Cass. civ. Sez. I, Sent., 28-05-2012, n. 8450 Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione notificata il 16 gennaio 2003 L.B.A., proprietario di un terreno in Comune di Pragelato, in N.C.T. alla Partita 5154, F. 47, Map. 32, dimq. 552, occupato su autorizzazione della Direzione regionale Trasporti del 21 giugno 2002 e decreto prefettizio del 2 luglio 2002, dalla Agenzia per lo svolgimento dei ventesimi giochi olimpici invernali di Torino del 2006, per la realizzazione degli impianti di trampolino per salto con sci, di cui al piano per lo svolgimento di detti giochi approvato dalla Giunta Regionale con delib, 11 giugno 2002, conveniva in giudizio, dinanzi alla Corte d’appello di Torino detta Agenzia per opporsi alla stima dell’indennità provvisoria di espropriazione notificatagli il 17 dicembre 2002 e liquidata in Euro 728,96, per i mq. 544 a destinazione agricola e in Euro 53,68, per i mq. 8 a destinazione edificabile.

Con l’opposizione chiedeva di liquidare l’indennità in Euro 97.000,99 come da allegata relazione estimativa, dovendosi qualificare edificabile l’intera area occupata.

La convenuta Agenzia eccepiva l’inammissibilità dell’opposizione per non essere ancora definitiva l’indennità di espropriazione e deduceva comunque la infondatezza di essa per essere l’area occupata urbanisticamente destinata a verde di zona e quindi inedificabile.

Riproposta altra opposizione, con citazione notificata il 12 marzo 2004, avverso la determinazione definitiva dell’indennità di espropriazione stimata nella stessa misura di quella già offerta provvisoriamente, le due cause erano riunite e sulle stesse la Corte di appello di Torino, con sentenza del 13 gennaio 2010 si pronunciava, rigettando le due opposizioni e condannando il L. alle spese del giudizio.

La sentenza riteneva che la destinazione ad attrezzature sportive della zona era vincolo preordinato all’esproprio, irrilevante per determinare l’indennità, per la cui liquidazione rilevava invece la destinazione a verde dei mq. 544 da considerare totalmente non edificabili, dovendosi in fatto considerarsi nella identica situazione anche i mq. 8 rientranti in area urbanisticamente edificabile, in concreto da ritenere non edificatori per la loro estensione che escludeva una reale loro edificabilità.

Applicati i valori agricoli medi (V.A.M.) per determinare le indennità di espropriazione in base all’art. 16 e quella di occupazione in un dodicesimo annuo di quella di esproprio ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 20, la Corte ha rigettato l’opposizione, per avere l’opponente ricevuto una somma maggiore di quella a lui spettante per l’esproprio subito e ha condannato l’opponente alle spese del giudizio.

Per la cassazione di detta sentenza della Corte di appello di Torino del 13 gennaio 2010, non notificata alle parti, L.B. A. propone ricorso di nove motivi, notificato l’8 luglio 2010, al quale replica l’Agenzia per lo svolgimento dei XX giochi olimpici invernali, con controricorso e ricorso incidentale di un unico motivo, rispetto al quale si difende il L. con altro tempestivo controricorso e depositando memoria illustrativa delle sue difese ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Per facilitare l’esame del ricorso appare opportuno premettere alcuni principi che consentiranno di decidere insieme alcuni dei nove motivi di ricorso, così semplificando la motivazione. Nella premessa del ricorso si deduce che con esso si chiede la concreta individuazione del criterio di liquidazione dell’indennità, sostenendo la ammissibilità di tale questione, indipendentemente da una sua espressa deduzione in sede di merito.

