T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 21-12-2011, n. 1772

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

F.T. è proprietario in Lonato di una casa di abitazione con circostante podere denominata "cascina Recciago", alla quale si accede per mezzo di una strada denominata "vicinale di Recciago", che parte da un bivio della strada "vicinale Maccarone", in prossimità del monastero di Maguzzano e che, a suo dire, era rimasta sostanzialmente impraticabile dal 1970 al 2000 circa, sino a quando, nel 2000, era stata risistemata nel primo tratto da uno dei comproprietari; a seguito di ciò, F.T. aveva a sua volta provveduto a chiuderla con due sbarre munite di lucchetto in corrispondenza con i confini del proprio fondo, sbarre delle quali aveva consegnato la chiave agli altri comproprietari interessati dal tracciato (doc. ti ricorrente 2, 3, 4 e 5, copie atto proprietà e mappe catastali, nonché foto dello stato dei luoghi)

A seguito di ciò, F.T. ha ricevuto dapprima il verbale di contestazione della Polizia locale di Lonato 15 aprile 2003, che gli ha irrogato una sanzione amministrativa pecuniaria per avere asseritamente occupato "la carreggiata di strada classificata F (vicinale ad uso pubblico)" installando le sbarre predette, con "obbligo di rimuovere le opere abusive" (doc. 6 ricorrente, copia verbale); ha poi ricevuto l’ordinanza meglio indicata in epigrafe, ed eseguita nel giugno 2003, con la quale il Sindaco di Lonato in qualità di ufficiale del governo gli ha ordinato la "immediata rimozione dello sbarramento apposto in via Recciago di Lonato", premettendo "che tale strada è classificata dal codice come "F" in quanto trattasi di strada ad uso pubblico… che lo sbarramento della via sopraccitata impedisce la circolazione dei mezzi di soccorso verso le abitazioni ivi ubicate e che non vi sono itinerari alternativi per il traffico…" e che "sussistano le ragioni invocate (testuale) dell’art. 54 comma 2 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali… in quanto la preclusione al transito della suddetta via, impedendo il transito ai mezzi di soccorso comporta gravi pericoli all’incolumità dei cittadini nel caso di emergenza" (doc. 1 ricorrente, copia ordinanza; cfr. relazione Comune 28 ottobre 2004 per l’esecuzione di essa).

Avverso tale ordinanza e avverso il provvedimento di classificazione della strada come pubblica da essa presupposto, F.T. propone nella presente sede impugnazione con ricorso nel quale premette come la giurisdizione spetti a suo dire a questo Giudice in quanto si tratterebbe di controversia inerente l’uso del territorio; articola poi in ordine logico i seguenti tre motivi:

– con il primo di essi, rubricato come censura terza a p. 12 dell’atto, deduce violazione dell’art. 7 l. 9 agosto 1990 n°241, per omissione dell’avviso di avvio del procedimento;

– con il secondo motivo, rubricato come primo a p. 6 dell’atto, deduce eccesso di potere per difetto di istruttoria, in quanto a suo dire la strada vicinale per cui è causa, creata dai proprietari dei fondi interessati, sarebbe priva di tutti i requisiti necessari per classificarla strada pubblica, requisiti comunque indimostrati dal Comune;

– con il terzo motivo, rubricato come secondo a p. 10 dell’atto, deduce infine violazione dell’art. 54 TUEL, in quanto, sempre a suo dire, trattandosi di transito su strada privata, non vi sarebbe alcun pregiudizio alla pubblica incolumità da tutelare in via di urgenza.

Accanto alla domanda di annullamento di cui sopra, F.T. propone altresì contestualmente le domande di accertamento e di condanna di cui meglio in epigrafe.

Il Comune di Lonato non si è costituito.

Con memoria 26 luglio 2004, il ricorrente ha ribadito le proprie ragioni e articolato i capitoli di prova testimoniale dei quali ha chiesto l’ammissione, al fine di dimostrare il carattere privato della strada stessa.

Con ordinanza 27 settembre 2004 n°1092, la Sezione ha chiesto al Comune una relazione, fatta pervenire il successivo 28 ottobre; ha successivamente ammesso la prova testimoniale, assunta avanti il Giudice delegato alla udienza del 28 aprile 2005; con memorie 23 maggio 2006 e 22 ottobre 2011, il ricorrente ha ancora una volta ribadito le proprie ragioni.

La Sezione alla udienza del 23 novembre 2011 da ultimo tratteneva il ricorso in decisione.

