Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-09-2011) 17-11-2011, n. 42398

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 21.2.2008 il tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di Gragnano, dichiarò S.G. ed A.A. M. colpevoli dei reati di cui: A) D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c); B) D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1 bis; C) all’art. 734 cod. pen.; D) all’art. 349 cod. pen. e dichiarò altresì M.M. colpevole di altro reato di violazione dei sigilli, condannandoli alle pene ritenute di giustizia.

La corte d’appello di Napoli, con la sentenza in epigrafe, dichiarò non doversi procedere nei confronti del S. per essere i reati a lui ascritti estinti per morte del reo, ridusse la pena inflitta al M. e confermò nel resto la sentenza di primo grado.

Il M. e l’ A. propongono ricorso per cassazione deducendo:

1) mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità del M. il quale era entrato nell’appartamento sequestrato in quanto costrettovi dalla necessità inderogabile di prendere una medicina per il nonno dolente;

2) mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità dell’ A.;

3) mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1 bis, sia perchè esso costituisce un reato di danno, che non è stato provato, sia perchè occorre la dichiarazione di area di notevole interesse pubblico con un provvedimento, che nella specie non è stato comunicato ai proprietari degli immobili.

4) mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla mancata prevalenza delle attenuanti generiche per l’ A., alla determinazione della pena inflitta per entrambi ed alla dedotta illiceità dell’ordine di demolizione.

Motivi della decisione

Alle ore 17.58 del 27.9.2011 è pervenuto in cancelleria per mezzo fax una nota dell’avv. Gianluigi Di Rocco di Torre Annunziata, difensore dei ricorrenti, con la quale si chiede un rinvio dell’udienza a causa della sua impossibilità ad essere presente perchè impegnato, in quella sede, in una convalida di arresto e contestuale giudizio direttissimo, stante la delicatezza del quale non può nominare un sostituto processuale, mentre non può avvalersi dei colleghi di studio per la lontananza da Roma e gli impegni privati degli stessi.

Ritiene il Collegio che l’istanza debba essere disattesa e che non possa concedersi il rinvio sia soprattutto per l’imminenza del termine di prescrizione per i reati contravvenzionale (6.1.2012), sia per essere del tutto generico e sfornito di qualsiasi elemento di supporto l’assunto della impossibilità di nominare un sostituto processuale per la discussione dinanzi a questa Corte.

Ciò posto, va rilevato che il primo motivo si risolve in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, ed è comunque manifestamente infondato perchè la corte d’appello ha fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle ragioni per le quali ha ritenuto sussistente il reato di violazione dei sigilli contestato al M. ed invece inesistente lo stato di necessità da questi invocato, dal momento che di esso difettava qualsiasi prova, non essendo stato acquisito alcun elemento che potesse corroborare la tesi difensiva.

Analoghe osservazioni possono farsi sul secondo motivo, con il quale anche si chiede una nuova valutazione delle circostanze processuali e della ricostruzione del fatto operata dal giudice del merito, ed il quale anche è manifestamente infondato, avendo la corte d’appello fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle ragioni per le quali ha ritenuto provato il concorso dell’ A. nei reati ascrittile, in considerazione del fatto che la stessa era proprietaria del terreno e committente dei lavori ed era stata nominata custode del terreno e delle opere sequestrate. Tali accertamenti, del resto, non sono stati contrastati con il ricorso, il quale sul punto appare quindi anche aspecifico.

Il terzo motivo è inammissibile in quanto consiste in una censura nuova non dedotta con l’atto di appello, e che non può quindi essere proposta per la prima volta in questa sede di legittimità. Con il secondo motivo dell’atto di appello della A., infatti, era stato investito il reato di cui al capo C), ossia il reato di cui all’art. 734 cod. pen., come del resto confermato dal fatto che con il motivo era stato dedotto che si trattava di reato di danno e non di pericolo, caratteristica questa che riguarda appunto il reato di cui all’art. 734 cod. pen. e non quello di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1 bis. Nel prosieguo del motivo si faceva poi riferimento addirittura al reato di cui al capo D), mentre non veniva mai richiamato il capo B). Esattamente, quindi, la corte d’appello ha risposto relativamente al reato di cui all’art. 734 cod. pen., non ravvisando nel motivo la presenza di un errore materiale.

In ogni modo, quand’anche vi fosse stato tale errore ed il secondo motivo dell’appello dell’ A. avesse riguardato il reato di cui al capo B), il motivo sarebbe stato manifestamente infondato essendo pacifico, per costante giurisprudenza, che il reato di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1 bis, è un reato di mero pericolo e non di danno, per la cui sussistenza è sufficiente la mancanza di autorizzazione da parte della autorità competente mentre non è richiesta (al contrario di quanto accade per il reato di cui all’art. 734 cod. pen.) l’effettiva lesione della bellezza naturale.

Dalla sentenza di primo grado risulta che le opere abusive erano state eseguite in zona dichiarata di notevole interesse pubblico con D.M. 28 marzo 1985. La circostanza non è stata nemmeno contestata dagli imputati, nè con l’appello nè con il ricorso. E’ di conseguenza del tutto inconferente il richiamo alle procedure di cui al D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, artt. 139 ss.. Inoltre, l’obbligo di notificazione del provvedimento che riconosce il vincolo ai singoli proprietari sussiste solo per i provvedimenti relativi a singole cose immobili, e non anche per quelli relativi ai complessi di cose immobili ed alle bellezze panoramiche.

Il quarto motivo si risolve anch’esso in una censura in punto di fatto della decisione impugnata ed è anch’esso manifestamente infondato perchè i giudici del merito hanno fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sull’esercizio del loro potere discrezionale in ordine alla determinazione della pena, ivi compreso il giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche per la A., in considerazione della entità dell’abuso.

Quanto alla presunta illegittimità dell’ordine di demolizione si tratta di una censura nuova non dedotta con l’atto di appello, e che non può quindi essere proposta per la prima volta in questa sede di legittimità (oltre ad essere manifestamente infondata).

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, la condanna di ciascuno di essi al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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