Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 06-10-2011) 17-11-2011, n. 42410

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L.C. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte di appello di Milano confermava quella del tribunale della medesima città che aveva condannato l’imputato alla pena di giustizia per il reato di cui agli art. 81 cpv., art. 609 bis e ter cod. pen., perchè compiva atti sessuali su minori degli anni 14, in quanto quasi quotidianamente, con violenza consista nel farla spogliare e nel farla stendere sopra un tavolo, costringeva la minore V.D. a subire toccamenti sul seno, sui glutei e sul pube, a subire il l’uso di un vibratore appoggiato sul bacino e sul pene nonchè a subire penetrazioni digitali in vagina. Deduce in questa sede il ricorrente:

1) l’illogicità della motivazione in ordine alla mancata assunzione di prove richieste e non ammesse in primo grado finalizzate a provare che l’imputato era spesso fuori sede per svolgere il proprio lavoro e che non poteva, quindi, trovarsi nello studio tutti pomeriggi per commettere i fatti addebitati;

2) l’illogicità della motivazione in ordine alla affermata attendibilità e mancanza di suggestione della persona offesa;

l’omessa valutazione dei motivi di appello rilevanti; il travisamento della prova e la violazione di legge in ordine alla valutazione della prova. Le risultanze istruttorie – si fa rilevare – confutano la tesi sostenuta in motivazione secondo cui la minore avrebbe reso le proprie dichiarazioni senza l’influenza di suggestioni esterne. Prima della denuncia vi sarebbero stati, infatti, contatti della vittima con la nonna e con la mamma ostili al L.. Inoltre non sarebbero stati nemmeno considerati i contatti con la zia cui la minore avrebbe confidato l’accaduto che – come si rileva dalle videoregistrazioni del primo interrogatorio davanti al pm – avrebbe assistito anche all’atto istruttorio; l’atteggiamento di incoraggiamento della psicologa prima dell’audizione davanti al GUP e dopo l’esame del PM. Le dichiarazioni della p.o. – si conclude – sarebbero state pertanto sollecitate e non spontanee ma la corte di appello non si sarebbe fatta carico di rispondere alle doglianze sul punto;

3) la mancata valutazione dei motivi di appello rilevanti in ordine alla non univocità delle dichiarazioni della minore e la violazione di legge in ordine alla valutazione della prova costituita dalle dichiarazioni della minore stessa. La reiterazione del racconto, valorizzata in sentenza – si sostiene -, non può esimere dal verificare l’esistenza di menzogne. Al riguardo si fa rilevare come la minore abbia certamente mentito inventando scenari inesistenti sul fatto di essere stata immobilizzata con dei pesi ogni giorno dall’imputato, sulla durata degli abusi dapprima indicati in due anni poi in sei mesi tant’è che all’udienza preliminare il PM era stato costretto a modificare l’imputazione facendo cadere in particolare il riferimento all’immobilizzazione. Frequenti sarebbero state inoltre – secondo il ricorrente – le contraddizioni della minore sulle ragioni dell’accesso all’abitazione dell’imputato, sulle modalità degli approcci, nonchè su altre circostanze quali le vacanze con la madre.

Nè si sarebbe chiarita la ragione per la quale la minore non si era confidata con la psicologa della scuola. Quanto alla descrizione dei luoghi, anch’essa valorizzata in motivazione, si rileva il carattere de tutto neutro della circostanza potendo avere avuto la denunciante conoscenza per altre ragioni dell’immobile;

4) la mancanza della motivazione in ordine alla insussistenza di riscontri esterni alle dichiarazioni di D. e la mancata considerazione dei motivi difensivi al riguardo. Si fa rilevare che non possono costituire riscontro alle affermazioni della p.o. nè le dichiarazioni della zia, nè quelle della madre. In più si fa rilevare che in contrasto con l’asserita penetrazione con le dita da parte dell’imputato vi sono elementi importanti la cui valutazione sarebbe stata del tutto pretermessa in motivazione. Si fa rilevare, infatti, che la minore non avrebbe mai accusato abrasioni nelle parti intime o altri problemi di bruciori. La teste B.T. non avrebbe confermato di essere stata informata di tale aspetto ed il professor M., consulente della difesa, nella consulenza redatta, ha escluso la penetrazione evidenziando come la stessa avrebbe provocato necessariamente una lesione tanto più se ripetuta.

