Cassazione civile anno 2005 n. 1089 Puglia

CALAMITA’ PUBBLICHE REGIONE
Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Con atto di citazione ritualmente notificato la Regione Puglia proponeva opposizione avverso il decreto n. 184 del 25.9.2001 con cui il giudice di pace di Manduria le aveva ingiunto il pagamento della residua somma a favore di X X a titolo di integrazione del contributo previsto dall’art. 2 comma 2 della Legge n. 31/91 di conversione del D.L. 367/90 a seguito della siccità verificatasi nel corso dell’annata agraria 1989/90. Eccepiva preliminarmente il difetto di giurisdizione e l’incompetenza per territorio del giudice adito e contestava nel merito la fondatezza della domanda.
Si costituiva la X, reiterando la pretesa.
Con ordinanza in data 8.1.2002 il giudice di pace autorizzava la chiamata in causa del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali che eccepiva pregiudizialmente il difetto di giurisdizione e chiedeva nel merito il rigetto della domanda.
All’esito del giudizio il giudice di pace, con sentenza dell’11- 20.7.2002 confermava il decreto ingiuntivo opposto, condannava la Regione Puglia alle ulteriori spese e dichiarava l’estromissione dal giudizio del Ministero.
Dopo aver rigettato le eccezioni di carenza di giurisdizione e di incompetenza territoriale, facendo riferimento per quanto riguarda tale seconda eccezione al "forum destinatae solutionis" in quanto il pagamento dell’acconto era avvenuto per il tramite la Tesoreria comunale di Manduria, rilevava nel merito il giudice di pace, relativamente all’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dalla Regione, che questa non aveva conferito alcuna delega ma si era solo avvalsa della collaborazione degli enti locali per l’espletamento dell’istruttoria riguardante le pratiche di concessione del contributo, come le consentiva l’art. 12 della Legge 590/81, conservando al riguardo la titolarità delle funzioni.
Nel merito osservava che il privato deve considerarsi titolare nei confronti della Regione di un diritto soggettivo perfetto che non può essere posto in discussione per insufficiente copertura, dovendo la stessa fornire la prova del suo interessamento e del diniego da parte del Ministero che in realtà aveva assegnato alla Regione la somma di L. 23.000.000 conformemente alle richieste di spesa della stessa Regione per le aziende olivicole e viticole.
Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione la Regione Puglia che deduce quattro motivi di censura, illustrati anche con memoria.
Resistono con distinti controricorsi X X ed il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Con sentenza n. 4855 del 15.1-10.3.2004 le Sezioni Unite di questa Corte rigettavano il primo motivo di ricorso, dichiarando la giurisdizione del giudice ordinario e rimettevano gli atti a questa sezione per l’esame degli ulteriori motivi.

