Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-05-2012, n. 8290

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 14-6-2007 il Giudice del lavoro del Tribunale di Grosseto dichiarava che fra la s.p.a. Poste Italiane e P. N. era intervenuto un rapporto di lavoro a tempo indeterminato sin dal 2-7-2002.

Ritenuta la nullità parziale del contratto a termine stipulato per il periodo 2-7-2002/30-9-2002, il giudice condannava la società datrice di lavoro a riammettere il lavoratore in servizio ed a corrispondere le retribuzioni dalla data di messa in mora.

La società proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con il rigetto della domanda di controparte.

Il N. si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte di Appello di Firenze, con sentenza depositata l’1-10-2009, rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese.

Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con cinque motivi.

Il N. ha resistito con controricorso.

Infine la società ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, lamenta che la Corte di merito, accedendo ad "una interpretazione del D.Lgs. n. 368 del 2001 e dell’art. 11 Cost. del tutto arbitraria", in sostanza, erroneamente ha ritenuto che anche dopo l’abrogazione della precedente disciplina ( L. 230 del 1962 e L. n. 56 del 1987), sarebbe ancora immanente al sistema il principio secondo cui il contratto a tempo determinato rappresenta ancora oggi una eccezione, continuando ad essere la regola il rapporto a tempo indeterminato, così, peraltro, risolvendo "da sè" i problemi derivanti dai rapporti fra diritto europeo e nazionale, coinvolgenti anche aspetti costituzionali, anzichè utilizzare lo strumento pregiudiziale previsto dall’ordinamento comunitario o provocare il sindacato di costituzionalità davanti la Corte Costituzionale.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando "violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro" e "nullità del procedimento", ribadisce la propria lettura del D.Lgs. n. 368 del 2001 e della direttiva comunitaria 99/70 e sostiene la legittimità del contratto a termine de quo concluso in base agli accordi sindacali sulla mobilità interaziendale intervenuti.

Con il terzo motivo, la ricorrente, denunciando "violazione e falsa applicazione di norma di diritto e del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1" e "nullità del procedimento" in sostanza lamenta che erroneamente la sentenza impugnata ha affermato che, in ordine alla causale sostitutiva, fosse necessaria la indicazione nominativa del lavoratore sostituito.

Osserva il Collegio che i primi due motivi risultano in parte inammissibili, in quanto o del tutto generici e astratti, ed in parte infondati, mentre il terzo va accolto come di seguito.

Premesso che (come si legge anche nello stesso ricorso della società), il contratto per cui è causa è stato stipulato per il periodo 2-7-2002/30-9-2002 ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001 "per esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione (…) nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi 17, 18 e 23 ottobre (…) congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie contrattualmente dovute (…)", la sentenza impugnata, in sostanza, ha affermato che "la clausola che si legge nel contratto individuale si limita ad enunciare una causale astratta senza alcun riferimento alla fattispecie concreta", in modo tale da rendere impossibile "sulla base della lettura del contratto individuale, l’immediato controllo giudiziale del concreto nesso di causa fra l’assunzione e la causale enunciata, anche ai fini della verifica di trasparenza e immodificabilità", e, in relazione alle esigenze sostitutive ha rilevato la nullità del termine "difettando la indicazione del dipendente sostituito".

Premesso che "l’indicazione di due o più ragioni legittimanti l’apposizione di un termine ad un unico contratto di lavoro non è in sè causa di illegittimità del termine per contraddittorietà o incertezza della causa giustificatrice dello stesso, restando tuttavia impregiudicata la valutazione di merito dell’effettività e coerenza delle ragioni indicate" (v. Cass. 17-6-2008 n. 16396), osserva il Collegio che, per quanto riguarda la prima causale la decisione impugnata è conforme ai principi affermati in materia da questa Corte.

In particolare, come è stato precisato da Cass. 27-4-2010 n. 10033, l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 "a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione fra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa. Spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità, la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto".

Orbene nella fattispecie, anzichè censurare specificamente la affermazione della Corte di merito sulla assoluta genericità e astrattezza della prima causale indicata nel contratto individuale, la ricorrente, in sostanza, senza fornire alcuna sufficiente indicazione sul contenuto della relativa clausola idonea a contrastare, sul punto, la decisione impugnata, con il primo e con il secondo motivo si limita a ribadire la propria lettura del D.Lgs. n. 368 del 2001 e della direttiva 99/70.

Tale lettura, peraltro, è stata disattesa da questa Corte fin dalla pronuncia del 21-5-2008 n. 12985, che ha affermato che "il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 anche anteriormente alla modifica introdotta dalla L. n. 247 del 2007, art. 39 ha confermato il principio generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato, costituendo l’apposizione del termine un’ipotesi derogatoria pur nel sistema, del tutto nuovo, della previsione di una clausola generale legittimante l’apposizione del termine "per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo".

Fondato, risulta, invece il terzo motivo, relativo alla seconda causale, che (al di là della formulazione che ricalca precedenti ipotesi previste in sede collettiva in base alla disciplina previgente L. n. 56 del 1987, art. 23) riguarda chiaramente le ragioni sostitutive pure previste dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1.

Con riferimento a tali ragioni questa Corte (v. Cass. 26-1-2010 n. 1576, Cass. 26-10-2010 n. 1577) ha precisato che "nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità".

Erroneamente, quindi, la sentenza impugnata ha ritenuto, sul punto, la nullità del termine per la mancanza della indicazione del dipendente sostituito.

Il terzo motivo va quindi accolto, così risultando assorbiti il quarto (riguardante le conseguenze economiche della nullità del termine) e il quinto (concernente in sostanza la prova dell’aliunde perceptum) e la impugnata sentenza va cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione, la quale provvedere attenendosi al principio sopra richiamato, statuendo anche sulle spese di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi due motivi, accoglie il terzo, assorbiti il quarto e il quinto, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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