Cassazione civile anno 2005 n. 1086 Ordinanza ingiunzione di pagamento opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Con decreto n. 176 del 2000, notificato in data 19 settembre 2000, il Responsabile dell’Ufficio di piano della Comunità Montana di Valle Sabbia ingiunse a X X ed alla X X s.r.l. di X – della quale il primo era legale rappresentante – in solido, il pagamento, a titolo di sanzione amministrativa, della somma di lire 190.158.000 per la violazione dell’art. 25 della legge regionale della Lombardia 5 aprile 1976, n. 8, e dell’art. 55 del regol. reg., per avere posto in essere, in località Valle del Rio Cantir – Castelcucco del Comune di Serie, attività comportante la trasformazione di terreno sottoposto a vincolo idrogeologico per la realizzazione di un tracciato stradale, in assenza dell’autorizzazione prescritta dall’art. 7 r.d.l. n. 3627 del 1923.
La violazione era stata contestata in data 23 marzo 1996 dagli agenti del Corpo Forestale dello Stato, Comando Stazione di Gavardo, con verbale in relazione al quale il X aveva presentato osservazioni in data 9 maggio 1996, con richiesta di audizione, avvenuta il giorno 5 maggio 1999. Il decreto con il quale si ingiungeva il versamento della suddetta somma intervenne a seguito del mancato pagamento della sanzione in misura ridotta.
In relazione alle attività contestate, a carico del signor X era già stato avviato nel 1994 un procedimento penale, su denuncia del Comune di Serie, per aver realizzato, in località Pianella, Mazzano Castelcucco e Rio Cantir, tronchi di strada non autorizzati e non conformi al progetto approvato con D.G.M. del 30 luglio 1987, contestazione di natura edilizia, in relazione alla quale era stata poi dichiarata la estinzione del reato per intervenuta concessione in sanatoria; ed un altro fu iniziato nel 2000 in relazione alla realizzazione in zona boschiva,e, quindi, soggetta a vincolo paesaggistico, di tre tracciati stradali, con funzione di collegamento tra la strada Centroserle – Castelcucco ed alcuni fondi privati, in assenza di concessione edilizia ed in carenza di autorizzazione ex art. 7 della legge n. 1497 del 1939, reato di natura ambientale, dal quale sarebbe stato assolto con sentenza del 19 febbraio 2001.
Avverso il sopra citato decreto, il X propose opposizione ex art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, con ricorso depositate presso la cancelleria del Tribunale di Brescia in data 15 marzo 2001.
Il giudice istruttore dell’adito Tribunale di Brescia, con ordinanza del 12 aprile , 2001, rilevato che la opposizione era stata proposta oltre il termine di trenta giorni dalla notificazione del provvedimento impugnato, dichiarò inammissibile il ricorso.
Avverso tale ordinanza il sig. X, "in proprio e nella sua qualità di legale rappresentante di X X s.r.l. di X", ha proposto ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo. Resiste con controricorso la Comunità Montana di Valle Sabbia.

Motivi della decisione
Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla controricorrente, la prima delle quali relativa alla lamentata carenza di procura con riferimento ad una delle parti ricorrenti, per essere stato il ricorso presentato dal X "in proprio e nella sua qualità di legale rappresentante di X X s.r.l. di X", mentre la procura era stata conferita solamente da un soggetto, con firma illeggibile, e senza specificazione della qualifica; la seconda relativa all’assenza di specifica contestazione della soluzione adottata nella sentenza impugnata e di indicazione puntuale delle norme che si assumono violate.
Le eccezioni vanno disattese. Quanto alla prima, si rileva che la lettura combinata del preambolo del ricorso, nella parte, sopra riportata, relativa al duplice titolo di legittimazione a ricorrere del X, e della delega in margine allo stesso, da lui sottoscritta, consente di escludere il vizio lamentato, apparendo chiaro che il conferimento del mandato proviene sia dalla persona fisica X, sia dalla società dallo stesso legalmente rappresentata.
Neanche il secondo rilievo è condivisibile, potendosi ricostruire in modo sufficientemente preciso, attraverso l’esposizione contenuta nel ricorso, la censura che si intende far valere.
Con l’unico motivo di ricorso si lamenta violazione di legge nonchè omessa e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, e violazione del disposto dell’art. 22 della legge. 24 novembre 1981, n. 689. Il Giudice avrebbe omesso di considerare, nel dichiarare tardiva la opposizione alla ordinanza ingiunzione, che la Procura della Repubblica di Brescia aveva avviato un procedimento penale in relazione alla abusiva realizzazione di tronchi di strada, che si sarebbe posto come pregiudiziale rispetto all’accertamento amministrativo ed alla successiva irrogazione della sanzione e relativa opposizione. Il procedimento si era concluso in data 24 aprile 1996 con l’archiviazione per intervenuta concessione edilizia in sanatoria, archiviazione della quale, peraltro, il sig. X non aveva ricevuto comunicazione, ragionevolmente perciò posticipando la proposizione della opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione, avvenuta dopo che egli aveva appreso dell’esito di detto procedimento. In sostanza, il Tribunale, anzichè emettere ordinanza dichiarativa della inammissibilità del ricorso in opposizione, avrebbe dovuto provvedere a fissare l’udienza di discussione, nel corso della quale avrebbe potuto esaminare ed approfondire le motivazioni del ritardo nella presentazione del ricorso. La censura non merita accoglimento. I ricorrenti, invocando, ex art. 24 della legge n. 689 del 1981, la pregiudizialità del giudizio penale instaurato dalla Procura della Repubblica di Brescia rispetto al giudizio di opposizione alla sanzione amministrativa – pregiudizialità la cui sussistenza appare, peraltro, opinabile, avuto riguardo alla ontologica diversità tra le imputazioni poste a carico del X e la condotta contestata in sede di irrogazione della sanzione amministrativa – , denunciano, in sostanza, la mancata fissazione di una udienza di discussione, nella quale si sarebbero potute esporre le ragioni della mancata tempestività della proposizione del ricorso, e cioè la mancata adozione, da parte del giudice dell’opposizione alla sanzione amministrativa, di un provvedimento che non trova fondamento in alcuna disposizione di legge. – che non trova fondamento in alcuna disposizione di legge, non essendo riconosciuta dall’ordinamento al giudice alcuna discrezionalità nella scelta della fase processuale nella quale valutare la tempestività del deposito del ricorso, che, al contrario, a norma dell’art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, va esaminata prima della fissazione della udienza di comparizione delle parti, al fine di dichiarare la inammissibilità del ricorso in caso di deposito tardivo. Ed invero, il termine per la proposizione del ricorso in opposizione di cui si tratta ha carattere perentorio, ed il suo inutile decorso determina la decadenza dalla opposizione, non essendo invocabile, nel sistema, organico e compiuto, della irrogazione delle sanzioni amministrative, istituto della rimessione in termini per errore scusabile, estraneo al giudizio di opposizione.
La pregiudizialità dell’accertamento penale si sarebbe dovuta pertanto far valere tempestivamente, attraverso la opposizione alla ordinanza ingiunzione nei termini di legge, e, in quella sede, attraverso la richiesta di sospensione del giudizio.
Conclusivamente, il ricorso va rigettato, ed i ricorrenti devono essere condannati in solido al pagamento delle spese del presente giudizio.

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti in solido a rimborsare le spese del giudizio, che liquida in euro 3000,00 per onorari ed euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2004.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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