Cass. civ. Sez. I, Sent., 28-05-2012, n. 8455 Società

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 23 aprile 2012 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;, udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott. FIMIANI Pasquale, che ha concluso per accoglimento del primo motivo del ricorso principale, con assorbimento dei restanti motivi e del ricorso incidentale.

La ricorrente impugna la sentenza 5.8.2009, n. 748 della Corte d’Appello di Brescia che, in riforma della sentenza del Tribunale di Brescia del 17.4.2009, n. 66, revocò il fallimento della società I Rent s.r.l., così accogliendo il relativo reclamo ai sensi della L. Fall., art. 18 proposto da V.F. nella qualità di liquidatore della società I rent s.r.l. e dunque, ritenne la corte, dalla società. Questa si era cancellata su propria richiesta dal registro delle imprese, con atto d’iscrizione del 22.4.2008, mentre Biesse di Roberto Savino & C. s.a.s. ne aveva domandato, con ricorso 12.11.2008, la dichiarazione di fallimento; al limitato fine dell’impugnazione la società venne ritenuta legittimata ad instare ai sensi della L. Fall., art. 18, così come nel termine di un anno di cui alla L. Fall., art. 10 era stata ritenuta fallibile. La nullità della sentenza dichiarativa di fallimento, unitamente alla conseguente sua revoca, venne disposta per il difetto di tempestività della notifica del ricorso-decreto, cioè del termine minimo dei 15 giorni a comparire ai sensi della L. Fall., 15, eccezione prevalente rispetto ad altri rilievi d’impugnazione non condivisi dalla corte di merito circa il rispetto delle forme della notifica stessa (eseguita all’estero, tramite la via consolare e diretta a raggiungere il legale rappresentante ivi residente di società italiana estinta). Della predetta notifica il tribunale aveva disposto la rinnovazione, operando un rinvio dall’udienza (inizialmente fissata) del 28.1.2009 (la notifica si era compiuta il 14.1.2009, ma il riscontro mancò a quell’udienza) a quella del 15.4.2009, ma ad entrambe la società debitrice non si presentò;

mentre il tribunale ne ritenne comunque la sufficienza, la corte valutò come complessivamente non perfezionato il procedimento di notifica, perchè non andato a buon fine al secondo tentativo e nullo quanto al primo. La corte respinse la domanda di condanna risarcitola a carico della creditrice istante, per mancato accertamento della relativa colpa e valutando in astratto positivamente, ai sensi della L. Fall., art. 1, comma 2, i limiti dimensionali di fallibilità della debitrice.

Il ricorso è affidato a tre motivi e resistito con controricorso, e ricorso incidentale su due motivi, dalla sola I Rent s.r.l.., nella non costituzione del Fallimento di I Rent s.r.l.; parte contro ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il primo motivo si deduce violazione falsa ed erronea applicazione dell’art. 2495 cod. civ., art. 75 cod. proc. civ., e art. 3 Cost., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, contestandosi che ancora l’ex liquidatore della società I Rent s.r.l., nonostante la cancellazione di questa dal registro delle imprese, ne conservasse la rappresentanza e sia pur ai soli fini del reclamo avverso la relativa dichiarazione di fallimento, così coordinandosi la regola dell’estinzione (avvenuta) con la ulteriore fallibilità per un anno del debitore, ai sensi della L. Fall., art. 10.

Con il secondo motivo si deduce violazione falsa ed erronea applicazione della L. fall., art. 15, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contestandosi che il termine di quindici giorni ivi dettato si applichi a pena di nullità, bastando invece, ai fini della regolarità del contraddittorio, che il debitore sia stato posto in grado di conoscere i motivi del ricorso e di difendersi, ciò in base alle ragioni d’urgenza immanenti, che comunque giustificano il superamento delle prescritte formalità quando sia stato il debitore a porsi fuori dall’ordinamento la cui tutela non potrebbe più pretendere.

Con il terzo motivo si deduce violazione falsa ed erronea applicazione degli artt. 99, 112 e 101 cod. proc. civ., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, contestandosi che il mancato rispetto del termine dei quindici giorni dettato dalla L. fall., art. 15, comma 3, potesse essere eccepito anche d’ufficio, benchè – secondo la sentenza impugnata – il debitore l’avesse fatto valere in sede di reclamo all’udienza avanti alla corte d’appello, ma ciò non risultasse dal verbale.

