Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 18-10-2011) 17-11-2011, n. 42422

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Napoli revocò la subordinazione della sospensione condizionale della pena alla pubblicazione della sentenza e confermò nel resto la sentenza 8.4.2009 del giudice del tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia, che aveva dichiarato P.A. colpevole dei reati di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c), D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 93 e 95, per avere abusivamente realizzato un muro di mattoni ad L di circa m. 11,50 ed alto circa m. 3 antistante un preesistente manufatto nonchè una copertura in lamiere coibentate dell’area interposta, in modo da realizzare una unica superficie di mq. 187, e lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia, con l’ordine di demolizione e l’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 546 cod. proc. pen.; difetto assoluto di motivazione ed errato apprezzamento delle deposizioni rese e del materiale probatorio; violazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c), in relazione al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181; violazione della L. n. 724 del 1994, art. 39. Lamenta che la corte non ha spiegato le ragioni per le quali ha disatteso la diversa ricostruzione degli eventi operata dalla difesa e in particolare quella secondo cui l’imputato si era limitato a rifare il precedente muro e la precedente tettoia che erano fatiscenti, senza aumento di volumetria e di superficie. Immotivatamente, poi, la corte non ha ritenuto provata la presentazione di una domanda di condono avente ad oggetto lo stesso manufatto attualmente esistente, il che dimostra che si è trattato di un mero intervento manutentivo di una porzione del preesistente manufatto, consistito nella ricostruzione di parte del muro perimetrale e nella sostituzione della preesistente fatiscente struttura del capannone. La corte non ha risposto alle censure relative alla attendibilità del teste L.. Ribadisce che in sostanza si trattava di lavori di mera manutenzione di un manufatto già esistente e per il quale pendeva domanda di condono edilizio.

Motivi della decisione

Il ricorso si risolve in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, ed è comunque manifestamente infondato perchè i giudici del merito hanno fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle ragioni per le quali hanno ritenuto che le opere eseguite necessitassero del permesso di costruire e della autorizzazione ambientale.

La sentenza di primo grado, alla quale la sentenza di appello ha fatto integrale richiamo, ha invero accertato, con un apprezzamento di fatto adeguatamente e congruamente motivato, che in realtà si trattava della realizzazione di un nuovo muro perimetrale e di una nuova copertura, con i quali si era realizzato un vero e proprio ampliamento del precedente capannone, con conseguente aumento di volumetria e di superficie.

La corte d’appello, da parte sua, ha congruamente rilevato che, quand’anche la domanda di condono edilizio avesse avuto ad oggetto l’intero manufatto risultante dal nuovo muro e dalla nuova copertura, poichè lo stesso ricorrente ammette pacificamente che la domanda era ancora pendente e quindi non era stata ancora accolta col rilascio del provvedimento di condono, in ogni caso l’abbattimento e la ricostruzione del preesistente muro e della preesistente copertura avrebbero avuto ad oggetto un manufatto abusivo e non ancora condonato. Di conseguenza, la corte d’appello ha correttamente posto in rilievo che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, "L’attività di demolizione e ricostruzione di un manufatto abusivo preesistente non può essere considerata quale ristrutturazione, costituendo al contrario una riattivazione dell’attività illecita originaria e configurandosi in tal caso il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b). (Nell’occasione la Corte ha ulteriormente precisato come sulla configurabilità del reato non incida l’avvenuta presentazione di una domanda di condono edilizio il cui procedimento non si sia ancora concluso)" (Sez. 3^, 27.9.2006, n. 40189, Di Luggo, m. 235452); e che "L’intervento di ristrutturazione di una costruzione originariamente abusiva costituisce ripresa dell’attività illecita, integrando un nuovo reato edilizio, in quanto allorchè l’opera precedentemente realizzata perisce in tutto o in parte il proprietario non acquista il diritto di ricostruirla o comunque di ristrutturarla senza alcun titolo abilitativo anche se l’abuso non sia stato originariamente represso" (Sez. 3^, 11.10.2005 n. 40843, Daniele, m. 232364).

La corte d’appello ha anche correttamente rilevato che una siffatta attività di demolizione e di ricostruzione di una parte di un manufatto abusivo preesistente sia in ogni caso una cosa ben diversa da una semplice attività di manutenzione dello stesso, non limitandosi alla semplice conservazione in buono stato di un precedente immobile, con la conseguenza che nella specie sarebbero comunque irrilevanti i principi affermati in tema di mera manutenzione di manufatti abusivi.

I giudici del merito hanno adeguatamente e congruamente motivato anche il giudizio di inattendibilità del teste L. (osservando che lo stesso aveva risposto alla domanda sul precedente stato del manufatto ancor prima che la domanda stessa gli fosse stata posta) e comunque la questione è irrilevante perchè, per le ragioni dianzi indicate, i reati sussistono ancorchè il muro e la copertura fossero stati già esistenti in precedenza.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

Il corso della prescrizione è rimasto sospeso per un totale di mesi 8 e giorni 20 (dal 14.1.2008 al 12.6.2008 ed al 3.10.2008) sicchè la prescrizione maturerà solo il 15.2.2012. In ogni caso, anche a non voler tenere conto delle sospensioni, la prescrizione sarebbe comunque maturata dopo la data del 21.4.2010 di e-missione della sentenza impugnata, che quindi correttamente non la ha rilevata.

Poichè il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, è poi irrilevante che la prescrizione si sia eventualmente maturata in una data successiva perchè, a causa della inammissibilità del ricorso non si è formato un valido rapporto di impugnazione il che preclude a questa Corte la possibilità di rilevare e dichiarare le eventuali cause di estinzione del reato, ivi compresa la prescrizione, verificatesi in data posteriore alla pronuncia della decisione impugnata (Sez. Un., 22 novembre 2000, De Luca, m. 217.266; giur. costante).

In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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