Cass. civ. Sez. I, Sent., 28-05-2012, n. 8439 Concordato preventivo

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Svolgimento del processo

La Cassa di Risparmio di Firenze s.p.a. propose opposizione allo stato passivo del fallimento della Dragoni Gioielli s.r.l., seguito all’ammisione della società al concordato preventivo con decreto del 10 ottobre 2008 e dichiarato dal Tribunale di Arezzo con sentenza dell’11 febbraio 2009.

L’opponente lamentò l’esclusione della prelazione ipotecaria del suo credito di Euro 548.199,00 per effetto della revoca, ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 4, dell’ipoteca iscritta il 30 luglio 2008, statuita dal Giudice delegato in applicazione del principio di consecuzione delle procedure.

Il curatore resistette.

Il Tribunale ha respinto l’opposizione rilevandone in primo luogo l’inammissibilità per violazione del termine, ritenuto perentorio, di dieci giorni dalla comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza previsto per la notifica al curatore dalla L. Fall., art. 99, comma 4. Ha inoltre ritenuto comunque l’infondatezza della medesima opposizione, dato che 14 opponente non aveva contestato la sussistenza dello stato d’insolvenza della debitrice alla data del decreto di ammissione al concordato preventivo, ma si era limitata a contestare la legittimità di quel decreto e l’aminissiblità del concordato, viceversa non sindacabili dal Tribunale.

La Cassa di Risparmio di Firenze ha quindi proposto ricorso per cassazione con due motivi di censura. Il curatore fallimentare si è difeso con controricorso. La ricorrente ha anche presentato memoria.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, si sostiene che, contrariamente a quanto affermato nel decreto impugnato, il termine di dieci giorni per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza al curatore, previsto dalla L. Fall., art. 99, comma 4 (come modificato dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e dal decreto correttivo 12 settembre 2007, n. 169) non ha carattere perentorio.

1.1. – Il motivo è fondato.

Il carattere perentorio del termine per la notifica al curatore del ricorso in opposizione a stato passivo con il decreto di fissazione dell’udienza davanti al giudice delegato era stato affermato da questa Sezione con la sentenza n. 8323 del 2002, nella vigenza del testo normativo anteriore alla riforma del 2006, sulla base dell’esigenza di sincronizzare i tempi di esame di tutte le opposizioni proposte avverso il medesimo stato passivo, destinate ad essere decise tutte con un’unica sentenza.

Successivamente le Sezioni Unite, con la sentenza n. 25494 del 2009, hanno affermato, invece, la natura ordinatoria del termine rilevando l’inattualità di quella sincronizzazione con riferimento sia al regime anteriore alla riforma del 2006, per effetto degli interventi della Corte costituzionale con le sentenze n. 102 e 120 del 1986, sia con riferimento al regime scaturente dalla riforma, che non prevede più la decisione delle varie opposizioni con un’unica sentenza.

A tale indirizzo si sono poi adeguate le sentenze di questa Sezione nn. 11301, 11508, 13015 e 17670 del 2010 con riferimento al termine della notifica del ricorso e del decreto al fallito, secondo la previsione dal testo dell’art. 99, cit., come modificato dal D.Lgs. n. 5 del 2006. Alla medesima conclusione deve pervenirsi anche con riferimento all’obbligo di notifica al curatore, disciplinato dalla novella del 2006 all’identica maniera dell’obbligo di notifica al fallito, e pur dopo la soppressione di quest’ultimo obbligo con il decreto correttivo del 2007. 2. – Con il secondo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, si censura la statuizione ulteriore di rigetto dell’opposizione nel merito, riproponendo la tesi della illegittimità della retrodatazione dell’inizio del periodo sospetto, rilevante ai fini delle revocatoria fallimentare, al momento dell’ammissione della società debitrice al concordato preventivo.

2.1. – Il motivo è inammissibile.

Qualora infatti il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità, con cui si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella decisione argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare tali argomentazioni, svolte ad ab undantiam (Cass. Sez. Un. 3840/2007).

3. – Il decreto impugnato va pertanto cassato in accoglimento del primo motivo.

La causa può però essere decisa nel merito in questa sede, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ult. Parte (applicabile anche nel caso di violazione di norme processuali: ex multis, Cass. 25023/2011, 29414/2011, 5139/2011), non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto dato che la questione posta dalla Cassa di Rispermio di Firenze con l’opposizione a stato passivo (la stessa questione riproposta con il secondo motivo di ricorso per cassazione) è una questione di puro diritto.

L’opponente e attuale ricorrente non contesta l’applicabilità, in generale, della c.d. teoria della consecuzione delle procedure di concordato preventivo e fallimento nella determinazione del periodo sospetto ai fini della revocatoria fallimentare, nonostante la modifica della disciplina del concordato preventivo introdotta dal D.Lgs. n. 5 del 2006 e dal decreto correttivo n. 169 del 2007 (applicabilità del resto già riconosciuta da Cass. 18437/2010);

nega, però, che la regola della consecuzione possa applicarsi nella specie, data l’illegittimità del decreto di ammissione della Dragoni Gioielli s.r.l. alla procedura di concordato preventivo, cui invece la società non avrebbe dovuto essere ammessa, ad avviso della ricorrente, perchè la relativa domanda illegittimamente non contemplava l’ipoteca cui la ricorrente stessa aveva diritto.

Detta tesi non può essere accolta. Agli effetti della c.d. consecuzione, ossia della considerazione unitaria delle due procedure concorsuali succedutesi, che comporta, con riguardo alla revocatoria fallimentare, la retrodatazione al momento dell’ammissione del debitore alla prima di esse del termine iniziale del periodo sospetto, ciò che rileva non è la legittimità di tale ammissione, ma il fatto che un’ammissione vi sia stata e una procedura di concordato sia iniziata, perchè ciò impone di considerare la successiva dichiarazione del fallimento come conseguenza del medesimo stato di insolvenza che era già a fondamento dell’ammissione al concordato preventivo. Il giudice della revocatoria, come non può sindacare la legittimità della sentenza dichiarativa del fallimento, così non può sindacare la legittimità dell’ammissione al concordato che l’abbia preceduta.

Nè vale richiamare, come fa la ricorrente nella memoria, la giurisprudenza di questa Corte (la ricorrente cita Cass. 24330/2007 e 5285/1994) secondo cui non si ha consecuzione di procedure in caso di dichiarazione del fallimento per mancata ammissione al concordato preventivo. In tali casi una consecuzione non può aversi appunto perchè, al contrario del caso in esame, manca – non essendovi stata ammissione – una procedura di concordato preventivo antecedente a quella fallimentare.

L’opposizione della Cassa di Risparmio di Firenze va quindi respinta.

Le spese dell’intero processo, sia di merito che di legittimità, seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione della Cassa di Risparmio di Firenze, che condanna alle spese dell’intero giudizio, liquidate in Euro 1.200,00 per diritti e Euro 2.300,00 per onorari, quanto al giudizio di merito, e in Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, quanto al giudizio di legittimità, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2012

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