Ritiene la Corte che, in una causa di opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione, non costituisca mai questione nuova quella dell’accertamento del criterio legale di liquidazione dell’indennità dovuta all’espropriato, perchè il problema è insito all’azione, sia in sede di merito che di legittimità e essendo i criteri predeterminati per legge, per cui anche le modifiche di essi sono jus superveniens rilevante in ogni stato e grado del giudizio, ove non comportino variazioni dei fatti accertati nel merito (così Cass. 30 marzo 2007 n. 7981 e 14 ottobre 2005 n. 20005). Nel caso, rispetto al momento della proposizione del ricorso, è sopravvenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 181 del 10 – 15 giugno 2011, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale del 4 comma della L. 8 agosto 1992, n. 359, art. 5 bis, per cui non possono più applicarsi i valori agricoli medi della coltura in atto o di quella più redditizia della regione agraria di appartenenza, dovendo determinarsi l’indennità nel valore venale delle aree espropriate come urbanisticamente classificate.

Per la natura dichiarativa della illegittimità costituzionale delle norme ordinarie che regolano il criterio di liquidazione, anche la citata sentenza n. 181/2011 del giudice delle leggi, rende inapplicabili i criteri di determinazione dell’indennità di espropriazione fondati sui valori agricoli medi (V.A.M.) i quali, per la loro astrattezza, che li svincolava dalle condizioni di mercato delle aree e dal valore di scambio dei beni oggetto di esproprio, sono stati ritenuti illegittimi costituzionalmente e inapplicabili ad ogni stima in corso, come quella oggetto di causa. Ultimo rilievo preliminare è quello della inapplicabilità alla fattispecie del D.P.R. n. 327 del 2001, ai sensi dell’art. 57 di detto T.U., in quanto il progetto delle opere pubbliche da realizzare sull’area espropriata è stato approvato dalla giunta regionale del Piemonte l’11 giugno 2002, con implicita dichiarazione di pubblica utilità dello stesso anteriore all’entrata in vigore (30 giugno 2003) della novella in materia espropriativa (Cass. 28 novembre 2008 n. 28341).

2.1. I motivi di ricorso principale e incidentale devono leggersi quindi alla luce delle considerazioni che precedono, potendo accomunarsi in rapporto a questa premessa.

Quelli del ricorso principale, che chiedono di applicare l’art. 37 o altre norme del D.P.R. n. 327 del 2001 alla presente opposizione, sono tutti infondati, in rapporto a tale richiesta (così il quinto motivo, che richiama anche l’art. 3 del citato decreto presidenziale, il sesto e l’ottavo, che si rifanno interamente a quest’ultimo), dato che all’espropriazione oggetto di causa è inapplicabile la disciplina di cui a tale normativa, essendo essa soggetta a quella precedente e dovendosi liquidare la indennità, come già detto, sulla base del valore venale e ai sensi della L. n. 2359 del 1865, art. 39.

Entro tali limiti, sono fondati tutti gli altri motivi di ricorso anche se appare opportuno l’esame di ciascuno di essi per le osservazioni eventualmente non conformi al diritto che fondono la richiesta attualmente di certo corretta di determinare l’indennità di espropriazione in base al valore venale delle aree.

Il primo motivo di ricorso principale è fondato in particolare per la parte in cui chiede di ritenere applicabile il criterio di determinazione della indennità di cui alla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39, cioè del valore venale delle aree occupate alla fattispecie.

Esso erroneamente individua lo jus superveniens da applicare nella sentenza della Corte Costituzionale n. 348 del 24 – 31 ottobre 2007, relativa alla incostituzionalità della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, per la disciplina dell’indennità di esproprio delle aree urbanisticamente edificabili e non per quelle agricole, cui va applicata invece la citata sentenza del giudice della L. n. 181 del 2011, che ha negato la conformità alla carta fondamentale dei valori agricoli medi.

Correttamente si chiede quindi nel primo motivo di ricorso, per tale parte fondato, di dichiarare che unico criterio di determinazione dell’indennità di espropriazione è quello della L. n. 2359 del 1865, art. 39, del valore venale del bene espropriato alla data del decreto di esproprio, in cui l’area era urbanisticamente edificabile per mq. 8 essendo nel resto da considerare verde attrezzato perchè la destinazione ad attrezzature sportive è stata correttamente qualificata dalla Corte d’appello come vincolo preordinato all’esproprio, cui nessun rilievo può darsi per la liquidazione dell’indennità. 2.2. In ordine agli altri motivi di ricorso principale, il secondo motivo è anche esso da accogliere per la parte in cui chiede di dare rilievo alla natura edificabile urbanisticamente dei mq. 8 dell’area occupata, essendo irrilevante il fatto che per la sua misura minima, essa non sia in fatto utilizzabile a fini edificatori, comunque domandando di applicare il valore venale del terreno, anche alla luce della sopra citata sentenza della Corte costituzionale n. 348 del 2007.

