Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 18-10-2011) 17-11-2011, n. 42419

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il giudice del tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di Sorrento, con sentenza 16.12.2008 assolse P.S. e V.G. dai reati di cui ai capi B) (violazione norme sul cemento armato) ed E) ( art. 734 cod. pen.) perchè il fatto non sussiste; dichiarò estinti per prescrizione tutti i reati in relazione alle opere di cui ai nn. 3, 4, 5 e 6 del capo A); e li dichiarò invece colpevoli dei reati di cui ai capi A) D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), (art. 44, lett. c), C) (violazione norme antisismiche) e D) ( D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 163), condannandoli alla pena ritenuta di giustizia, con l’ordine di demolizione e l’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi e con la sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione ed alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

La corte d’appello di Napoli, con la sentenza in epigrafe, dichiarò non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo C) (violazione norme antisismiche) per intervenuta prescrizione, rideterminò la pena e confermò nel resto la sentenza di primo grado.

Gli imputati propongono ricorso per cassazione deducendo:

1) prescrizione dei residui reati;

2) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al ritenuto concorso nel reato di V.G.;

3) manifesta illogicità della motivazione perchè a pag. 4 della stessa si dice che è prescritto il reato di cui al capo D) mentre con il dispositivo si conferma la condanna per lo stesso.

MOTIVI DELLA DECISIONE Il primo motivo è manifestamente infondato. I residui reati, infatti, sono stati consumati in data 16 maggio 2003 e quindi il termine massimo ordinario di prescrizione scadeva il 16 novembre 2007. Devono però aggiungersi i diversi periodi di sospensione dal 10.10.2005, al 6.6.2006, al 12.2.2007, all’8.10.2007, al 10.3.2008, al 12.5.2008, al 16.12.2008, per un totale complessivo di anni 3, mesi 2 e giorni 6. Ne deriva che la prescrizione si è maturata solo in data 22.1.2001, ossia in una data successiva a quella del 10.2.2010 in cui è stata emessa la sentenza impugnata, che pertanto esattamente non la ha rilevata e dichiarata. Nessun errore sotto questo profilo può dunque scorgersi nella sentenza stessa.

Il secondo motivo si risolve in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, ed è comunque manifestamente infondato. I giudici del merito hanno infatti fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle ragioni per le quali hanno ritenuto provato il concorso nel reato da parte della V., non già (solo) perchè questa era comproprietaria dell’immobile (come erroneamente si sostiene nel ricorso), bensì (anche) perchè doveva ritenersi committente delle opere abusive insieme al P., dal momento che i due erano coniugi, risiedevano proprio nell’immobile in questione, sicchè, in mancanza di una specifica prova contraria, doveva ritenersi che la stessa fosse stata perfettamente a conoscenza dei lavori stessi e li avesse condivisi, anche in considerazione del fatto che essi erano durati per molti anni (pag. 9 sentenza di primo grado).

Il terzo motivo è anch’esso manifestamente infondato essendo palese che il richiamo al capo D) contenuto a pag. 4 della motivazione è frutto di un evidente errore materiale, tanto è vero che nel prosieguo della motivazione la corte ha poi esplicitato che l’estinzione si era verificata per il solo reato (quello appunto di cui al capo C)) per il quale la prescrizione massima era triennale.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

Essendo il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, la circostanza che la prescrizione del reato sia maturata in una data successiva a quella in cui è stata emessa la sentenza impugnata, è irrilevante perchè, a causa della inammissibilità del ricorso non si è formato un valido rapporto di impugnazione il che preclude a questa Corte la possibilità di rilevare e dichiarare le eventuali cause di estinzione del reato, ivi compresa la prescrizione, verificatesi in data posteriore alla pronuncia della decisione impugnata (Sez. Un., 22 novembre 2000, De Luca, m. 217.266;

giur. costante).

In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna dei ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, di ciascuno al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento ciascuno delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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