Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 05-10-2011) 17-11-2011, n. 42405 Lettura di atti, documenti, deposizioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In parziale riforma della decisione del Tribunale, la Corte di Appello di Milano, con sentenza 2 ottobre 2009, ha ritenuto K. T. responsabile del reato di violenza sessuale continuata ai danni della convivente G.L.M., mentre ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per i residui delitti (maltrattamenti, lesioni, minacce) perchè estinti per prescrizione. Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno valutato attendibile e credibile il racconto accusatorio della vittima (che non si è costituita parte civile) perchè si armonizzava con le prove testimoniali e documentali raccolte sulle violenze psichiche e fisiche (accertate dai certificati medici) subite dalla donna a causa dei comportamenti dell’imputato. La Corte ha reputato legittimamente acquisita ex art. 512 cod. proc. pen., ed inserita negli atti utilizzabili, la denuncia-querela sporta dalla vittima stante la non opposizione delle parti e la ricorrenza dei presupposti di legge; sul punto, la Corte ha osservato che la G. non ha potuto partecipare al processo per la reiterata condotta violenta dell’imputato.

I Giudici hanno ritenuto ininfluente la volontà della donna di ritrattare, espressa ad un assistente sociale, perchè determinata dal terrore della vittima nei confronti dell’imputato e dalle minacce subite. Indi, la Corte ha preso in esame e disatteso alcuni argomenti difensivi sulla inattendibilità della dichiarante.

Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:

– che le dichiarazioni rese in sede di querela non erano recuperabili a sensi dell’art. 512 cod. proc. pen. perchè era prevedibile la irreperibilità della futura teste (priva di permesso di soggiorno e senza uno stabile lavoro nel territorio): la donna, abbandonando l’Italia spontaneamente e senza lasciare un recapito, per libera scelta si è sottratta all’esame dibattimentale per cui le sue pregresse dichiarazioni erano inutilizzabili per il disposto dell’art. 526 c.p.p., comma 1 bis; – che per il delitto di violenza sessuale esistono le sole accuse della donna essendo irrilevanti le prove testimoniali, che non riguardano il detto reato, e non significativi i certificati medici; – che immotivatamente i Giudici hanno reputato inattendibile la ritrattazione della parte lesa.

La prima censura è meritevole di accoglimento e tale conclusione, per il suo carattere assorbente, esonera il Collegio dal prendere in esame le residue censure dell’atto di ricorso.

A sensi dell’art. 512 cod. proc. pen., la lettura dibattimentale è consentita quando sussista una vera e propria impossibilità di ripetizione dell’atto per circostanze che non erano prospettabili al momento delle indagini preliminari. Il presupposto normativo è che la irreperibilità sopravvenuta sia ancorata a fatti imprevedibili;

il Legislatore ha, in tale modo, circoscritto l’ambito della lettura (che è una vistosa eccezione al diritto delle parti di interrogare ogni fonte di prova) che è vietata in presenza di negligenze dell’organo della accusa che non è ricorso allo incidente probatorio pur di fronte ad emergenze che rendevano plausibile la futura irreperibilità del dichiarante.

Dopo la modifica dell’art. 111 Cost., e la introduzione del comma 1 bis all’art. 526 cod. proc. pen. (avvenuta con la legge 63/2001 sul "giusto processo") la Consulta (sentenza 440/2000) e la giurisprudenza di legittimità hanno affermato che una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 512 cod. proc. pen. imponga che la lettura non sia consentita quando la irreperibilità del testimone sia dovuta a fatti dipendenti dalla volontà del dichiarante (ex plurimis: Cass. Sez. 3 sentenze n. 38682/2004 e n. 39985/20006, Sez. 2 sentenza 43331/2004).

Ora la Corte ha fatto riferimento al meccanismo di recupero dell’art. 512 cod. proc. pen. senza porsi il problema della effettuazione delle necessarie ricerche per assicurare la presenza dibattimentale della fonte di prova e della assoluta impossibilità oggettiva di ripetizione dell’esame; ha, inoltre, ritenuto ininfluente il consenso tra le parti (rectius la mancata opposizione della difesa dell’imputato) alla acquisizione del verbale dal momento che la procedura si palesava legittima.

Sul tema, la motivazione è intrinsecamente contraddittoria perchè la Corte ha reputato applicabile l’art. 512 cod. proc. pen. nel presupposto che la parte lesa non sia stata nella condizione di partecipare al processo per la "reiterata condotta violenta" dell’imputato; in tale modo, i Giudici hanno, sia pure senza menzionarla, fatto riferimento alla previsione dell’art. 500 c.p.p., comma 4. L’applicazione della norma implica la apertura di un microprocedimento incidentale a forma libera, attivato su sollecitazione di parte o di ufficio, per la ricerca di elementi concreti dai quali si possa desumere che la persona sia stata sottoposta a pressioni (con violenza, minaccia, promessa di denaro o altra utilità) al fine di non deporre o di deporre il falso. A tale fine gli elementi raccolti, nel dibattimento o altrove, devono raggiungere un quantum di consistenza, non coincidente nè con il mero sospetto nè con la prova "al di là di ogni ragionevole dubbio"; sono sufficienti elementi indiziati che – valutati sulla base di parametri di ragionevolezza, plausibilità logica e persuasività – appalesino l’esistenza di una situazione che ha compromesso la possibilità o genuinità dello esame testimoniale (ex plurimis: Cass. Sez. 2 sentenza 38894/2008).

Nessuna verifica in tale senso è stata effettuata nella ipotesi in esame dal Giudice del dibattimento cui incombeva la motivazione sulle modalità di recupero delle pregresse dichiarazioni.

Inoltre, la Corte non si è posta il problema della applicabilità dell’art. 512 bis cod. poc. pen. (poichè – almeno da quanto risulta dagli atti in visione della Corte – la parte lesa è straniera residente all’estero) e del necessario espletamento di rogatoria internazionale prima di procedere alla lettura delle sue dichiarazioni. (Sezioni Unite sentenza 27918/2011).

Da quanto rilevato, si deve concludere che la motivazione della gravata decisione sullo utilizzo ai fini decisoli delle dichiarazioni della parte lesa non sia conforme ai canoni normativi.

Per tale violazione di legge, la sentenza deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano per un nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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