Correttamente si afferma nel terzo motivo di ricorso, per tale profilo fondato, che l’area non era qualificabile per intero come agricola, essendo urbanisticamente edificabile nella misura di mq. 8 già indicata, essendo solo nel resto non edificabile.

Il richiamo agli artt. 832 e 834 c.c., contenuto nel quarto motivo di ricorso, ha riguardo al contenuto del diritto di proprietà di cui alla prima norma e alla giusta indennità richiamata nella seconda norma, ed, entro tali limiti, deve ritenersi fondato, concorrendo la normativa codicistica ad individuare gli elementi oggettivi che concorrono alla determinazione del valore di mercato dell’area di cui esattamente si chiede l’applicazione: entro detti limiti anche il quarto motivo di ricorso deve essere accolto.

Altrettanto deve dirsi per il quinto motivo di ricorso per la sola parte in cui non si rifà all’inapplicabile disciplina del D.P.R. n. 327 del 2001, dovendosi sul piano economico considerare nell’insieme l’area, valutando tutte le possibili utilizzazioni delle aree espropriate (Cass. 1 dicembre 2011 n. 25718); tale conclusione era stata già raggiunta anche con riferimento alle aree a destinazione agricola dovendosi comunque considerare le altre potenziali utilizzazioni dei terreni rilevanti a determinare il loro valore venale (Cass. 13 gennaio 2011 n. 717).

E’ invece infondato il sesto motivo di ricorso che denuncia una violazione dell’art. 37 dell’inapplicabile D.P.R. n. 327 del 2001, anche se in fatto possono avere rilievo alcune delle possibili utilizzazioni dell’area non strettamente agricole richiamate nel motivo di ricorso.

E’ poi da accogliere il settimo motivo di ricorso che deduce non costituire giusta indennità dell’art. 834 c.c., quella determinata in base ai Valori Agricoli medi, come confermato dalla citata sentenza n. 181 del 2011 del giudice delle leggi, che ha reso disapplicabile detto criterio di liquidazione dell’indennità.

E’ invece da rigettare l’ottavo motivo del ricorso principale che denuncia una pretesa violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, inapplicabile nel caso, potendo rilevare nella valutazione le condizioni di fatto del terreno cui si accenna nel motivo stesso.

Il nono motivo di ricorso principale è infondato nella parte in cui afferma che l’area espropriata dovrebbe interamente essere considerata legalmente edificabile, in quanto la destinazione ad attrezzature sportive che tale lo renderebbe ne determina la utilizzabilita per l’edificazione; ciò non è corretto in quanto la destinazione dell’area espropriata che precede, correttamente si è identificata dalla Corte di merito con il vincolo preordinato all’espropriazione che non può avere rilievo alcuno ai fini di determinare l’indennità da corrispondere per il bene espropriato. Il terreno è stato esattamente individuato come inserito in area verde di zona per mq. 544 e in area edificabile per mq. 8 e per esso dovrà essere comunque corrisposto il valore venale come indennità di espropriazione, tenendo conto della indicata bipartizione tra i due tipi di aree, non potendosi quindi qualificare come urbanisticamente edificabile nell’intero, per non essere qualificato tale negli strumenti urbanistici applicabili, anche se deve negarsi validità alla tesi affermata nel merito che la concreta inutilizzabilità edificatoria dei soli mq. 8, destinati alla edificabilità, comporti la mancanza concreta di tale destinazione urbanistica, potendo lo spazio limitato di cui sopra essere unito ad altre superfici limitrofe edificabili e con esse essere destinato, anche concretamente ed in fatto, alla edificazione, per cui la dimensione della superficie è un carattere che non incide sulla destinazione di essa, individuabile solo in base agli strumenti urbanistici che la classificano e alla densità edilizia da essi ricavabile(Cass. 24 ottobre 2008 n. 25676, 28 maggio 2004 n. 10265 ed altre).

