Cons. Stato Sez. III, Sent., 22-12-2011, n. 6784

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Casa di cura S.Teresa del Bambin Gesù s.r.l., all’epoca in regime di accreditamento provvisorio per prestazioni ospedaliere per acuti, ha impugnato la deliberazione 31.10.2002 n. 1436 della Giunta Regionale del Lazio, avente ad oggetto il riparto definitivo tra le Azienda sanitarie del Lazio delle risorse disponibili a valere sul fondo sanitario regionale per il 2001. L’impugnazione aveva ad oggetto, in particolare, la parte relativa all’approvazione e validazione dei dati comunicati dall’ASP e, di conseguenza, la remunerazione spettante alle singole strutture e, per quanto riguarda specificamente la Casa di Cura, l’emissione di una nota di credito.

2. Il Tar del Lazio, con sentenza n. 6422 del 2003, ha respinto la maggior parte delle censure dedotte, sul rilievo che le previsioni della delibera impugnata trovassero il loro presupposto e la loro base nella precedente deliberazione 19.12.2000 n. 2594, non impugnata dalla ricorrente, con la quale era stato definito il sistema di remunerazione delle prestazioni ospedaliere, stabilendo di operare a consuntivo abbattimenti progressivi ed uniformi in proporzione al superamento del budget regionale. Ha accolto invece la censure relativa al difetto di motivazione in ordine ai dati posti a base del calcolo della decurtazione, ritenendo che le modalità impiegate non permettessero al singolo operatore sanitario "di ricostruire l’iter logico mediante il quale, attraverso l’applicazione del meccanismo particolarmente complesso delineato dalla DGR 2594/00, a tali abbattimenti si è pervenuti".

3. L’Azienda Sanitaria Locale di Viterbo ha proposto il presente appello, sostenendo la legittimità di una motivazione che sarebbe avvenuta per relationem, facendo riferimento ai dati comunicati e validati dall’ASP (Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio), dati peraltro ad essa trasmessi proprio dalla Casa di Cura, e pubblicati sul sito internet dell’Agenzia.

Si è costituita la Casa di cura, presentando a suo volta appello incidentale con il quale ha riproposto il motivo concernente la violazione dell’art. 8, co. 5, del d.lgs. 502 del 1992 e dell’art. 6, co. 6, della l. 724 del 1994, lamentando essenzialmente la violazione del principio generale di irretroattività degli atti amministrativi in uno con l’impossibilità di conoscere preventivamente il corrispettivo dovuto, sul quale poter fare affidamento.

Si è costituita inoltre la Regione Lazio, aderendo ai motivi di appello dell’Azienda Sanitaria Locale e replicando all’impugnazione incidentale.

Con ordinanza cautelare n. 722 del 2004 è stata disposta la sospensione dell’esecuzione della sentenza.

All’udienza pubblica del 2.12.2011 la causa è passata in decisione.

4. Il Collegio ritiene di cominciare l’esame dall’impugnazione incidentale proposta dalla Casa di cura, con la quale si contesta la pronuncia del Giudice di primo grado nella parte in cui ha dichiarato l’inammissibilità del motivo volto a denunciare la violazione del principio di irretroattività in materia tariffaria e la lesione dell’affidamento (v. punti 2 e 3 della motivazione della sentenza).

4.1. La censura, sebbene apparentemente fondata nel merito, sulla scorta dell’indirizzo giurisprudenziale citato nella sentenza, è tuttavia inammissibile in rito, sul corretto rilievo che il vizio della delibera n. 1436 del 2002 è un precipitato della illegittimità, a monte, della precedente delibera n. 2594 del 2000. Infatti, la violazione di tali principi – di irretroattività e di affidamento – è semmai imputabile, come vizio di origine, proprio a tale atto presupposto, responsabile di non avere fissato alcun termine per la comunicazione dell’eventuale regressione tariffaria e di avere invece previsto che il calcolo fosse fatto a consuntivo, dopo la chiusura dell’esercizio finanziario.

4.2. Poiché l’atto presupposto non è stato impugnato, ne consegue l’inammissibilità dell’impugnazione rivolta nei confronti del solo atto derivato e, quindi, sotto tale profilo, vi è la conferma della sentenza impugnata.

5. Quanto ora all’appello principale, si tratta di stabilire se la motivazione per relationem racchiusa nella delibera impugnata, laddove faceva espresso riferimento ai "dati comunicati e validati dall’ASP in applicazione della delibera n. 2594/2000", fosse o meno sufficiente.

5.1. Sul piano generale, è bene chiarire come tale giudizio di sufficienza, ovvero di adeguatezza, della motivazione – un tempo molto enfatizzato dalla dottrina e dalla giurisprudenza – non segua un criterio quantitativo ma qualitativo e debba essere formulato sulla base dell’intero procedimento, tenuto conto degli elementi di fatto in esso acquisiti. Di modo che se il giudice, dall’analisi degli atti del procedimento, utilizzando gli strumenti istruttori di cui dispone e i normali mezzi interpretativi, accerta che l’amministrazione ha comunque individuato e valutato correttamente i motivi, l’atto è valido, quantunque la sua motivazione possa essere perfettibile nella forma.

5.1.1. In termini ancora più generali, si è osservato come questa evoluzione della motivazione sia un indice del progressivo passaggio dal sindacato formale al sindacato sostanziale del provvedimento, che caratterizza la vicenda storica della giurisdizione amministrativa.

5.2. Il chiarimento è molto importante per decidere il caso di specie, in quanto l’Azienda sanitaria e la Regione sostengono che la Casa di cura ricorrente in primo grado fosse comunque in grado di comprendere l’iter logico alla base della decisione, per la ragione essenziale che i calcoli effettuati dall’ASP furono pubblicati sul sito di detta Agenzia e costituirono nulla più che l’elaborazione, secondo i criteri della citata delibera n. 594/2000, delle informazioni fornite in origine dalla stessa Casa di cura.

5.3. Reputa il Collegio che tale ricostruzione sia logica e persuasiva e che la censura dedotta dalla Casa di cura abbia, in effetti, una rilevanza essenzialmente formale, come tale inidonea a determinare nella sostanza un diverso esito del provvedimento impugnato, dal momento che la Casa di cura non contesta l’esattezza dei calcoli effettuati né indica dove e quale sarebbe l’errore commesso dall’amministrazione.

5.4. Simile conclusione, che prescinde dall’utilizzabilità o meno delle tabelle prodotte dall’Azienda sanitaria con il documento n. 10) solamente in grado di appello (art. 104, co. 2, c.p.a.), comporta pertanto l’accoglimento dell’appello principale e, a parziale riforma della sentenza impugnata, la completa reiezione del ricorso di primo grado.

6. Riassumendo, l’appello incidentale è infondato mentre, invece, quello principale merita di essere accolto; il che determina la parziale riforma della sentenza impugnata e, in definitiva, la reiezione completa del ricorso proposto in primo grado.

7. Si ravvisano comunque giustificati motivi per compensare, tra tutte le parti, le spese del doppio grado giudizio, data la particolarità della fattispecie in esame.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),

definitivamente pronunciando così provvede:

respinge l’appello incidentale, accoglie quello principale e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, respinge interamente il ricorso di primo grado.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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