Cass. civ. Sez. I, Sent., 28-05-2012, n. 8440

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 19.4.2010, ha respinto l’appello proposto da D.D.A. Group LTD s.r.l., aggiudicataria di un gara d’appalto indetta dall’Azienda Ospedaliera San Gerardo dei Tintori per l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria della rete fognaria e di rifacimento del manto stradale interni ai complesso ospedaliere, avverso la sentenza del Tribunale di Monza che l’aveva dichiarata decaduta, a causa della tardiva iscrizione delle riserve, dalle domande da essa proposte contro la committente, volte ad ottenere il pagamento della somma di Euro 227.985,72 oltre accessori, a titolo di corrispettivo per forniture di materiale e lavori in economia non conteggiati e di rimborso dei maggiori oneri sopportati per l’indebita protrazione dei lavori, nonchè la disapplicazione della penale addebitatale per la ritardata esecuzione delle opere appaltate. La Corte ha ritenuto che le questioni devolutele con il primo motivo d’appello, concernenti la rilevanza delle prove orali e della ctu non ammesse dal Tribunale, fossero subordinate rispetto alle questioni dedotte con il secondo e con il terzo motivo, con i quali era stata impugnata la statuizione di decadenza dalle domande; ha quindi affermato che l’avvenuta iscrizione da parte di D.D.A. di tutte le riserve solo nel registro finale, all’atto del collaudo, era tardiva, posto che la società, per un verso, avrebbe dovuto far valere le riserve per oneri aggiuntivi, ancorchè non quantificabili, nella prima registrazione successiva all’insorgenza delle situazioni dalle quali scaturiva la pretesa (ovvero nel verbale della sospensione dei lavori disposta dalla committente e negli atti di sottomissione alle due perizie di variante approvate) e, per l’altro, era perfettamente in grado di avvedersi che eventuali sconfinamenti rispetto ai 167 giorni di sospensione ed ai 140 giorni di proroga dei lavori, ad essa accordati proprio in ragione della necessità di apportare varianti al progetto, avrebbero potuto esserle addebitati come ritardi ingiustificati; ha, infine, aggiunto che l’appellante, che era gravata del relativo onere, non aveva fornito elementi di prova idonei a dimostrare che i ritardi non le erano addebitabili. La sentenza è stata impugnata da D.D.A Group LTD s.r.l. con ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui l’azienda ospedaliera San Gerardo ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

Motivi della decisione

1) Con il primo motivo di ricorso, D.D.A. Group LTD, denunciando violazione dell’art. 115 c.p.c., e dell’art. 2697 c.c., si duole dell’illogicità del ragionamento della Corte di merito, che ha ritenuto preliminare l’esame dei motivi d’appello che investivano la statuizione di sua decadenza dall’iscrizione delle riserve rispetto al motivo con il quale era stata lamentata la mancata ammissione delle prove orali e della ctu, così finendo per dare per scontato che il ritardo nell’esecuzione dei lavori le fosse imputabile e che l’azienda ospedaliera le avesse legittimamente addebitato la penale.

Rileva che la contraddittorietà della motivazione posta a fondamento della decisione risulta tanto più evidente in quanto il giudice d’appello ha sostenuto che essa non aveva fornito alcuna prova in ordine alla circostanza che il ritardo non le fosse imputabile, mentre ha ritenuto sufficiente ad integrare la prova contraria la documentazione" (non meglio indicata) prodotta dall’appaltante.

Contesta, infine, che i capitoli di prova orale articolati fossero inidonei a dimostrare la tempestiva iscrizione delle riserve, comprese quelle concernenti i costi aggiuntivi sostenuti per effetto della sospensione e dell’approvazione delle perizie di variante. Il motivo deve essere respinto. Va intanto rilevato che la ricorrente, lungi dal rimproverare alla Corte territoriale l’errata applicazione di norme di diritto, lamenta contraddittorietà ed insufficienza della motivazione sulla quale si fonda la statuizione di decadenza dalla domanda di disapplicazione della penale.