3. Il ricorso incidentale del controricorrente, condizionato all’accoglimento di quello principale, deve esaminarsi nel merito, a causa della fondatezza dell’altro.

Con il ricorso incidentale si deduce dall’Agenzia controricorrente che l’opposizione è iniziata, senza l’esistenza del decreto di espropriazione, per cui doveva dichiararsi inammissibile o improponibile, come affermato da più sentenze della suprema Corte richiamate in ricorso (Cass. 29 maggio 2009 n. 12672 e 25 maggio 2006 n. 12408).

In diritto, non può negarsi che l’ablazione non costituisce un presupposto ma una mera condizione dell’azione, la cui mancanza come tale all’atto della domanda degli espropriati, non può rendere improcedibile l’opposizione di costoro; non risulta comunque contestato che il decreto di espropriazione è stato emesso il 20 luglio 2007 e che venne notificato all’espropriato l’11 aprile 2008, come è affermato, oltre che dal ricorrente anche dalla stessa Agenzia espropriante alla pag. 5 del suo controricorso, per cui alla data del passaggio in decisione della causa di opposizione del 3 febbraio 2009, l’atto espropriativo risultava dedotto come emesso, e sussisteva quindi la condizione dell’azione costituita dal provvedimento amministrativo di esproprio già esistente.

Se è vero che l’esistenza dell’avvenuta espropriazione deve emergere dagli atti di causa alla data del passaggio in decisione della causa, come condizione dell’azione di opposizione alla stima e al fine di ottenere la decisione di merito, l’indicata condizione è ritenuta sussistere, anche quando il dedotto fatto della emissione del decreto espropriativo e la sua prova documentale non è stato contestato dalle controparti all’atto della riserva per la decisione della causa (Cass. 12 ottobre 2000, n. 13573, 1 agosto 2008 n. 20997, 1 marzo 2010 n. 4863 e 20 gennaio 2011 n. 1347), perchè controparte non nega l’esistenza dell’atto ablatorio ma ne ha chiesto solo tardivamente, comunque non in conclusionale e dopo la riserva in decisione della causa ma con il ricorso per cassazione, la prova documentale dell’atto amministrativo di espropriazione di cui non ha contestato prima l’esistenza.

L’opposizione è stata correttamente esaminata sussistendo la condizione di essa costituita dalla avvenuta espropriazione alla data della riserva in decisione della causa.

2. In conclusione, il ricorso principale è fondato e quello incidentale è infondato e da rigettare; la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Torino in diversa composizione.

La Corte, in sede di rinvio, ferma restando la natura edificabile dei mq. 8 così classificati sul piano urbanistico da valutare come edificabili, dovrà determinare l’indennità di espropriazione sulla base del valore venale dei mq. 544 espropriati in zona verde, senza considerare la loro destinazione ad attrezzature sportive o la loro eventuale mera edificabilità di fatto.

Nel liquidare detto valore venale, il giudice del rinvio dovrà tenere conto di eventuali ulteriori utilizzazioni intermedie tra quelle agricole ed edificabili (parcheggi, depositi, chioschi per la vendita di prodotti, sulle quali, cfr. la recente Cass. 1 dicembre 2011 n. 25718), ovvero, indipendentemente da qualsiasi loro fabbricabilità, dovranno considerarsi eventuali possibili sfruttamenti diversi da quello strettamente agricolo e rilevanti per determinare il prezzo, come il loro valore ambientale, la loro facile accessibilità, la circostanza di essere inserite nell’area metropolitana di una grande città come Torino e la loro utilizzabilità per fini non strettamente agricoli, come aree floristiche o faunistiche, da sfruttare per svago o turismo (su tali criteri di determinazione del valore venale delle aree agricole, cfr., tra altre, Cass. 13 gennaio 2011 n. 717 e già Cass. 23 novembre 2004 n. 2217).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta l’incidentale;

cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione, perchè si uniformi ai principi enunciati in motivazione nel determinare l’indennità e liquidi pure le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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