Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-09-2011) 17-11-2011, n. 42404

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.L. venne citato a giudizio per rispondere del reato di cui agli artt. 54 e 1162 c.n. per avere, quale amministratore del complesso turistico Sardina Residence, occupato abusivamente un tratto di spiaggia installandovi attrezzature per la balneazione, dall’estate del (OMISSIS).

Il giudice del tribunale di Cagliari, con la sentenza in epigrafe, dichiarò non doversi procedere per l’episodio del (OMISSIS) per essere stato lo stesso già giudicato, mentre dichiarò il F. colpevole del reato ascrittogli limitatamente all’episodio del (OMISSIS), condannandolo alla pena di Euro 500,00 di ammenda.

Il giudice dette credito ai due testi dell’accusa, secondo i quali non erano i clienti del residence a posizionare gli ombrelloni sulla spiaggia, bensì erano i dipendenti del residence stesso che ogni mattina trasportavano e posizionavano ombrelloni e sedie ben allineati, il che determinava una abusiva occupazione di una vasta zona di arenile.

L’imputato propone ricorso per cassazione – erroneamente qualificato come appello – deducendo che il residence si limitava a mettere a disposizione degli ospiti un ombrellone e delle sedie da spiaggia nelle singole camere nonchè un inserviente per aiutare a trasportarli sulla spiaggia e che gli ombrelloni ed i lettini non rimanevano posizionati sulla spiaggia per tutto il giorno e neppure la notte. Dalla deposizione del maresciallo A., del resto, risulta che l’arenile non era stato occupato da attrezzature da spiaggia. Inoltre, secondo la giurisprudenza, aiutare i clienti ad apporre arredi balneari sul lido del mare non configura il reato di occupazione abusiva di bene demaniale.

Motivi della decisione

Il ricorso si risolve in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, ed è comunque manifestamente infondato. Il giudice del merito, invero, con un apprezzamento di fatto adeguatamente e congruamente motivato, e quindi non censurabile in questa sede, ha accertato che, contrariamente a quanto assume la difesa, non erano gli ospiti ma i dipendenti dell’albergo che ogni mattina trasportavano e posizionavano sulla spiaggia ombrelloni e lettini ben allineati, non limitandosi ad aiutare il singolo ospite quando questi fosse sceso in spiaggia ed avesse sistemato in modo causale la propria attrezzatura.

In sostanza, erano mantenuti ogni giorno sulla spiaggia, dall’alba al tramonto, un rilevante numero di ombrelloni e lettini, siti a breve distanza l’uno dall’altro e posizionati in modo ordinato ed allineato, a disposizione di un ben determinato gruppo di persone ed a prescindere dalla effettiva presenza sul posto di questa ultime, così occupando, anche inutilmente, una vasta zona di arenile, intercludendone l’accesso ai terzi.

Esattamente, quindi, è stato ritenuto integrato il reato contestato, dal momento che "l’occupazione arbitraria di bene demaniale marittimo consiste nell’acquisire e mantenere il possesso o, comunque, una situazione fattuale di detenzione con il bene in modo corrispondente all’esercizio di un diritto di proprietà o di godimento sia esso reale o personale, contraddistinto dalla continuità o dalla stagionalità cioè senza un carattere transeunte, dall’esclusione del diritto collettivo di uso per uno spazio non limitato ed un tempo apprezzabile in modo da impedire la fruibilità da parte di potenziali utenti o da comprimerne in maniera significativa l’uso, in quanto il bene giurìdico tutelato dalla norma è costituito dall’interesse della collettività di usare in maniera completa ed in tutte le sue implicazioni il bene demaniale" (Sez. 3, 8.11.2000, Bartoletti).

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

La prescrizione – che in ogni caso non potrebbe essere dichiarata stante la inammissibilità del ricorso – non si è ancora maturata, dovendo considerarsi un periodo totale di sospensione di mesi 2 e giorni 18 (dal 24.3.09 all’8.5.09, e dall’1.10.10 al 5.11.10).

In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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