Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 05-10-2011) 17-11-2011, n. 42407

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In parziale riforma della decisione del Tribunale, la Corte di Appello di Torino, con sentenza 22 ottobre 2010, ha ritenuto P.A. responsabile del reato di violenza sessuale e rapina ai danni di W.W. e, dichiarata la diminuente della seminfermità prevalente sulla aggravante e sulla recidiva, lo ha condannato alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione.

Per quanto concerne la imputabilità, i Giudici hanno ritenuto di accedere al parere del perito da loro nominato che ha evidenziato nel P. una personalità strutturata in modo abnorme sì da configurare un grave disturbo non specifico con tratti prevalenti di tipo amplificativo-emotivo e secondari di tipo paranoide complicato da abuso di sostanze alcooliche e stupefacenti. La diagnosi psichiatrica forense è di un malfunzionamento ideo-percettivo ed affettivo che determina un vizio di mente parziale e non totale in assenza di dati indicativi di uno scompenso psicotico acuto alla base degli atti antigiuridici. Il perito ha precisato che la diagnosi di malattia organica è dubbia ed inconferente; sul punto, i Giudici hanno evidenziato che non è la qualificazione della psicosi che rileva, ma la sua gravità.

Per quanto riguarda la responsabilità, la Corte ha ritenuto attendibile il racconto accusatorio della parte lesa la quale ha riferito in termini di assoluta logicità l’aggressione patita dall’imputato in concorso con persona non identificata: i due, sotto la minaccia di una arma, l’hanno costretta a rapporti sessuali e si sono impossessati del suo telefonino. L’individuazione nello attuale imputato dello autore dei reati – hanno osservato i Giudici – è sicura dal momento che lo stesso ha ammesso di avere incontrato la donna, nella occasione da lei riferita, e di esseri fatti restituire "con le brutte" il denaro corrisposto per una prestazione sessuale non effettuata.

La Corte ha disatteso come non provata la prospettazione della difesa secondo la quale la denuncia era strumentale e finalizzata ad ottenere il permesso di soggiorno; ha ritenuto che non minasse la credibilità della donna la circostanza che non fosse stata in grado di precisare il tipo dell’arma ed il suo mancato ritrovamento nella abitazione dell’imputato.

I Giudici hanno respinto la richiesta difensiva di concessione delle attenuanti della minore gravità del fatto e delle generiche. Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione. Critica, innanzi tutto, la conclusione peritale sulla natura non organica della malattia esponendo i dati clinici (con storia di encefalopatia in età perinatale) dai quali è desumibile il contrario; osserva che il perito ha ritenuto possibile una episodica compromissione totale delle capacità cognitive dell’imputato dovuta ad eventi stressanti inerenti la sfera affettiva. Ora all’epoca dei fatti l’imputato passava un momento di crisi con particolare intensità dei suoi disturbi (come è dimostrato dal ricovero dello ottobre 2006); il processo delirante può essere stato scatenato nel soggetto, che ha un disagio psicologico a rapportarsi con l’altro sesso, dalla frustrazione e conseguente incontrollata azione aggressiva derivata dal rifiuto della donna, dalla stessa ammesso, a praticargli una fellatio.

Indi, il ricorrente critica la motivazione sulla ritenuta affidabilità delle accuse della parte lesa evidenziando gli elementi che la minano e non le rendano idonee a sostenere una declaratoria di condanna; in particolare, censura il passaggio della sentenza sulla non strumentalità della denuncia per ottenere il permesso di soggiorno. Infine, l’imputato rileva che era applicabile la fattispecie dell’art. 609 bis c.p., u.c. perchè gli atti, anche in riferimento alla professione della donna, non erano grandemente limitativi della libertà sessuale; fa presenta che erano concedibili le attenuanti generiche perchè la sua indole aggressiva è una manifestazione della patologia da cui è afflitto ed in considerazione del suo forte disagio psichico e sociale.

