificazione o ridefinizione urbanistica della zona;

– nel caso in esame, il Comune si ritroverebbe ad aver disposto la riqualificazione urbanistica di una zona del territorio comunale senza neanche saperlo, il che è davvero pretendere troppo;

– inoltre, ogni "intervento urbanistico", nella accezione appena spiegata, impone che sia adeguatamente valutato l’impatto dello stesso nella zona per armonizzarlo con la edificazione già esistente;

– nulla di tutto questo è stato fatto nel caso in esame, dove il richiamo alla procedura del quinto comma dell’art. 338 t.u.l.s. è servito soltanto a giustificare a posteriori un errore materiale nella redazione della cartografia della tavola di azzonamento.

II. Nel secondo motivo di ricorso si deduce che il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 21nonies l. 241/90 per mancata indicazione dell’interesse all’annullamento del titolo.

Il motivo è infondato.

Il Comune ha specificato che il privato vanta un affidamento al mantenimento della situazione determinata dal provvedimento nei cui confronti si opera in autotutela, ma anche che tale affidamento deve essere superato dalle ragioni di tutela sanitaria cui presiede il mantenimento della fascia di rispetto, che sono prevalenti rispetto alle mere esigenze edilizie in cui consiste l’affidamento del ricorrente.

Si tratta di motivazione corretta (l’affidamento non è insuperabile, basta motivare sulle ragioni per cui lo si supera) e congrua (le ragioni sanitarie sono effettivamente di maggior peso di quelle edilizie e patrimoniali); perciò non merita la censura che le è stata rivolta.

III. Nel terzo motivo di ricorso si sostiene che il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione del principio del contrarius actus, non essendo stato chiesto il parere alla ASL nella procedura di annullamento.

Il motivo è infondato.

Il principio del contrarius actus non è previsto da nessuna norma né di legge, né di regolamento, ma è frutto di elaborazione giurisprudenziale da verificare caso per caso.

Nel caso in esame il provvedimento in autotutela è stato disposto per la mancanza di conformità urbanistica dell’intervento (in quanto la estensione della fascia di rispetto cimiteriale deriva direttamente dalla legge, e la previsione di legge non era stata derogata nelle forme consentite dal quinto comma dell’art. 338 t.u.l.s), e sulla esistenza o meno di conformità urbanistica nulla può dire la ASL, il cui parere presiede ad esigenze di carattere sanitario che erano estranee alla motivazione del provvedimento impugnato.

Non era pertanto utile acquisire tale parere, la cui acquisizione avrebbe, al contrario, aggravato il procedimento in violazione dell’art. 1, co. 2, l. 241/90.

IV. Nel quarto motivo si deduce che il provvedimento sarebbe illegittimo per illogicità, travisamento e violazione del principio di proporzionalità perché sarebbe stato annullato il titolo ed ordinata la demolizione dell’edificio solo della parte che ricade in fascia di rispetto, ma – siccome tale demolizione parziale non sarebbe materialmente possibile – ciò equivarrebbe a dover demolire l’intero.

Il motivo di ricorso dice più di quanto dica il provvedimento.

Il provvedimento si limita ad annullare il titolo nella parte relativa all’edificio che ricade nella fascia di rispetto, e la ricorrente censura in questo motivo la circostanza che inevitabilmente dovrà demolire anche il resto.

Ma non è – allo stato, e salvo diverso titolo – obbligata a farlo.

E quindi non può lamentarsi che debba demolire qualcosa che nessuno le ha ordinato di demolire.

V. Nel quinto motivo si deduce il provvedimento di demolizione sarebbe illegittimo per illegittimità derivata dal vizio dell’annullamento del titolo.

Ma non essendo fondati i motivi aventi ad oggetto l’annullamento in autotutela del titolo, non è fondato neanche il motivo di illegittimità derivata.

VI. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RESPINGE il ricorso.

CONDANNA la ricorrente al pagamento in favore del Comune di Seriate delle spese di lite, che determina in euro 4.000, oltre i.v.a. e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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