Cass. civ. Sez. I, Sent., 28-05-2012, n. 8446 Revocatoria fallimentare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

T.A. impugnava in appello la sentenza del GOA del Tribunale di Siracusa del 20/5/2004, con cui era stata accolta la domanda revocatoria proposta L. Fall., ex art. 67, comma 1, dalla Curatela del Fallimento della società irregolare costituita tra S.S. e B.N. nonchè dei soci medesimi S.S. e B.N., ritenendo sussistente la notevole sproporzione tra le contrapposte prestazioni, ed era stata dichiarata l’inefficacia della compravendita di alcune unità immobiliari, appartamento e garage, site in (OMISSIS) stipulata tra il fallito S.S. e T.A., con atto pubblico del 15/5/1990.

La Curatela si costituiva e resisteva all’impugnazione. Venivano richiesti chiarimenti al C.T.U. nominato in primo grado, sui rilievi relativi alla stima dell’immobile effettuata con il metodo c.d. empirico per confronto, che non venivano resi per impedimento del C.T.U..

La Corte del merito, con sentenza depositata il 19/2/2010, ha respinto l’appello e condannato la T. alle spese del grado.

Il Giudice del merito ha ritenuto infondato il primo motivo, per non avere l’appellante fornito la prova della propria inscientia decoctionis, nulla avendo allegato in primo grado, ed essendosi limitata a far valere in termini generici che l’impresa S. vantava solida e decennale attività essendo tra le più note in paese ed operando in quel periodo con numerosi cantieri di zona, ed essendo la famiglia dell’imprenditore titolare di un cospicuo patrimonio immobiliare; infondato il secondo motivo, pur nella verificata impossibilità di avere risposta dal C.T.U. sullo specifico rilievo sollevato dal C.T.P. sulla stima del valore dell’immobile secondo il criterio c.d. empirico per confronto, perchè l’obiezione della T., fondata sulla presunzione di svalutazione monetaria omogenea su tutto il territorio nazionale e non articolata tra grandi, medi e piccoli centri, e specificamente non riferita al territorio del comune di Sortino, non poteva ritenersi decisiva rispetto all’accertamento in concreto svolto dal C.T.U. con riferimento all’epoca di stipula della compravendita di cui si tratta.

Nè, secondo la Corte catanese, appariva utile accogliere la richiesta di rinnovazione della C.T.U. a distanza di circa venti anni e per di più non ricorrendone i presupposti: il C.T.U. ha infatti utilizzato quattro differenti criteri di stima (empirico per confronto, della capitalizzazione del reddito, secondo la rendita catastale e in base al costo di costruzione); ha dato atto delle "opportune informazioni" assunte per individuare "i prezzi medi applicati nella zona e nel centro di Sortino nel 1990"; ha precisato, quanto al criterio fondato sulla capitalizzazione del reddito, che il valore locativo degli immobili in oggetto doveva tenere conto del fatto che nei piccoli centri, come Sortino, la popolazione tende a possedere la casa di abitazione e il mercato locativo è estremamente ridotto e circoscritto a chi non ha disponibilità economica all’acquisto ovvero convenienza a soggiorno di lungo periodo; ha apportato una riduzione sul valore ricavato secondo il criterio fondato sul dato catastale, affermando trattarsi di rendite catastali non aderenti alla realtà dei luoghi e dei tempi ed all’ampiezza degli immobili; ha quindi ricavato il valore medio, che ha poi ridotto, essendosi accertate in sede di C.T.U. la presenza di opere non realizzate dal costruttore, la mancanza di relazione a struttura ultimata prevista dalla L. n. 1086 del 1971, art. 6, regolante l’uso del cemento armato in edilizia, e la mancanza del collaudo a statico previsto dal successivo art. 7.

La Corte ha ritenuto infine inammissibile per genericità il chiesto interrogatorio formale del Curatore fallimentare sull’ammontare delle vendite compiute dalla Curatela e riguardanti immobili equivalenti a quello di causa.

Quanto al terzo motivo, con cui la parte aveva lamentato la non corretta valutazione dello stato dell’immobile, il valore delle opere incompiute rispetto al capitolato d’oneri e le migliorie apportate dagli acquirenti, ed al quarto, relativo alla mancata o inadeguata considerazione della mancanza del certificato di conformità, di collaudo dell’intero stabile e di abitabilità, che in tesi comportavano diminuzione di valore superiore al 10% calcolata dal C.T.U., la Corte del merito, a parte l’unico rilievo specifico sulla difformità tra il verbale di sopralluogo del C.T.U. e la successiva relazione, con riguardo all’attestata presenza di una "pila in porcellana" nel secondo atto e non nel primo, da ritenersi errato vista l’annotazione nel verbale di sopralluogo, ha concluso per la genericità e quindi inammissibilità degli altri rilievi. Propone ricorso T.A., sulla base di quattro motivi.

Il Fallimento ha depositato controricorso, nonchè memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1.1.- Con il primo motivo, la T. si duole della violazione della L. Fall., art. 67, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Secondo la ricorrente, la Corte del merito ha argomentato in modo generico e, travisando l’oggetto della provar ha erroneamente ritenuto che la parte avrebbe dovuto provare la mancanza soggettiva dello stato d’insolvenza mediante argomenti di carattere oggettivo;

la parte ha ampiamente argomentato di non svolgere attività imprenditoriale, di non avere contatti con imprese edili, e non avere quindi la possibilità di rendersi conto della presunta difficoltà della S., anzi il fatto che questa, ottenuta la concessione edilizia e stipulati i preliminari, avesse avviato e regolarmente portato a compimento i lavori costituiva indizio dell’affidabilità dell’impresa, almeno agli occhi di un normale cittadino; infine, i contatti tra impresa e ricorrente risalgono alla stipula del preliminare di cinque anni prima del fallimento, per cui le indagini sulla solidità e correttezza del venditore erano state effettuate all’epoca del preliminare.