Il vizio dedotto va pertanto, più correttamente, qualificato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Tale vizio, peraltro, non sussiste, posto che il giudice del merito, con ragionamento perfettamente logico e coerente, ha evidenziato come D.D.A., che era stata ripetutamente invitata al rispetto dei tempi contrattuali dall’ente appaltante, fosse oggettivamente in grado di avvedersi già in corso d’opera che eventuali sconfinamenti, rispetto ai giorni di sospensione e di proroga che l’azienda ospedaliera le aveva accordato, avrebbero potuto esserle addebitati come ritardi ingiustificati.

Solo ad abundantiam (giacchè il rilievo della tardiva iscrizione della riserva era di per sè sufficiente al rigetto della domanda) il giudice ha osservato che l’appaltatrice non aveva fornito elementi di prova idonei a dimostrare che il ritardo non le era imputabile, e che, al contrario, dai documenti prodotti dall’appellata sub. 3),6) 10), 14), 15) e 19), emergeva che essa aveva ingiustificatamente ritardato l’avvio dei lavori ed: altrettanto ingiustificatamente, li aveva unilateralmente sospesi in più occasioni, per poi riprenderli solo dopo reiterate sollecitazioni.

A fronte di tale percorso argomentativo, chiaro e condotto alla stregua di risultanze documentali che, contrariamente a quanto si sostiene nel motivo, sono state specificamente indicate, la ricorrente si è limitata a lamentare la mancata ammissione delle prove orali richieste.

Sennonchè, sotto tale profilo, la censura risulta priva del requisito dell’autosufficienza: la ricorrente, infatti, non solo ha omesso di riportare in ricorso i capitoli di prova di cui lamenta la mancata ammissione, ma neppure si è curata di precisare se essi siano stati articolati in citazione o in successive difese, rinvenibili all’interno del suo fascicolo di parte, od al verbale d’udienza, facente parte del fascicolo d’ufficio. Risulta pertanto impedito a questa Corte, che non può procedere di propria iniziativa ad un esame degli atti processuali, di valutare se le circostanze in essi dedotte fossero decisive al raggiungimento di un diverso esito della controversia.

2) Col secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione degli artt. 165 e 174 del capitolato generale d’appalto, cui il contratto faceva rinvio, nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata.

Afferma che il richiamo dei giudici d’appello ad una situazione "potenzialmente dannosa" ed a principi astratti quali diligenza e buona fede – la cui mancanza, peraltro, si presume sino a prova contraria – dimostra che l’entità dei maggiori oneri da essa sopportati, a seguito delle difficoltà incontrate durante il corso dei lavori, non era prevedibile e che le riserve sono state iscritte tempestivamente.

Anche questo motivo deve essere respinto.

Secondo la giurisprudenza costante e consolidata di questa Corte, l’onere per l’appaltatore di tempestiva iscrizione della riserva per i maggiori costi sostenuti e/o per il pregiudizio derivatogli dall’anomalo andamento dei lavori, da carenze progettuali che abbiano dato luogo a sospensione o da inadempienze della stazione appaltante, sorge dal momento in cui la potenzialità dannosa di tali circostanze risulti concretamente percepibile secondo un criterio di ordinaria diligenza, salvo poi a precisare l’entità della riserva nelle registrazioni successive o in sede di chiusura del conto finale, se la quantificazione sia al momento impossibile o estremamente difficoltosa (fra le tante, Cass. nn. 20828/010, 17630/07, 4702/06).

A tali principi la Corte di merito si è pienamente attenuta, affermando, secondo un apprezzamento di fatto che, siccome congruamente motivato, non è sindacabile nella presente sede di legittimità (e che, peraltro, risulta solo genericamente contestato da D.D.A., la quale non ha indicato quali risultanze processuali decisive il giudice abbia omesso di valutare od abbia erroneamente valutato) che l’appaltatrice, per non incorrere nella decadenza dalle domande, era tenuta ad iscrivere le riserve sin dal momento dell’insorgenza delle situazioni che avrebbero potuto dar luogo alla maggiorazione dei costi, a nulla rilevando che questi non fossero ancora quantificabili.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna D.D.A. Group LTD s.r.l. al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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