Anche l’uso del vibratore non avrebbe trovato conferme nei testi che frequentavano lo studio, nè tale strumento sarebbe stato successivamente rinvenuto presso l’abitazione. Si fa rilevare, inoltre, come la ragazza aveva certamente mentito sul proprio comportamento scolastico e che la patologia dermatologica di probabili di origine psicogena non rappresenta riscontro certo connotando unicamente l’esistenza di un momento di difficoltà nella vita di D.;

5) il difetto di motivazione violazione di legge in ordine alla mancata considerazione dei motivi rilevati della difesa che – si sostiene – non è possibile superare attraverso richiami per relationem alla prima decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorso è fondato e merita accoglimento per le ragioni di seguito indicate.

Come più volte evidenziato da questa Corte, per i reati di specie, a base del libero convincimento del giudice possono senz’altro essere poste le dichiarazioni della parte offesa, la cui deposizione, pur se non può essere equiparata a quella del testimone estraneo, può tuttavia essere assunta anche da sola come fonte di prova, ove sia sottoposta a un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva (ex plurimis Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003 Rv. 227493).

E’ altresì pacifico che l’attendibilità che il giudice di merito riconosca alla p.o. non è censurabile in sede di legittimità, purchè tale valutazione sia sorretta da un’adeguata e coerente giustificazione che dia conto, nella motivazione, dei risultati acquisiti e dei criteri adottati (ex plurimis Sez. 6, n. 443 del 04/11/2004 Rv. 230899).

Fatta questa premessa si deve ora rilevare come sia pacifico che la persona offesa abbia in realtà mutato versione circa lo svolgimento dei fatti tant’è che, in occasione dell’udienza preliminare, il pubblico ministero ha dovuto modificare i termini dell’imputazione espungendo tra l’altro dalla contestazione l’immobilizzazione della minore stessa.

Ciò posto appare anzitutto contraddittorio in linea di principio valorizzare la reiterazione del racconto in presenza di un mutamento di versione che ha comportato la modifica dell’imputazione.

Naturalmente è ben possibile che la persona offesa abbia potuto equivocare su alcuni aspetti del ricordo e che, quindi, la versione finale possa essere veritiera e ritenuta attendibile dal giudice di merito ma, ovviamente, nella valutazione si impone la cautela di verificare attentamente le ragioni enunciate dalla difesa e, soprattutto, rispondere adeguatamente ai rilievi dalla stessa posti nei motivi di appello nel caso in cui gli stessi riguardino elementi essenziali per la ricostruzione dei fatti.

Nella specie i rilievi difensivi si incentrano sostanzialmente su due aspetti: la suggestionabilità della ragazza e le modalità delle violenze.

A fronte di essi la corte di merito si limita in maniera del tutto assertiva ad escludere la suggestionabilità della vittima senza confrontarsi, quindi, sui rilievi formulati nei motivi di appello.

Ugualmente i rilievi del consulente della difesa vengono del tutto pretermessi in motivazione a proposito dei risultati della consulenza di parte in cui il consulente della difesa, professor M., aveva affermato l’inesistenza di lesioni/lacerazioni vaginali sul corpo della parte lesa, dato questo rilevante in quanto incompatibile con il tipo di abuso sessuale denunciato dalla minore.

Si tratta di aspetti indubbiamente centrali per verificare la credibilità del racconto in quanto attengono rispettivamente alle ragioni della denuncia ed alla verosimiglianza del narrato.

Nè può valere, in presenza di specifiche contestazioni, il generico richiamo delle motivazioni di primo grado.

Appare evidente, dunque, che la sentenza debba essere annullata con rinvio per consentire una nuova valutazione che si faccia carico di esaminare i rilievi dedotti con i motivi di impugnazione sugli aspetti indicati.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *