Cass. civ. Sez. I, Sent., 28-05-2012, n. 8445 Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 19 gennaio 2010, la Corte d’appello di Salerno determinò le indennità di espropriazione e di occupazione legittima degli immobili espropriati in capo alla signora M.S., costituiti da un terreno della superficie complessiva di mq 6150, su cui insisteva un fabbricato rurale, censiti alle particelle 1841 e 1842 al fg. 18 del catasto terreni del Comune di Sarno. Il decreto di esproprio era stato preceduto dall’esecuzione di un decreto di occupazione d’urgenza in data 21 marzo 2003, per la realizzazione di un piano d’insediamenti produttivi approvato nel 1998, che aveva riguardato una superficie di mq 96 relativamente alla particella 1841 e di mq 86 relativamente alla particella 1842, mentre la restante superficie, nonostante la redazione di un ulteriore verbale di consistenza, non era stata oggetto di materiale immissione nel possesso.

2. Per la cassazione di questa sentenza, notificatale il 3 febbraio 2010 ricorre l’Agro Invest s.p.a. per quattro motivi.

La signora M.S. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

3. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 1, nelle modifiche apportate dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, commi 89 e 90. Si sostiene che nella fattispecie doveva trovare applicazione la citata disposizione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, perchè le innovazioni introdotte dalla legge n. 244 del 2007 non avevano seguito la disciplina transitoria prevista nel D.P.R. n. 327 del 2001, art. 57, avendo l’art. 2, comma 90 indicato una diversa disciplina intertemporale, applicandosi a tutti i procedimenti espropriativi in corso, salvo che la determinazione dell’indennità di espropriazione sia stata condivisa, ovvero accettata o sia comunque divenuta irrevocabile. Secondo la ricorrente, l’opposizione alla stima, di cui all’art. 54 t.u. cit., non è che una fase del procedimento di espropriazione. Conseguentemente, poichè nella fattispecie non si tratta di un’espropriazione isolata, ma della realizzazione di un PIP, dovrebbe trovare applicazione la revisione dell’art. 37, comma 1, per il quale se l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, l’indennità è ridotta del venticinque per cento.

4. Il motivo è manifestamente infondato. Il giudizio per la determinazione dell’indennità di espropriazione, infatti, non è un procedimento espropriativo o una fase di esso, perchè è un procedimento giurisdizionale, autonomo rispetto a quello amministrativo e puramente eventuale. Del resto, è lo stesso testo unico a indicare, nel titolo secondo, quali sono le fasi del procedimento espropriativo, e tra queste non figura ovviamente l’opposizione alla stima, disciplinata invece nel titolo quarto.

Sul punto di diritto la corte si è già pronunciata a sezioni unite (sentenza 28 febbraio 2008 n. 5265), affermando il principio che, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale del criterio di indennizzo di cui al D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, convertito, con modifiche, nella L. 8 agosto 1992, n. 359 e al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, commi 1 e 2, da parte della sentenza n. 348 del 2007 della Corte costituzionale, lo "jus superveniens" costituito dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89, lett. a), si applica retroattivamente per i soli procedimenti espropriativi in corso, e non anche per i giudizi in corso, come confermato dalla norma intertemporale di cui alla cit. L. n. 244, art. 2, comma 90.

La giurisprudenza delle sezioni semplici si è uniformata a tale insegnamento, nonostante l’isolata diversa pronuncia di Cass. 12 settembre 2008 n. 28431 richiamata dalla società ricorrente. Nel senso indicato dalle sezioni unite può ricordarsi, per tutte, la successiva Cass. 28 novembre 2008 n. 28431. 5. Con il secondo motivo si prospetta una questione di legittimità costituzionale della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 90, per violazione degli artt. 2, 3 e 42 Cost., perchè, pur prevedendo l’estensione della retroattività della novella ai "procedimenti espropriativi in corso" non ha espressamente previsto l’estensione di tale retroattività ai giudizi pendenti in materia di determinazione dell’indennità di espropriazione o di occupazione.

6. La questione di costituzionalità prospettata è inammissibile per difetto di rilevanza decisoria nel presente giudizio. Essa postula, infatti, che l’applicabilità della norma contenuta nel D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 1, nelle modifiche apportate dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, commi 89 e 90, comporterebbe l’abbattimento del 25% dell’indennità di espropriazione, trattandosi di espropriazione finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale.

L’assunto non è fondato.

L’espropriazione in questione è destinata alla realizzazione di un piano di insediamenti produttivi. Tali piani, a norma della L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 27, hanno valore di piano particolareggiato d’esecuzione ai sensi della L. 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni, e le aree comprese nel piano sono espropriate dai comuni o loro consorzi secondo quanto previsto, in origine, dalla medesima legge in materia di espropriazione per pubblica utilità, e dalla successiva normativa ordinaria. In altre parole, i piani d’insediamenti produttivi sono degli ordinari strumenti di pianificazione del territorio, dai quali esula ogni connotazione di riforma, economico sociale o di altro genere, tale da giustificare la pretesa che possa trovare applicazione la previsione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, comma 1, seconda parte, nel testo di cui alla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89.

Peraltro ogni dibattito sul punto è superato dall’insegnamento di questa corte (Cass. 16 marzo 2012 n. 4210), per il quale il fine di riforma economico sociale connota una particolare qualità di fini di utilità pubblica, perseguiti in un dato momento storico, e perciò devoluta esclusivamente – non già al potere discrezionale dell’amministrazione espropriante, e neppure all’interpretazione del giudice in caso di opposizione giudiziale alla stima dell’indennità, ma – al legislatore, al quale soltanto spetta di decidere (nel rispetto dei vincoli individuati dalla giurisprudenza costituzionale e comunitaria) se e quando avvalersi del potere di prevedere una riduzione del tipo prefigurato dalla norma.

7. Con il terzo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16, comma 1.

Il motivo è oggi assorbito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 338 del 2011, che dichiara l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 16, comma 1 e del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, comma 7. La norma invocata, conseguentemente non può più trovare applicazione.

8. Con il quarto motivo si denuncia il vizio di motivazione, essendo stata liquidata l’indennità di occupazione anche in relazione a parti dei beni espropriati che non erano state occupate, in conformità del calcolo del consulente tecnico, che il difensore avrebbe criticato nel giudizio di merito.

9. Il motivo è inammissibile, non avendo la ricorrente indicato l’atto processuale nel quale la questione sarebbe stata sollevata, richiamando l’attenzione del giudice di merito sul punto, e facendo così sorgere il dovere di esaminarlo e deciderlo. In mancanza di ciò il vizio d’insufficiente motivazione non è configurabile, e resta immune da censure la decisione di merito fondata sulle risultanze della consulenza tecnica assunta in corso di causa.

10. In conclusione il ricorso deve essere respinto. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, il 2 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2012

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