Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-06-2011) 16-11-2011, n. 42101

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione M.E. avverso la sentenza del Tribunale di Napoli in data 23 febbraio 2010, di conferma di quella di primo grado che lo aveva condannato in ordine ai reati di ingiuria e minacce, posti in essere in danno di M.A., il 16 giugno 2003. Erano state emesse contestualmente le dovute statuizioni civili.

Deduce:

1) la inosservanza degli artt. 522 e 517 c.p.p..

Alla udienza del 30 novembre 2006 il Pm aveva effettuato una contestazione suppletiva e la parte chiedeva termine a difesa. Alla successiva udienza però il Giudice di prime cure aveva escluso il diritto a richiedere nuove prove sul presupposto che non ricorresse la ipotesi dell’art. 519 c.p.p. ma si fosse trattato di una mera precisazione della imputazione che già conteneva, nella descrizione, tutti gli elementi poi riformulati nel nuovo capo di imputazione.

Invece era stata posta in essere una vera e propria contestazione suppletiva di reato concorrente (ex artt. 81 e 594 c.p.) e l’Imputato avrebbe dovuto fruire del diritto alla prova sul tema.

In secondo luogo la difesa lamenta la mancata risposta, da parte del giudice dell’appello, alla questione sul se possa formare oggetto di contestazione suppletiva un reato che già risultava dagli atti di indagine;

1) il vizio di motivazione sulla responsabilità del ricorrente.

Successivamente al 9 giugno 2010 è pervenuta una memoria della parte civile che evidenziava come il ricorso fosse tardivo.

Il termine per il ricorso non poteva farsi decorrere dalla notificazione dell’estratto contumaciale, essendo stato, l’imputato presente alle udienze di novembre e dicembre 2008.

Il ricorso è inammissibile per tardività.

Come posto in evidenza fondatamente dalla parte civile, il termine di trenta giorni, per impugnare la sentenza del Tribunale di Napoli del 23 febbraio 2010 decorreva dallo scadere dei quindici giorni previsti ordinariamente per il deposito della sentenza, nella specie rispettati (il deposito è avvenuto l’8 marzo 2010): con la conseguenza che il detto termine per l’impugnazione maturava il 10 aprile 2010 e non risulta rispettato.

Il ricorso è stato infatti depositato il 27 aprile 2010.

Il fatto, poi, che l’imputato risulti formalmente qualificato in sentenza come contumace non rileva una volta acclarato che tale condizione non poteva ricorrere.

Infatti nell’ipotesi di assenza dell’imputato, il termine di impugnazione decorre dalla scadenza del termine prescritto per il deposito della sentenza e non dalla notifica dell’estratto che sia stata effettuata per errore, sul presupposto, non fondato, che fosse invece contumace (Rv. 202631; massime precedenti Conformi: Rv.

191460; massime precedenti Conformi Sezioni Unite: N, 12 del 1976).

Nella specie la contumacia è stata dichiarata senza che ne ricorressero i presupposti atteso che l’imputato fu presente alle udienze di novembre e dicembre 2008.

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in Euro 500.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di Euro 500 (cinquecento).

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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