1.2.- Con il secondo motivo, la ricorrente si duole della violazione ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione alla L. n. 47 del 1985, art. 40.

La ricorrente deduce di avere sostenuto la nullità della compravendita, trattandosi di immobile non conforme al progetto approvato e privo del certificato di agibilità, come rilevato anche dal C.T.U., che ne ha fatto conseguire la riduzione del 10%;

l’immobile non è solo privo dell’agibilità, ma presentava e presenta difformità urbanistiche e strutturali tali da renderlo incommerciabile; non è stata depositata la relazione a struttura ultimata L. n. 1086 del 1971, ex art. 6 e manca il collaudo delle strutture, e le certificazioni non sono state concesse per le gravi difformità rispetto al progetto approvato, come provato dalle successive concessioni in sanatoria rilasciate agli altri contraenti dell’impresa, ed a ciò va aggiunto il consistente debito verso il Comune di Euro 31.474,00, che il costruttore ha lasciato agli acquirenti.

1.3.- Con il terzo motivo, la ricorrente si duole del vizio di violazione di legge e di motivazione, per non avere la Corte catanese disposto la rinnovazione della C.T.U..

Nel giudizio d’appello, è stato dimostrato che il Curatore ha venduto sei anni dopo l’acquisto di cui è causa, ben dieci appartamenti nel medesimo stabile a L. 550.000 al mq., mentre l’immobile della T. è stato acquistato a L. 615.000 al mq.;

il Tribunale di Siracusa, nella procedura esecutiva promossa dalla Cassa di Risparmio V.E. contro S.S., ha venduto all’asta per L. 500.000 al mq. un immobile sito nel medesimo stabile ove è sito l’appartamento di cui è causa; inoltre, la Corte del merito ha inopinatamente ritenuto di non procedere nella richiesta di chiarimenti; la decisività del mezzo istruttorio richiesto è infine dimostrata dall’esito della verifica tecnica disposta in altro giudizio dalla medesima Corte relativo ad immobile sito nel medesimo stabile e che ha escluso la sproporzione tra prezzo pagato e valore degli immobili.

1.4.- Il quarto motivo è relativo alla regolamentazione delle spese del giudizio, conseguente all’accoglimento in tesi del ricorso.

2.1.- Va premesso che nella specie, ratione temporis, non trova applicazione il disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c., in quanto la sentenza impugnata è stata depositata il 19/2/2010, e quindi in data successiva all’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, che all’art. 47 ha abrogato il disposto sopra indicato. Pertanto, i quesiti indicati dalla ricorrente in chiusura dei motivi devono considerarsi tamquam non essent.

Il primo motivo è in parte inammissibile, ed in parte infondato.

La Corte del merito non ha affatto ristretto l’ambito dell’onere della prova della inscientia gravante sulla T. ai soli elementi presuntivi di carattere oggettivo, ma, nell’ambito della valutazione propria del merito della controversia, ha ritenuto, con motivazione congruamente e logicamente argomentata, la genericità dei rilievi fatti valere dalla parte, riproposti in modo altrettanto generico in questo grado del giudizio, nonchè l’infondatezza degli stessi.

Le censure rivolte dalla ricorrente, oltre che generiche, tendono inammissibilmente ad investire il merito della controversia;

infondato è altresì il riferimento alla data del preliminare, atteso che la prova della inscientia deve essere fornita con riferimento alla data di stipula del definitivo, con cui si realizza l’effetto traslativo, sì che il bene viene sottratto alla garanzia dei creditori (vedi a riguardo, tra le altre, le pronunce 21927/2011, 2005/2008).

2.2.- Il secondo motivo è inammissibile.

Premesso che la Corte del merito ha specificamente motivato, aderendo alle valutazioni del C.T.U. che ha ridotto del 10% il valore stimato dell’immobile a ragione delle manchevolezze riscontrate, per il resto tutte le censure in oggetto sulla presenza delle difformità urbanistiche e strutturali tali da rendere l’immobile non commerciabile costituiscono doglianze in punto di fatto, rivolte per di più in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non avendo la ricorrente indicato, riportandone i relativi brani, in quali scritti difensivi della fase di merito abbia dedotte le circostanze indicate, nè ha riportato il contenuto della nota a firma dei geometri M. e Tu. e la comunicazione del Commissario straordinario del Comune del 26/10/1989, così impedendo a questa Corte, a cui è inibito l’acceco ai documenti nella fase di merito alla stregua dei vizi denunciati, di prendere contezza e valutare l’eventuale vizio motivazionale (sul principio di autosufficienza, tra le ultime, si richiamano le pronunce 17915/2010, 2977/2006, 13556/2006).

2.3.- Il terzo motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.

Premesso che la Corte del merito ha ampiamente e congruamente motivato in relazione al valore attribuito all’immobile, condividendo le valutazioni del C.T.U., e specificamente argomentando in relazione alla richiesta di rinnovazione della C.T.U., le censure dei ricorrenti si appalesano inammissibilmente intese a far valere la mancata rinnovazione della Consulenza, sulla base di valutazioni di merito che si sostanziano in mere critiche al merito della controversia e all’apprezzamento della consulenza effettuato dalla Corte del merito, con motivazione immune da vizi logici.

2.4.- Il quarto motivo in punto spese non è autonomo ed è quindi assorbito.

3.1.- Conclusivamente, il ricorso va respinto.

Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 3700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi; oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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