La controricorrente avversa la domanda respingendo, perchè infondati, tutti i motivi e svolge due mezzi di ricorso incidentale, subordinati all’accoglimento del ricorso principale. Con il primo, viene contestato che la notifica dell’istanza di fallimento potesse avvenire tramite l’Ambasciata e non invece per il Consolato, così deducendosi violazione omessa falsa applicazione degli artt.12-13 del Regolamento CE 1393/2007, D.P.R. n. 200 del 1967, artt. 30 e 75 e artt. 16, 156, 157 e 291 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Con il secondo, si deduce violazione omessa falsa applicazione della L. fall., art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed omessa insufficiente motivazione in relazione al n. 5, laddove la sentenza, pur dichiarando assorbita la questione della fallibilità della debitrice, vi si è riferita, affermandola in astratto, al fine di giustificare la reiezione della domanda risarcitoria contro il creditore istante.

1. Il primo motivo è infondato. L’inequivoca spendita, da parte del già liquidatore della società reclamante, del nome della società ed il conseguente apprezzamento dell’impugnazione siccome riferibile alla società stessa permettono di dare conto dell’esattezza della decisione, sul punto, della sentenza impugnata, essendosi essa conformata al principio per cui "in tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese, la legittimazione al contraddittorio spetta al liquidatore sociale, poichè, pur implicando detta cancellazione l’estinzione della società, ai sensi dell’art. 2495 cod. civ. (novellato dal D.Lgs. n. 6 del 2003), nondimeno entro il termine di un anno da tale evento e ancora possibile, ai sensi della L. fall., art. 10, che la società sia dichiarata fallita se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla cancellazione o nell’anno successivo, con procedimento che deve svolgersi in contraddittorio con il liquidatore, il quale, anche dopo la cancellazione è altresì legittimato a proporre reclamo avverso la sentenza di fallimento, tenuto conto che, in generale, tale mezzo di impugnazione è esperibile, L. Fall., ex art. 18, da parte di chiunque vi abbia interesse" (Cass. 22547/2010). Affermata, anche in tale precedente, "la persistenza degli organi societari ai soli fini della dichiarazione di fallimento", ne consegue la capacità processuale del liquidatore societario ed il potere di rilasciare la procura per la proposizione del reclamo, proprio perchè sia la società, in questo modo rappresentata, a contraddire efficacemente sui presupposti che concernono il suo fallimento, ancora eccezionalmente possibile nonostante la estinzione dell’ente ad ogni altro effetto.

2. Il secondo motivo è infondato. La sentenza impugnata ha applicato il principio, già enunciato da questa Corte, per cui "il termine di cui alla L. fall., art. 15, comma 3 – nel testo risultante dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, art. 2, comma 4, ed applicabile alla fattispecie "ratione temporis" – deve essere qualificato come termine dilatorio e "a decorrenza successiva" e computato, secondo il criterio generale di cui all’art. 155 cod. proc. civ., comma 1, escludendo il giorno iniziale (data di notificazione del ricorso introduttivo e del relativo decreto di convocazione) e conteggiando quello finale (data dell’udienza di comparizione), (Cass. s.u.

1418/2012). Pacifico che la notifica della convocazione per la seconda udienza d’istruttoria non avvenne, nemmeno appare corretta l’invocazione del rispetto del predetto termine ove siano posti in comparazione la data di perfezionamento della notifica (all’estero) della società in persona del liquidatore (14.1.2009) – non con la data di prima udienza (28.1.2009, con intervallo inferiore ai 15 giorni legali) bensì – con quella che il tribunale stesso fissò come rinvio (15.4.2009), poichè per quest’ultima era stata disposta una nuova notifica (non perfezionata) e dunque un nuovo termine dilatorio. Anche l’ulteriore argomento a sostegno dell’erronea applicazione della L. fall., art. 15, non può essere condiviso ove richiami, da un lato, la tesi della sufficienza della conoscenza purchessia del procedimento prefallimentare per integrare il contraddittorio (negata, per il regime successivo alla riforma, da Cass. 5257/2012) e, dall’altro, la derogabilità di detto termine in relazione alle esigenze di accertamento urgente dell’insolvenza:

