Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 18-10-2011) 17-11-2011, n. 42423 Prova penale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Caltanissetta confermò la sentenza emessa il 4.11.2008 dal giudice del tribunale di Nicosia che aveva dichiarato T.E. colpevole dei reati di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1 bis, e art. 734 cod. pen., per avere senza autorizzazione eseguito attività estrattiva da una cava, e lo aveva condannato alla pena di un anno e mesi due di arresto ed Euro 12.000,00 di ammenda, con l’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo:

1) inosservanza dell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen.. Lamenta che erroneamente la corte d’appello ha respinto l’eccezione di inutilizzabilità dei verbali di sopralluogo in data 22.2.2008 e 5.3.2008 compiuti dopo che era già stata iniziata l’azione penale, senza l’osservanza delle disposizione del codice di procedura e senza la garanzia del contraddittorio.

2) violazione del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1 bis, e art. 734 cod. pen. e mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Lamenta vizio di motivazione sulla sussistenza del reato non essendovi alcuna prova che l’attività estrattiva fosse stata compiuta da lui e che il mutamento morfologico dei luoghi fosse riconducibile alla sua condotta, sicchè la condanna si è basata su mere presunzioni.

3) erronea applicazione dell’art. 99 cod. pen. e manifesta illogicità della motivazione. Lamenta che la corte d’appello ha confermato la natura contravvenzionale del reato ritenendolo verosimilmente commesso prima del 2004, atteso che è stato applicato l’arresto, sicchè illogicamente non ha escluso la recidiva ritenendo la fattispecie delittuosa.

4) violazione degli artt. 62 bis e 133 cod. pen. e vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena.

5) violazione di legge ed in particolare dell’art. 157 cod. pen. perchè la corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare la già intervenuta prescrizione di entrambi i reati.

Motivi della decisione

Il primo motivo è fondato, ma irrilevante. Ed invero, erroneamente la corte d’appello ha dichiarato utilizzabili nel processo i verbali dei sopralluoghi effettuati dalla Soprintendenza il 22.2.2008 ed il 5.3.2008 compiuti, senza l’osservanza delle garanzie previste dall’art. 220 disp. att. cod. proc. pen., in data successiva non solo alla apertura delle indagini ma anche allo stesso esercizio dell’azione penale. La corte d’appello ha rigettato l’eccezione per il motivo che si tratterebbe di atti frutto di attività di indagine autonoma svolta dalla autorità amministrativa e non già frutto di una indagine suppletiva, e quindi acquisibili come documenti ex art. 234 cod. proc. pen.. L’assunto è infondato perchè la circostanza che i sopralluoghi si fossero svolti nel corso di una attività di indagine amministrativa autonoma determina semmai la legittimità dell’atto, ma non e-sclude che lo stesso, essendo stato svolto senza il rispetto del contraddittorio e delle garanzie difensive, fosse inutilizzabile nel processo penale e non potesse quindi essere acquisito dal tribunale. Poichè l’indagine penale era già stata avviata ed era stata anche avviata l’azione penale, per utilizzare le risultanze dei sopralluoghi nel processo penale era infatti necessaria l’osservanza delle disposizioni del codice di rito, ed in particolare di quelle relative alle ispezioni di luoghi.

La inutilizzabilità del verbali dei sopralluoghi del 22.2.2008 ed il 5.3.2008 non comporta però l’annullamento della sentenza impugnata in quanto tali verbali non sono stati in concreto decisivi ai fini della decisione sulla sussistenza del fatto e la responsabilità dell’imputato. Ed infatti, dalla motivazione della sentenza impugnata (pagg. 4 e 5) risulta che la continuazione della attività estrattiva dopo la scadenza della concessione, la modificazione dello stato dei luoghi e la distruzione delle bellezze naturali sono state ritenute provate attraverso il confronto tra le fotografie eseguite dalla polizia giudiziaria nel 2007 e le precedenti fotografie eseguite nel settembre del 2005 nonchè la aerofotogrammetria del 2002, confronto dal quale emergeva inequivocabilmente un avanzamento dei lavori di scavo, con particolare riferimento alla trasformazione della parte sommitale della cava e alla scomparsa dei rilievi collinari.

Il secondo motivo si risolve in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, ed è comunque manifestamente infondato perchè i giudici del merito hanno fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle ragioni per le quali è stato ritenuto provato che la prosecuzione della coltivazione della cava era avvenuta ad iniziativa dell’imputato, in considerazione del fatto che la modifica dello stato dei luoghi era stata accertata proprio nelle immediate vicinanze del suo impianto e sul fondo di sua proprietà.

Il terzo motivo è manifestamente infondato perchè il reato contestato e ritenuto di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1 bis, costituisce un delitto e non una contravvenzione, e tale natura non viene meno solo per il fatto che il giudice del tribunale di Nicosia ha erroneamente irrogato la pena dell’arresto e dell’ammenda anzichè quella della reclusione prevista dal citato art. 181 bis. Correttamente, pertanto, il giudice di merito ha attribuito rilevanza alla contestata recidiva.

Il quarto motivo è anch’esso manifestamente infondato perchè i giudici del merito hanno fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sull’esercizio del proprio potere discrezionale in ordine alla determinazione della pena, ivi compreso il diniego delle attenuanti generiche, in considerazione dei plurimi precedenti penali dell’imputato e della gravita del fatto.

E’ infine manifestamente infondato anche il quinto motivo perchè la corte d’appello ha accertato che la consumazione dei reati si è protratta fino alla data formalmente contestata del 20 giugno 2007.

L’errore del giudice di primo grado nel non irrogare la pena della detenzione non significa certamente che i reati si siano consumati prima della modifica legislativa del dicembre 2004. Si deve quindi applicare il nuovo testo dell’art. 157 cod. pen.. Pertanto, la prescrizione maturerà per la contravvenzione di cui all’art. 734 cod. pen. il 20.6.2012 e per il delitto il 20.12.2014.

Il ricorso deve dunque essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *