Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 06-10-2011) 17-11-2011, n. 42412 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

V.G. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello di Messina confermava quella del tribunale nella medesima città che in data 17 aprile 2007 aveva ritenuto la responsabilità dell’imputato per il reato di cui agli art. 81 c.p. e D.L. n. 463 del 1983, art. 2, perchè il quale legale rappresentante della ditta mediterranea costruzioni S.r.l. con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, ometteva di versare all’Inps le somme trattenute sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti per il periodo novembre 2003 novembre 2004, così come specificato nel verbale di accertamento Inps del 17 maggio 2005.

Deduce in questa sede il ricorrente:

1) la mancanza manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui il tribunale ha ritenuto di dover affermare la responsabilità dell’imputato affermando con ragionamento illogico e contraddittorio che sarebbe stato provato il pagamento delle retribuzioni ed omettendo al riguardo di confutare le deduzioni specifiche contenute nell’atto di appello;

2) la manifesta illogicità della motivazione circa la ricezione della lettera con la quale l’Inps avrebbe diffidato l’imputato a regolarizzare la sua posizione essendosi limitata la corte di appello a richiamare sul punto le argomentazioni del primo giudice;

3) l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale non avendo tenuto conto la corte di merito che la norma richiedeva l’effettiva corresponsione delle retribuzioni;

4) la mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio non avendo la corte di merito risposto ai rilievi circa l’eccessività della stessa anche rispetto a quella indicata nell’opposto decreto penale;

5) mancanza manifesta illogicità della motivazione in esito alla mancata conversione della sanzione detentiva nella corrispondente sanzione pecuniaria con la mera affermazione che tale decisione era corretta in considerazione della gravità dei fatti e dei precedenti dell’imputato. Ciò in quanto i precedenti stessi avrebbero dovuto essere ritenuti di scarsa rilevanza tant’è che lo stesso giudice di primo grado aveva ritenuto l’imputato meritevole del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Per quanto concerne il primo ed il terzo motivo di ricorso la decisione di appello richiama le motivazioni di quella di primo grado incentrata a sua volta sulle dichiarazioni del teste funzionario dell’INPS che aveva svolto gli accertamenti. Ciò posto il ricorrente censura in maniera assolutamente generica in questa sede le conclusioni conformi dei giudici di merito senza in particolare indicare nè di quali elementi indicati nei motivi d’appello il giudice non avrebbe tenuto conto, nè le ragioni della illogicità o della manifesta infondatezza delle argomentazioni. Analoghe considerazioni valgono per il secondo motivo in cui – sempre in maniera assolutamente generica – si contesta la regolarità della notifica della diffida ad adempiere.

Rappresentano deduzioni di merito i rilievi tesi a contrastare la determinazione del trattamento sanzionatorio, oggetto del quarto motivo, fermo restando che il richiamo sostanziale ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen., si appalesa senz’altro idoneo a dare conto delle ragioni di un trattamento sanzionatorio eccedente i limiti edittali.

Il diniego di conversione della pena – oggetto del quinto motivo – è adeguatamente argomentato con riferimento ai precedenti dell’imputato ed alla gravità della condotta, nè ancora una volta vengono illustrate dal ricorrente le ragioni della illogicità delle argomentazioni del giudice di merito.

A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità – determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonchè del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di Euro 1000.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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