esso, invariabilmente, si risolve in tal modo nella violazione della obbligatorietà del termine dei 15 giorni, ove non ve ne sia stata la riduzione, su preventiva richiesta di parte e decisione del presidente del tribunale come consentito ai sensi della L. fall., art. 15, comma 5. Dopo la riforma del D.Lgs. n. 5 del 2006, con la scomparsa dell’iniziativa d’ufficio e la obbligatorietà della notifica a cura della parte, ogni deroga alle regole procedimentali di organizzazione del contraddittorio appare infatti praticabile solo se rispetti le specifiche modalità di accesso ai relativi istituti acceleratori, che non mancano nello stesso art. 15 L. Fall. ma vi sono anzi puntualmente tipizzati. La flessibilità del procedimento ed il carattere non predeterminato delle sue forme appaiono rispondere all’indicazione prescrittiva iniziale della disposizione menzionata, che riferisce alle modalità de formalizzate dei procedimenti camerali lo schema di organizzazione della novellata istruttoria: così, in difetto di una norma più specifica, va negato che si debba seguire una rigida formula, nel ricorso-decreto, per l’enunciazione della editto actionis, bastandone l’inequivoco tenore finalistico cui è rivolto il procedimento così come desumibile dal complesso degli atti (Cass. 25870/11). Tuttavia il medesimo richiamo ad un’esigenza pubblicistica di conoscenza comunque della pendenza del procedimento è meno condivisibile quanto alla regola del contraddittorio: essa non è più disciplinata da una clausola generale moderatrice del diritto di difesa all’insegna del modello della compatibilità, come ancora consentito per il previgente L. Fall., art. 15, anche dopo Corte cost. 110/1972, 142/1970 e 171/1970.

La convocazione del debitore – ad un’udienza, per Cass. 5257/2012 – oggi non sembra ammettere alcuna deroga scrutinabile ex post, ogni contrazione del tempo normativo assicurato alla difesa per il contatto d’udienza della parte debitrice con il giudice e la controparte potendo essere superato solo con gli strumenti semplificatoti (adottabili anche nel caso di negligenza del debitore irreperibile: Cass. 22151/2010) che, nella vicenda, non risultano esperiti. Nè può invocarsi nella fattispecie un analogo temperamento connesso ad una partecipazione effettiva comunque espletata dal debitore nel procedimento (come permesso da Cass. 16757/2010), risultando agli atti, al contrario, che il debitore non comparì avanti al primo giudice.

3. Il terzo motivo è fondato. Nella sentenza impugnata si da conto infatti che, a verbale dell’udienza chiamata avanti alla corte di merito L. Fall., ex art. 18, la reclamante avrebbe eccepito per la prima volta la nullità per mancato rispetto del termine a comparire della notifica del ricorso, circostanza peraltro negata dalla ricorrente, ed il cui esame, alla stregua della veri6ca dell’error in procedendo, appare correlarsi alla concomitante affermazione, espressa nella sentenza impugnata, del rilievo comunque d’ufficio del menzionato vizio, rilievo patimenti censurato nella sede di legittimità. Contestualmente, va osservato, la corte d’appello ha inequivocamente affermato che "la mancanza" della seconda notifica (rectius di quella volta ad instaurare il contraddittorio per la seconda udienza) patimenti implica nullità della sentenza opposta, ragione processuale tuttavia assorbita in un’indistinguibile fondatezza ritenuta quanto al mezzo di reclamo accolto.

Va innanzitutto escluso il preteso vizio di cui all’art. 101 cod. proc. civ., comma 2, che, nella sua formulazione novellata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 13, si applica solo ai giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore (4 luglio 2009), mentre il reclamo avverso la sentenza venne introdotto il 19 maggio 2009. Prima di valutare però se il reclamo investì tempestivamente e ritualmente il giudice del motivo di nullità, occorre una risposta al quesito sulla rilevabilità anche d’ufficio della relativa eccezione. Sul punto, si può chiarire che, trattandosi di un vizio dell’attività della parte refluito in una causa di nullità della sentenza del tribunale, omessone il rilievo -che era certo doveroso – ad opera del primo giudice, al secondo collegio esso pervenne solo come motivo di impugnazione e dunque la corte d’appello ne poteva conoscere attraverso i limiti devolutivi del gravame. Conseguendone la non rilevabilità d’ufficio, da parte del giudice del reclamo L. Fall., ex art. 18, di un vizio della sentenza impugnata ove non fatto valere dal reclamante, va esaminato se effettivamente tale oggetto del mezzo di impugnazione sia appartenuto, secondo le regole del nuovo reclamo alla sentenza di fallimento, a quanto devoluto alla corte d’appello. La risposta è negativa, in quanto la stessa controricorrente riconosce di dover invocare un’interpretazione estensiva ai motivi di reclamo, pretendendo – erroneamente – di far discendere dalla formale contestazione dell’avvenuta notifica (concernente in sè un vizio dell’atto con cui il ricorso di fallimento ed il decreto di convocazione erano stati recati alla conoscenza della debitrice fallenda) altresì la censura circa il mancato rispetto del termine dilatorio che deve intercorrere tra la notifica stessa e la data fissata dal tribunale per la convocazione d’udienza. Tale termine, previsto nell’interesse della parte, può invero essere arbitrato nel procedimento prefallimentare sia, come visto, provocandone una riduzione in caso d’urgenza (ad istanza del ricorrente e con decisione motivata del giudice), sia vanificando la stessa tutela se la stessa parte debitrice si costituisce, si difende efficacemente e non invoca esplicitamente la nullità della vocatio in jus (Cass. 16757/2010; 1098/2010). Nella fattispecie, la debitrice non si costituì avanti al tribunale, ma reclamò la sentenza di fallimento prospettandone un errore che, alla stregua della necessaria puntualità e specificità dei motivi quale voluta dalla L. Fall., art. 18, comma 2, n. 3 – che invero esige "l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione, con le relative conclusioni" -, non è permesso rinvenire nella descritta (e diversa) nullità, dedotta nei più generici ed inconferenti termini della sola nullità della notifica in sè, non anche per il mancato rispetto dei citati quindici giorni anteriori all’udienza prefallimentare. Ciò avrebbe dovuto rendere, più correttamente, inammissibile, sul punto, il reclamo avanti alla corte d’appello ed ora rende, del pari, accoglibile il motivo di ricorso in esame. Tale conclusione non è invero elusa anche a volere considerare il carattere devolutivo lato del mezzo di gravame fallimentare ora ammesso per censurare la sentenza di fallimento, poichè il riesame della causa di merito va combinato con la necessaria esposizione delle ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione, con una idoneità a far conoscere al giudice sia i capi ed i punti contestati, sia le ragioni per cui si chiede la riforma della sentenza di primo grado (per l’appello ordinario Cass. 21745/2006 e soprattutto 9244/2007).

