Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 05-10-2011) 17-11-2011, n. 42408

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Confermando la decisione del Tribunale, la Corte di Appello di Lecce, con sentenza 12 gennaio 2011, ha ritenuto M.C. responsabile del reato di violenza sessuale continuata ai danni di F.M., un ragazzo di anni sedici e, riconosciute le attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di anni quattro di reclusione.

I Giudici hanno ritenuto credibile ed attendibile il racconto accusatorio del ragazzo il quale ha riferito che l’imputato, bidello con mansioni di giardiniere nella scuola da lui frequentata, al termine delle lezioni in tre occasioni e contro la sua volontà, aveva perpetrato atti sessuali sulla sua persona.

La versione di fatti fornita dalla parte lesa è stata ritenuta affidabile per le seguenti ragioni.

Il perito ha evidenziato che il giovane aveva la capacità di deporre non presentava problematiche tali da compromettere la sua attendibilità.

Il racconto del F. è stato costante nel tempo, non riflette suggestioni etero-indotte, ha colorito emotivo congruente, non rileva astio o enfatizzazioni; la narrazione è ricca di riferimenti e di descrizioni incompatibili con un racconto non vissuto. Inoltre, molti particolari del narrato – circa lo stato dei luoghi e l’orario delle lezioni – hanno trovato conferma.

La Corte ha disatteso la prospettazione della difesa secondo la quale la denuncia è stata un’ espediente del ragazzo per non rispettare l’obbligo scolastico. Sul punto, ha rilevato che il F. aveva avuto difficoltà di apprendimento, ma dopo l’inserimento in comunità frequentava regolarmente i corsi ed il rifiuto scolastico si è manifestato solo dopo gli abusi.

Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione per erronea valutazione dei mezzi di prova e chiedendo la assoluzione per non avere commesso il fatto almeno sotto il profilo del ragionevole dubbio. Passa in rassegna i principi enucleati dalla comunità scientifica e dalla giurisprudenza sulle modalità di assunzione della testimonianza dei minori e sui fattori che ne inquinano l’affidabilità primo tra tutti la suggestione; osserva che particolare attenzione va rivolta al contesto ed alle motivazioni che hanno portato alla denuncia. Indi, menziona tutte le testimonianze da cui emergono le problematiche e la personalità fragile del ragazzo, la sua propensione a mentire, il disamore verso la scuola percepita come una perdita di tempo; in questo contesto, sostiene il ricorrente, il giovane ha escogitato la denuncia come il modo di sottrarsi al vincolo scolastico che l’assillava ed ha accusato un reietto della società al quale nessuno avrebbe creduto. Dubbi sulla attendibilità delle dichiarazioni del ragazzo (sfornite di ogni necessario riscontro) si rilevano nella difficoltà di collocare nel tempo gli episodi e nella impossibilità del M. ad avere accesso ai locali della scuola (dove si sarebbe svolta parte della condotta delittuosa).

La difficoltà che il caso pone, comune ai reati sessuali, si incentra nella circostanza che i Giudici si sono trovati a confrontarsi con le versioni antitetiche dei protagonisti della vicenda; il ragazzo che ha narrato di avere subito atti sessuali non consenzienti da parte dell’imputato e costui che ha sostenuto che nulla era accaduto.

In tale contesto, il racconto del giovane deve essere sottoposto ad un esame critico di particolare rigore anche in considerazione della giovane età dello accusatore e delle motivazioni che lo hanno indotto denunciare l’imputato, sulle quali si focalizzano le critiche della difesa.

Il primo problema che si pone – correttamente sottoposto al vaglio del consulente del Pubblico Ministero – riguarda la idoneità di M. a testimoniare; l’esperto ha concluso che il ragazzo avesse la capacità di immagazzinare e rievocare i fatti, presentasse un patrimonio culturale adeguato alla sua età e fosse immune da problematiche psicopatologiche e da costruzioni deliranti del pensiero.

Una volta superato positivamente la tematica sulla capacità del giovane a rendere testimonianza, necessita vagliare la attendibilità della trama narrativa del suo racconto e, quindi, la affidabilità del dichiarante.

Sul punto, le articolare e dotte censure dell’atto di ricorso sulla necessità di interrogare i minori con metodi appropriati per avere racconti genuini e sulla possibilità di inquinamento dei loro ricordi non colgono nel segno: lo stesso ricorrente – sostenendo, come tesi fondamentale, che il giovane aveva un valido movente per mentire – riconosce che non ha patito l’altrui influenza.

M. ha, subito dopo i fatti, riferito l’accaduto ad un operatore scolastico nei termini in cui li narrerà in seguito agli altri intervistatori ed in sede giudiziaria; di conseguenza, non sono riscontrabili interventi intrusivi che abbiano negativamente influito sulla emersione degli episodi in esame.

Tale conclusione non esime dal verificare se il narrato del giovane sia in sintonia con quanto realmente accaduto e se la motivazione della impugnata sentenza sul punto sia logica e coerente. Ora la credibilità intrinseca del dichiarante è stata fondata sia dal Tribunale sia dalla Corte territoriale, innanzi tutto, sul parere in tale senso del consulente dell’accusa che ha ritenuto il ragazzo "persona attendibile in relazione ai fatti per cui è procedimento".

In questo modo, i Giudici hanno affidato all’esperto (che può solo riferire sulla credibilità clinica dell’esaminando) un compito di loro spettanza, non delegabile, sulla verifica della prova dichiarativa. Inoltre, i Giudici (per superare la tesi difensiva, ancorata ad emergenze processuali, secondo la quale la denuncia era un espediente per uscire dalla comunità) hanno ritenuto opportuno ricercare conferme oggettive a conforto delle accuse.

I riscontri sono stati reperiti nel rilevo che lo stato dei luoghi e l’orario scolastico fosse conforme a quanto asserito dalla parte lesa e che l’imputato potesse avere accesso all’interno della scuola;

questi particolari erano di comune conoscenza e non costituiscono un riscontro al tema specifico da convalidare, cioè, la perpetrazione di atti sessuali.

Inoltre, è riscontrabile una lacuna motivazionale nella sentenza in esame che ripercorre l’iter argomentativo del Tribunale senza fornire una congrua e puntuale risposta e confutazione ai motivi di appello.

Per le esposte considerazioni la decisione impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello per un nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce per un nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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