Motivi della decisione

1. La decisione delle domande proposte dal ricorrente richiede, per chiarezza, una breve disamina dei principi giurisprudenziali affermatisi in tema di riparto di giurisdizione allorquando, come nella specie, sia controverso il carattere pubblico ovvero privato di una strada.

2. In proposito, un orientamento costante afferma anzitutto che spetta non al Giudice amministrativo adito nella sede presente, ma alla Autorità giudiziaria ordinaria, la giurisdizione sulla "controversia promossa dal privato per negare che il proprio fondo sia gravato da una servitù di pubblico transito affermata da un provvedimento della P.A.", il quale in tal caso assume efficacia meramente dichiarativa, non già costitutiva. In tal caso, l’attore chiede infatti l’accertamento dell’esistenza e dell’estensione di un diritto soggettivo, in quanto "contesta in radice il potere dell’amministrazione comunale di "classificazionè delle strade di uso pubblico, per mancanza del suo presupposto"; non si duole invece dei criteri seguiti per l’esercizio del potere stesso, ipotesi nella quale sussisterebbe invece la giurisdizione del giudice amministrativo: in tali esatti termini, Cass. civ. S.U. 17 marzo 2010 n° 6406, da cui le citazioni; conforme altresì, fra le più recenti, anche Cass. civ. S.U. 27 gennaio 2010 n° 1624.

3. Solo apparentemente contraria, sempre nella giurisprudenza recente, è Cass. civ. S.U. 24 dicembre 2009 n°27366, la quale, come risulta a lettura della motivazione completa, riguarda una vicenda di segno opposto, in cui un Comune, evidentemente con un atto di carattere autoritativo, aveva preteso di escludere il pubblico passaggio su una strada, considerandola privata.

4. Ad escludere la giurisdizione ordinaria in favore di quella amministrativa, infine, non vale nemmeno la presenza di un "provvedimento" di classificazione come pubblica della strada per la quale è causa: tale preteso provvedimento, infatti, meglio si qualificherebbe come mero atto, dal momento che ha efficacia soltanto dichiarativa, e non già costitutiva, come puntualizzato dalla citata Cass. civ. 1624/2010.

5. In tali termini, non ha quindi pregio l’argomento, fatto proprio dalla difesa del ricorrente (ricorso, p. 5) e dalla isolata TAR Umbria 22 novembre 2002 n°845 da essa citata, secondo il quale una controversia di tal tipo dovrebbe comunque rientrare nella giurisdizione amministrativa in quanto inerente in generale ad un "uso del territorio" e quindi ricompresa nel disposto dell’allora vigente art. 34 d. lgs. 31 marzo 1998 n°34. Si risponde, sulla scorta della giurisprudenza successiva, e in primo luogo della nota C. cost. 6 luglio 2004 n°204, oltre che della già citata Cass. 6406/2010, che la giurisdizione esclusiva in parola ha pur sempre come presupposto un agire autoritativo della p.a., e quindi una compresenza nella fattispecie di diritti soggettivi ed interessi legittimi; non può quindi estendersi a casi in cui, come nella specie, si controverta esclusivamente di diritti soggettivi.

6. Il giudice amministrativo, invece, può e deve risolvere la questione del carattere pubblico ovvero privato di una strada allorquando sia richiesto di risolverla non già come questione principale, sulla quale pronunciarsi con efficacia di giudicato, ma come questione preliminare ad altra, ovvero alla questione, dedotta in via principale -e all’evidenza rientrante nella sua giurisdizione- concernente la legittimità di un provvedimento del tipo dell’ordinanza sindacale qui impugnata, che in senso ampio imponga una certa regolamentazione dell’uso della strada: ciò presuppone infatti che di uso pubblico e non privato si tratti, e quindi che appunto si sia di fronte ad una strada non privata. In tali termini, fra le molte, C.d.S. sez. IV 7 settembre 2006 n°5209 e, fra le pronunce di primo grado, TAR Campania Salerno sez. II 7 giugno 2010 n°8536; Sardegna sez. II 17 marzo 2010 n°312; Valle d’Aosta 13 novembre 2009 n°86; Calabria Catanzaro sez. I 1 aprile 2009 n°323 e Toscana sez. III 6 novembre 2007 n°3599.

7. Applicando i principi appena delineati al caso di specie, la prima conseguenza è la necessità di dichiarare il difetto di giurisdizione in favore dell’A.G.O. così come in dispositivo quanto alle domande di "accertamento dell’assenza di servitù di pubblico transito o di altri pesi a favore della collettività o di qualsivoglia altro diritto limitativo della comproprietà del ricorrente sulla strada" per cui è causa; e i conseguente condanna dell’amministrazione resistente al ripristino dello stato dei luoghi proposte come in epigrafe dal ricorrente, il quale anzi ha precisato (ricorso, p. 6 prime tre righe) di avere inteso proporre una negatoria servitutis e una conseguente domanda di rimessione in pristino. Si tratta infatti di domande inerenti esclusivamente a diritti soggettivi, nei termini ampiamente spiegati.

8. I principi delineati portano altresì a dichiarare inammissibile la domanda di annullamento del preteso "provvedimento, allo stato non conosciuto nei suoi precisi estremi, con il quale il Consiglio ovvero la Giunta comunale di Lonato hanno inserito nell’elenco delle strade vicinali pubbliche la strada vicinale Recciago" di cui pure in epigrafe. Come va precisato, si tratta sicuramente di un atto esistente, perché nella propria relazione 28 ottobre 2004 l’amministrazione lo ha confermato, ma non individuabile nei suoi precisi estremi, perché, come spiegato nella relazione in parola, l’archivio che lo conserva è risultato non accessibile. Si tratta però di un atto privo di qualsiasi attitudine lesiva, in quanto dichiarativo per le ragioni già spiegate, sì che non vi è interesse alcuno ad impugnarlo: su un caso consimile, si veda la citata TAR Toscana 3599/2007.

9. Va invece decisa nel merito, e risulta fondata, la domanda di annullamento dell’ordinanza sindacale 13 maggio 2003 n°4, che come si è accennato intende disciplinare autoritativamente la circolazione sulla via Recciago, nella specie rimuovendo le sbarre con lucchetto ivi installate dai frontisti, sul presupposto che di strada pubblica si tratti.

10. Dei motivi dedotti, risulta fondato anzitutto il primo, incentrato sull’omissione, in fatto pacifica, dell’avviso di inizio del procedimento di cui all’art. 7 l. 7 agosto 1990 n°241. In proposito, va anzitutto ricordato, sulla scorta di C.d.S. sez. V 9 febbraio 2001 n° 580, che il dichiarato (v. doc. 1 ricorrente, cit., quinto paragrafo della motivazione) carattere di necessità ed urgenza di una ordinanza non vale per ciò solo ad esentarla dall’avviso di cui si tratta, ai sensi dell’art. 13 della l. 241/1990 medesima. Tale ultima norma, infatti, non esenta dalla comunicazione di avvio intere categorie di procedimenti, ma soltanto singoli casi di volta in volta individuati, per mezzo di una congrua motivazione nella specie mancante. Inoltre, nemmeno è possibile invocare la sanatoria di cui all’art. 21 octies sempre della l. 241/1990, perché, come si vedrà in prosieguo, la partecipazione al procedimento dei privati interessati avrebbe secondo ragione fatto emergere gli elementi di cui appresso, rilevanti al fine di una corretta e completa istruttoria.

11. Anche il secondo motivo, incentrato sul carattere privato della via sulla quale il Comune è intervenuto, è fondato e va accolto. In generale, costante giurisprudenza amministrativa afferma che per classificare una data strada come pubblica l’atto di inclusione nei relativi elenchi, che come ricordato ha valore soltanto dichiarativo, costituisce una presunzione semplice, superabile avuto riguardo alla concreta situazione della strada stessa. La strada pubblica, infatti, si caratterizza per essere interessata dal passaggio di una collettività di persone appartenenti ad un medesimo gruppo territoriale, tipicamente i cittadini del Comune o di una frazione; per essere in concreto idonea a soddisfare, anche per il collegamento con la via pubblica, esigenze di generale interesse; per essere assistita da "titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, che può identificarsi nella protrazione dell’uso stesso da tempo immemorabile": così fra le molte C.d.S. sez. V 4 febbraio 2004 n°373 nonché TAR Lazio Roma sez. II 3 novembre 2009 n°10781; Lazio Latina 14 marzo 2008 n°199 e Marche 10 ottobre 2007 n°1595.

12. A tali elementi, la recente C.d.S. sez. V 7 dicembre 2010 n°8624 ne aggiunge uno ulteriore, ovvero la necessità di considerare "il comportamento tenuto dalla Pubblica Amministrazione nel settore dell’edilizia e dell’urbanistica", ovvero in termini banali di verificare se il Comune il quale assume l’uso pubblico si sia mai preoccupato di garantirlo, curando la manutenzione della strada ed eventualmente adeguandola al transito della generalità dei cittadini.

13. Da ultimo, ad avviso del Collegio, il requisito del "collegamento con la via pubblica" va inteso in modo corretto, perché alla lettera prova troppo: nessuno penserebbe infatti di considerare soggetta ad uso pubblico una viabilità che non è in alcun modo raggiungibile dalla generalità dei cittadini, come ad esempio la strada panoramica interna ad una tenuta privata, che certo non si connette in alcun modo alla pubblica via. Per collegamento con la via pubblica, secondo ragione, va quindi inteso non il semplice accesso alla stessa, ma un collegamento per così dire organico, che inserisca la strada in questione nel sistema della viabilità, rendendola normale via di transito per compiere un certo tragitto.

14. Alla luce dei principi illustrati e dell’istruttoria svolta mediante audizione di testimoni, vi sono sufficienti elementi per escludere il carattere pubblico della via Recciago, si che le ulteriori istanze istruttorie di cui alla memoria 19 maggio 2006 del ricorrente vanno disattese in quanto superflue. I testimoni sentiti hanno tutti affermato che la via in parola è rimasta per lungo periodo, circa trent’anni dal 1970 al 2000, in condizioni di sostanziale impraticabilità per la presenza di buche, vegetazione spontanea e dilavamento del tracciato, sì che uno di essi, un sacerdote con cura di anime residente nei dintorni, ha dovuto escluderla dal percorso delle manifestazioni religiose, il che parla indiscutibilmente contro un uso pubblico abituale ovvero generalizzato; la manutenzione in epoca successiva è stata poi assicurata dai frontisti, fra cui lo stesso T., per accedere alle rispettive proprietà (deposizioni testi Casella, Bertazzi e don Accordini, verbale udienza istruttoria 28 aprile 2005).

15. A fronte di ciò, secondo logica, vanno disattese alcune delle deduzioni del Comune nella relazione 28 ottobre 2004 già citata, mentre per le restanti vale quanto si dirà. Il fatto che dalla strada in questione si possa in teoria accedere a due strade comunali appare non rilevante, nel momento in cui il concreto utilizzo del tracciato non è possibile, e l’affermazione per cui il Comune stesso ne curerebbe la manutenzione periodica è smentita dalle prove di cui si è detto.

16. Il secondo motivo di cui si è trattato si pone come assorbente rispetto al residuo, dato che su una strada di carattere privato il Sindaco non ha comunque il potere di regolamentare la circolazione; l’ordinanza per cui è causa va quindi annullata.

17. Sull’effetto di tale annullamento è però necessaria, per completezza, una precisazione ulteriore. E’ noto che in linea di principio il giudizio avanti il Giudice amministrativo nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità ha natura impugnatoria, ovvero è volto a stabilire se l’atto impugnato fosse legittimo in rapporto alle circostanze di fatto e alle norme vigenti nel momento in cui esso venne emanato, secondo il principio per cui tempus regit actum, così come ritenuto, per tutte, da ultimo C.d.S. sez. VI 3 settembre 2009 n°5195. In tale ordine di idee, quindi, l’illegittimità dell’ordinanza in parola si pone con riferimento alla situazione così come è emersa dall’istruttoria, ovvero sino alla data della sua emanazione. La pronuncia di annullamento invece non riguarda e non può riguardare le successive vicende della via Recciago, che per fatti sopravvenuti potrebbe anche esser stata assoggettata ad uso pubblico, ad esempio in dipendenza dalla asserita sua asfaltatura e inclusione in una pista ciclabile cui il Comune accenna nella citata relazione 28 ottobre 2004 come avvenuta "attualmente", ma senza che nulla di più in merito sia dato di sapere.

18. La parziale soccombenza è giusto motivo per compensare le spese, mentre il contributo unificato, come per legge, rimane a carico del ricorrente che lo ha anticipato e le cui domande non sono state per intero accolte.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

a) dichiara il difetto di giurisdizione in favore dell’Autorità giudiziaria ordinaria quanto alla domande di accertamento dell’assenza di servitù di pubblico transito o di altri pesi a favore della collettività o di qualsivoglia altro diritto limitativo della comproprietà del ricorrente sulla strada per cui è causa e di condanna dell’amministrazione resistente al ripristino dello stato dei luoghi, assegnando al ricorrente termine di mesi tre dalla comunicazione o notificazione di questa sentenza per riassumere la causa avanti il giudice fornito di giurisdizione;

b) accoglie in parte la domanda di annullamento e per l’effetto annulla l’ ordinanza 13 maggio 2003 n°4 del Sindaco del Comune di Lonato; dichiara inammissibile la domanda di annullamento stessa quanto all’atto con il quale il Comune di Lonato ha inserito nell’elenco delle strade vicinali pubbliche la strada vicinale Recciago;

c) compensa per intero le spese di giudizio fra le parti e pone il contributo unificato a definitivo carico del ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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