Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-06-2011) 16-11-2011, n. 42097

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Palermo, con la sentenza del 25 febbraio 2010 ha parzialmente riformato, riducendo la misura del danno in favore della parte civile e revocando la concessa provvisionale, la sentenza del Giudice di pace di Palermo del 16 ottobre 2009 con la quale G. N. era stato condannato per il delitto di minacce nei confronti di T.A..

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando:

a) una violazione di legge nascente dalla mancata assunzione di una prova decisiva;

b) una violazione di legge in merito alla ritenuta sanatoria, ex art. 182 c.p.p., comma 2, di una evidente ipotesi di completa violazione del diritto alla difesa;

c) una violazione di legge processuale per non aver la deposizione della parte lesa, imputata per reato reciproco, rispettato la previsione di cui all’art. 210 c.p.p.;

d) una violazione di legge per omessa motivazione sulle deduzioni della difesa.

3. Risulta pervenuta, altresì, memoria nell’interesse della parte civile.

Motivi della decisione

1. Deve procedersi all’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza per essere l’ascritto reato estinto per intervenuta prescrizione.

2. Non sussistono, invero, gli estremi per il proscioglimento nel merito ma, d’altro canto, le censure non appaiono manifestamente infondate onde deve farsi luogo all’applicazione della causa estintiva della prescrizione del reato.

Occorre precisare, peraltro, come nel corso del pregresso giudizio di primo grado si siano avute sospensioni del corso della prescrizione per complessivi mesi uno e giorni quattordici.

Ecco quindi che, applicando i termini di cui agli artt. 157 e 161 c.p., deve affermarsi la prescrizione, intervenuta dopo la decisione di secondo grado, del reato ascritto all’imputato G. e alla data del 22 maggio 2010 (8 aprile 2010 prescrizione ordinaria per essere stato il reato commesso l’8 ottobre 2002 più i dianzi indicati periodi di sospensione) con il consequenziale annullamento senza rinvio dell’impugnata decisione.

3. Quanto agli effetti civili, il ricorso non appare meritevole di accoglimento.

4. Il primo motivo non merita condivisione in quanto, da un lato, nella sentenza impugnata si motiva in merito alla superfluità della chiesta integrazione probatoria e, d’altra parte, non viene neppure evidenziata quella assoluta decisività, non scaturente dalla mera presenza dei testi sul luogo dei fatti, della prova stessa (v. da ultimo Cass. Sez. 6^ 16 febbraio 2010 n. 24430).

In diritto si osserva, infatti, come l’art. 507 c.p.p. conferisca al Giudice un potere e non un dovere di integrazione probatoria.

L’esercizio di tale potere presuppone, poi, la sussistenza dell’assoluta necessità del nuovo mezzo di prova e postula l’apprezzamento e la valutazione al riguardo da parte del Giudice, il quale, ove non eserciti tale potere, non è tenuto a darne espressamente conto, evincendosi implicitamente dall’effettuata valutazione, adeguata e logica, delle risultanze probatorie già acquisite la superfluità di una eventuale integrazione istruttoria (v. da ultimo, Cass. Sez. 6^ 16 febbraio 2010 n. 24430).

L’iniziativa deve essere, pertanto, "assolutamente necessaria" (sia l’art. 507 che l’art. 603 c.p.p., per l’appello usano questa espressione) e la prova deve avere carattere di decisività (altrimenti non sarebbe "assolutamente necessaria"), diversamente da quanto avviene nell’esercizio ordinario del potere dispositivo delle parti in cui si richiede soltanto che le prove siano ammissibili e rilevanti.

Tutto ciò premesso in diritto quello che rileva, con assorbente considerazione, è che il Giudice di merito abbia expressis verbis affermato la superfluità di quanto richiesto nell’interesse dell’imputato.

5. Analogamente, in merito alla revoca dell’ordinanza con la quale erano stati ammessi testi a discarico, corretto appare l’argomentare del Giudice dell’impugnata decisione, con riferimento alla sanatoria della relativa nullità sulla scorta del pacifico insegnamento di questa Corte (v. oltre le citate anche di recente Cass. Sez. 3^ 26 novembre 2009 n. 8159 e 12 maggio 2010 n. 24302).

6. L’intervenuta archiviazione del procedimento penale in danno del T., ben prima anche della sentenza di primo grado, rende del tutto pretestuoso il terzo motivo di ricorso basato sulla pretesa violazione dell’art. 197 c.p.p. (v. la citata Cass. Sez. Un. 17 dicembre 2009 n. 12067).

7. Il quarto e ultimo motivo deve essere disatteso in quanto l’impugnata sentenza ha puntualmente risposto sulle censure mosse alla decisione di primo grado e tale motivazione appare del tutto logica, non potendo neppure richiedersi a questa Corte di legittimità di porre in essere una non consentita rilettura degli elementi istruttori concernenti il fatto.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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