Quando il giudice sente la necessità di nominare un perito, rileva la esigenza di integrare le sue nozioni con competenze tecniche scientifiche artistiche che esulano dal suo bagaglio culturale e, in genere, sono al di fuori del patrimonio di comune esperienza.

Ciononostante il giudice deve fornire una analitica motivazione tecnico-scientifica se non condivide le conclusioni dello esperto e, nel caso contrario, non può limitarsi a una adesione passiva al suo parere, ma deve esprimere, sia pure sinteticamente, le ragioni per le quali lo recepisce.

Quando le conclusioni del perito sono sottoposte a motivate critiche dalle parti o dai loro consulenti, il giudice è gravato dall’obbligo di esplicitare la ragione per la quale ha aderito al parere del suo esperto sia pure avvalendosi degli argomenti forniti dal medesimo.

Ora, nel caso concreto, la Corte ha dato conto del contenuto della opinione disattesa e, con iter argomentativo approfondito, della scelta effettuata tra le diversi tesi prospettate dal consulente e dal perito; di conseguenza,sul tema, non è riscontrabile alcun deficit motivazionale. Del resto, i diversi pareri scientifici non divergono sulla incidenza del normale disturbo della personalità dell’imputato (che determina una seminfermità), ma sulla presenza di fattori scatenanti uno scompenso psicotico acuto (che possono annullare le capacità cognitive e volitivo) che sono stati negati dal perito. Di contro, il ricorrente sostiene di avere agito in esito ad un processo delirante scatenato dalla frustrazione causata dal comportamento della vittima; tale prospettazione è ancorata ad una mera ipotesi ed è priva di elementi che la rendono di attualità nel caso concreto. In merito alla responsabilità, si rileva come le censure ora al vaglio di legittimità siano già state sottoposte all’esame dei Giudici di merito, prese nella dovuta considerazione, e confutate con apparato argomentativo congruo, completo, corretto.

In questo contesto, il ricorrente chiede una rinnovata ponderazione del coacervo probatorio – alternativa a quella correttamente effettuata dai Giudici di merito – ed introduce problematiche che esulano dai limiti cognitivi della Cassazione anche dopo la novazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, sub c introdotta con la L. n. 46 del 2006, art. 8. La norma permette una indagine extratestuale oltre il limite del provvedimento impugnato, ma non ha alterato la funzione tipica della Corte di legittimità per la quale rimane fermo il divieto – in presenza di una motivazione non carente e non manifestamente illogica – di una diversa valutazione delle emergenze processuali.

Per invocare il nuovo vizio motivazionale, occorre che le prove, che il ricorrente reputa trascurate o male interpretate, abbiano una pregnanza tela da disarticolare l’intero ragionamento dei Giudici di merito sì da renderne illogica e contraddittoria la motivazione.

A tale risultato non conducono le censure del ricorrente.

Per quanto concerne la speciale attenuante, i Giudici, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, hanno ritenuto applicabile la previsione dell’art. 609 bis c.p., u.c. solo in presenza di quegli atti che la pregressa normativa definiva di libidine.

Tuttavia la conclusione sulla gravità dell’episodio (ben lumeggiata nel testo della impugnata sentenza) non merita censure: la fattispecie – avuto riferimento ai mezzi, alle modalità esecutive ed alle circostanze dell’azione – non può definirsi di minore gravità dal momento che la libertà personale della vittima è stata compromessa in modo rilevante.

Relativamente alle richiesta di attenuanti generiche, la Corte territoriale ha correttamente giustificato il mancato esercizio del suo potere discrezionale in materia negando il beneficio per la condizione soggettiva dell’imputato, gravato da numerose condanne e per la intensità del dolo. La motivazione è corretta dal momento che anche uno solo degli elementi di valutazione dell’art. 133 cod. pen., se di significativo segno negativo, può giustificare il diniego di attenuazione della pena e l’applicazione dell’art. 62 bis cod. pen..

La situazione di inferiorità psichica è stata considerata dai Giudici nel diminuire la pena a sensi dell’art. 89 cod. pen..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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