4.La fondatezza del terzo motivo abilita all’esame del ricorso incidentale, espressamente qualificato dalla parte come "subordinato all’accoglimento dei mezzi di ricorso avversari". Quanto al primo motivo del ricorso incidentale, esso è infondato. La completezza della notifica dell’istanza di fallimento, disposta per l’udienza prefallimentare del 28.1.2009 avanti al Tribunale di Brescia – e che è circostanza del tutto diversa dal rispetto, con il suo perfezionarsi, del termine dilatorio dei 15 giorni ai sensi della L. Fall., art. 15, comma 3 – risulta dalla relata del Consolato generale d’Italia a Londra, che ne diede prova altresì indicando all’UNEP richiedente la modalità di controllo sul sito vveb delle poste inglesi. La contestazione sul punto è del tutto generica. Tanto più che anche il menzionato atto certificativo confermò la piena assunzione senza riserve od obiezioni, in capo all’autorità consolare, della competenza all’attività notificatoria, nè ha alcun rilievo che ad essa la richiesta fosse pervenuta dall’Ambasciata d’Italia in (OMISSIS), cui lo stesso ufficiale giudiziario italiano si era inizialmente rivolto per l’adempimento. Oltre alla corrispondenza dell’indirizzo estero di V.F., legale rappresentante della società debitrice – nel frattempo estinta, perchè cancellata – esattamente a quello risultante dal certificato dell’anagrafe menzionante la sua iscrizione all’AIRE, la procedura seguita non evidenzia alcuna irregolarità, nè tale potendo essere intesa, quale ultima doglianza, la mancata compilazione di un modulo in lingua inglese, omissione della fase anteriore, non opposta dal Consolato (secondo una facoltà semmai posta a tutela del destinatario e non esercitata, nè esercitabile in difetto di prova della non conoscenza della Lingua utilizzata) e che, in via assorbente, non ha impedito il compimento della notifica da parte dell’organo alfine ricevente, secondo un pacifico raggiungimento dello scopo. Il D.P.R. 30 gennaio 1967, n. 200, art. 30 (ora abrogato dal D.Lgs. 3 febbraio 2011, n. 71, art. 79, comma 1, lett. a)), nell’investire l’autorità consolare della relativa potestà, opera invero un ampio rinvio alla nozione di "notificazione degli atti ad essa rimessi a norma delle vigenti disposizioni", non permettendo dunque di sindacare, come ragione anche solo astratta di irregolarità, la ricezione dell’atto dall’ambasciata e non direttamente dall’UNEP richiedente – la cui richiesta era peraltro univoca circa la notificazione -, tanto più che la stessa disciplina, vigente ratione temporis, ben permetteva la traslazione diretta dell’atto ad altro ufficio, ove l’interessato si trovasse in altra circoscrizione (art. 75 D.P.R. cit.) ed in generale ampi poteri d’istruzione del Ministero degli Affari esteri e di competenza integrativa (artt.73-74 D.P.R. cit.).

L’assorbimento del secondo motivo di ricorso incidentale consegue alla cassazione con rinvio della sentenza, con successivo esame nel merito del reclamo cui sarà tenuta la Corte d’Appello come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi principale ed incidentale, rigetta i primi due motivi del ricorso principale, accoglie il terzo, rigetta il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara assorbito il secondo, cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese, alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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