Motivi della decisione
Con il secondo motivo la Regione Puglia denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine all’eccezione di incompetenza per territorio. Lamenta che il giudice di pace abbia rigettato l’eccezione di incompetenza territoriale sul rilievo che l’acconto era stato corrisposto presso la Tesoreria comunale di Manduria, senza considerare che il collegamento con l’ufficio di Tesoreria in tema di obbligazioni pecuniarie delle pubbliche amministrazioni è consentito solo con riferimento ai crediti liquidi ed esigibili e non quindi quando, come nel caso in esame, tali condizioni non ricorrono per essere il credito limitato alla dotazione del Fondo di solidarietà nazionale, con la conseguenza che deve ritenersi competente il giudice di pace di Bari, luogo non solo in cui ha sede la Tesoreria ma anche in cui è sorta l’obbligazione. Lamenta altresì che il giudice di pace abbia ritenuto la propria competenza senza fornire alcuna seria motivazione. La censura è infondata.
La Legge Regionale Puglia 11.5.1990 n. 24 emanata in tema di provvidenze a favore delle aziende agricole in materia di avversità atmosferiche, nel disciplinare all’art. 6 i compiti della Provincia, prevede espressamente alla lettera d) la richiesta alla Regione da parte della Provincia medesima "di accreditamento direttamente ai Comuni dei fondi occorrenti per la liquidazione dei contributi spettanti agli aventi diritto".
Ora, in presenza di una tale previsione normativa, non è certamente condivisibile la tesi della ricorrente, secondo cui, nel corrispondere a sua volta i contributi ricevuti, il Comune assolverebbe ad un semplice servizio di "sportello". E’ evidente infatti che, attraverso tale accreditamento, le somme vengono trasferite nel loro importo complessivo nella disponibilità di ciascun Comune con l’obbligo di provvedere alla distribuzione in base alle indicazioni emerse dalla espletata istruttoria alla quale lo stesso Comune, peraltro, ha partecipato.
Deve ritenersi pertanto che, avvalendosi in tal modo la Regione dell’Ufficio di Tesoreria del Comune, a tale Ufficio deve conseguentemente farsi riferimento per la individuazione dell’autorità giudiziaria competente per territorio quale "forum destinatae solutionis", in applicazione delle norme sulla contabilità pubblica.
Nè è sostenibile che una tale conclusione dovrebbe condurre ad affermare che in tal caso, come afferma invece la ricorrente, al pagamento dovrebbe ritenersi obbligato il Comune e non già la Regione.
L’affidamento del compito di provvedere ai pagamenti sulla base degli importi ricevuti, se è idoneo infatti ad individuare la competenza con riferimento al territorio dell’ente che a tale incombenza è delegato per legge, non consente certamente di trasferire su tale soggetto gli obblighi che, sempre per legge, sono stati posti a carico della Regione.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine al dedotto difetto di legittimazione passiva, lamentando che il giudice di pace non abbia considerato che il rapporto sostanziale è intercorso fra l’agricoltore ed il singolo Comune.
La censura, così come prospettata, è inammissibile, non riguardando una questione di ordine processuale (legitimatio ad processum) – la cui valutazione del giudice di pace sarebbe sindacabile in questa sede in base al principio dell’obbligo di osservanza anche da parte di tale giudice delle norme che regolano il procedimento – ma il diverso problema dell’individuazione del soggetto obbligato al pagamento (legitimatio ad causam), come risulta evidente dell’indicazione del Ministero, contenuta nel motivo di ricorso, quale obbligato "in via esclusiva" alle richieste contributive.
Trattasi pertanto di una questione di merito, la cui soluzione non si presta al sindacato di questa Corte sotto nessuno dei profili consentiti (violazione di norme processuali, costituzionali, comunitarie e dei principi informatori della materia nonchè totale assenza della motivazione). Nè in particolare potrebbe al riguardo trovare ingresso il profilo relativo alla motivazione – deducibile solo allorchè il dedotto vizio non si traduca nell’inesistenza della stessa, che si configura in presenza di una motivazione apparente ovvero nell’ipotesi in cui non sia individuabile la "ratio decidendi" per un contrasto inconciliabile fra le varie affermazioni od ancora in presenza di una motivazione perplessa, vale a dire allorchè non sia possibile dedurre la qualificazione giuridica del rapporto posta a base della motivazione – non essendo ravvisabile una sua totale assenza in quanto una motivazione anche sul punto è stata pur fornita con riferimento alle previsioni di legge che indicano la Regione quale soggetto obbligato.
Con il quarto motivo la Regione denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine all’applicazione dell’art. 10 D.L. 367/90 convertito con modificazioni con Legge 31/91 in relazione alla Legge 590/81. Lamenta che il giudice di pace, nell’addebitare alla Regione il pagamento delle somme pretese, non abbia considerato che essa non può liquidare i contributi di cui alla Legge 31/91 oltre i limiti delle somme assegnate dal Fondo di Solidarietà Nazionale, come ribadito dalla L.R. 24/90. Sostiene che ciò era avvenuto nel caso in esame in cui la Regione, preso atto della limitata disponibilità finanziaria statale, aveva predisposto un piano di riparto delle somme assegnate.
La censura è inammissibile.
I limiti del giudizio di equità fissati dalla giurisprudenza ormai consolidata (per tutte Sez. Un. 716/99) non consentono di verificare le dedotte violazioni di legge, trattandosi di norme sostanziali la cui interpretazione, per quanto errata in ipotesi possa essere, non è deducibile in cassazione, essendo caratterizzata dai connotati del giudizio di equità.
Del pari non è consentito in questa sede il sindacato sulla motivazione, a meno che il dedotto vizio non si traduca nell’inesistenza della stessa nei termini sopra precisati. Ipotesi questa, oltre che nemmeno dedotta, da escludere nel caso in esame, avendo il giudice di pace, nel ravvisare la responsabilità della Regione anche oltre la misura del finanziamento ricevuto dallo Stato, dato una sua motivazione non riconducibile in nessuna delle ipotesi di inesistenza testè richiamate, avendole addebitato di non essersi attivata per il trasferimento di altri fondi da parte dello Stato.
Nè le conclusioni cui è pervenuta al riguardo la sentenza impugnata possono ritenersi in contrasto con i principi regolatori della materia, la cui osservanza è pur necessario verificare a seguito della sentenza, intervenuta nelle more del presente giudizio di legittimità, della Corte Costituzionale n. 206/04 che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 113 comma 2 C.P.C., nella parte in cui non prevede che il giudice di pace debba osservare tali principi.
Il riferimento contenuto nell’art. 13 della L.R. 11.5.1990 n. 24 alla copertura finanziaria dello Stato (Fondo di Solidarietà Nazionale) ed agli obblighi della Regione previsti nei limiti di tale copertura non è stato disatteso infatti in linea di principio dal giudice di pace che si è limitato ad una mera valutazione di merito, individuando, ripetesi, nell’inerzia della Regione nei confronti dello Stato o comunque nella mancanza di prove sul suo interessamento presso il competente Ministero, le ragioni del suo inadempimento.
Pertanto, ammesso pure per ipotesi che nella previsione della copertura finanziaria sia ravvisabile un principio informatore della materia, il contenuto della decisione, basata su una mera valutazione di fatto e non già su un’interpretazione che escluda la necessità di una tale copertura, non è sindacabile in questa sede per le ragioni sopra esposte.
Quanto infine all’ultima deduzione, con cui si sostiene che i pagamenti effettuati sarebbero avvenuti a saldo e non in acconto, trattasi di questione nuova.
In presenza di una contestazione di merito non risultante dall’impugnata sentenza, la ricorrente avrebbe dovuto precisare infatti se ed in quale atto fosse stata prospettata in primo grado.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, relativamente al rapporto fra la Regione e la X, mentre si ritiene di compensarle per quanto riguarda il rapporto fra la Regione ed il Ministero, ricorrendo giusti motivi.

P. Q. M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida a favore della X in euro 500,00 per onorario ed in euro 50,00 per spese, oltre alle spese generali ed accessori come per legge. Compensa le spese fra la Regione Puglia ed il Ministero.
Così deciso in Roma, il 3 novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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