Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-09-2011) 17-11-2011, n. 42396Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Gli odierni ricorrenti sono stati tratti a giudizio per la commissione di plurime violazioni del D.P.R. 6 gennaio 2001, n. 380 e, il solo Sig. T., per la commissione anche del reato previsto dall’art. 349 c.p., e quindi condannati in primo grado per tutti i fatti con sentenza emessa dal Tribunale di Nola in data 18 Gennaio 2008. Il Tribunale ha disposto, altresì, la demolizione delle opere abusive e condannato gli imputati al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita.

Con la sentenza emessa in data 14 Dicembre 2009, la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della prima decisione, ha dichiarato non doversi procedere per prescrizione del reato contravvenzionale D.P.R. 6 gennaio 2001, n. 380, ex artt. 93 e 95 contestato al capo C) e confermato la restante decisione. La Corte territoriale ha conseguentemente rideterminato la pena per T. in sei mesi e venticinque giorni di reclusione e 180,00 Euro di multa; per S. in due mesi e venticinque giorni di arresto e 8.500,00 Euro di ammenda; per D.L. in tre mesi e venticinque giorni di arresto e 12.500,00 Euro di ammenda.

Avverso tale decisione gli imputati hanno presentato personalmente unico atto di ricorso con il quale in sintesi lamentano:

1. violazione di legge e carenza e manifesta illogicità della motivazione per essere stata omessa la dichiarazione di estinzione di tutti i reati per intervenuta prescrizione e per essere stata tale decisione supportata da una motivazione carente e manifestamente illogica (motivi primo e secondo);

2. errata applicazione della legge e vizio di motivazione in relazione alla riconducibilità dei fatti alla responsabilità dei ricorrenti (motivi terzo e quarto);

3. erronea applicazione di legge per avere i giudici di merito disposto in merito alla sospensione condizionale della pena, concessa ai soli Sigg. T. e S., e all’indulto ex L. n. 241 del 2006, concesso alla sola Sig.ra D.L.. Più correttamente i giudici avrebbero dovuto applicare entrambi i benefici, tra loro compatibili (quinto motivo).

4. omessa dichiarazione della revoca ex art. 523 c.p.p. di costituzione della parte civile, che non si è costituita nè è stata presente nel grado di appello, sebbene ritualmente avvisata della data del giudizio, e non ha assunto alcuna conclusione (sesto motivo).

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati.

1. Premesso che la motivazione della sentenza prospetta un percorso argomentativo coerente coi dati processuali esaminati e immune da vizi logici, il terzo e quarto motivo di ricorso risultano prospettati in modo generico e non affrontano i temi oggetto della decisione, limitandosi a riproporre censure relative all’assenza di elementi probatori concludenti, che sono in tutto simili a quelle prospettate con i motivi di appello e concernono il merito della decisione. Si tratta quindi di motivi di ricorso estranei alla previsione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) e riconducibili al difetto di specificità che, ai sensi dell’art. 581 c.p.p., lett. c) e art. 591 c.p.p., lett. c) ne comporta la inammissibilità. 2. Per quanto concerne la prima censura, relativa alla mancata dichiarazione di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione, una volta collocata al 12 ottobre 2004 la data di decorrenza del termine, occorre considerare oltre alle interruzioni del medesimo anche i periodi di sospensione, che ammontano nel complesso a otto mesi e diciassette giorni, come da rinvii disposti per adesione della difesa all’astensione dalle udienze proclamata dalla categoria, udienza del 21 marzo 2007, e a seguito di istanza della difesa, udienza del 28 dicembre 2007. Il termine massimo prescrizionale, calcolati i periodi di sospensione, maturerà in data 3 marzo 2013 per il delitto ed è spirato in data 29 dicembre 2009 per le contravvenzioni; anche quest’ultima data è successiva alla pronuncia della Corte di Appello, e va così escluso che la sentenza impugnata sia viziata per mancata dichiarazione di estinzione dei reati.

Va, poi, escluso che in questa sede possa assumere rilievo la circostanza che per i reati contravvenzionali il termine è spirato nelle more del giudizio di legittimità; invero, posto che, come di seguito specificato, tutti i motivi di ricorso debbono essere dichiarati inammissibili, con conseguente inammissibilità originaria del ricorso, va dichiarata la non rilevanza in questa sede dell’avvenuta maturazione dei termini massimi di prescrizione del reato in epoca successiva alla sentenza impugnata in applicazione dei principi fissati dalle Sezioni Unite Penali con le sentenze n. 32 del 22 novembre-22 dicembre 2000, rv217266; n. 33542 del 27 giugno-11 settembre 2001, rv 219531; n. 23428 del 22 marzo-22 giugno 2005, rv 231164. 3. Deve essere dichiarato manifestamente infondato anche il quinto motivo di ricorso. La giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affrontato il tema del rapporto fra il beneficio della sospensione condizionale della pena e l’applicazione dell’istituto dell’indulto, stabilendo con chiarezza che la sospensione condizionale costituisce istituto più favorevole all’imputato, attesi i suoi effetti estintivi del reato, e deve prevalere, non potendosi applicare contemporaneamente entrambe le previsioni; sul punto si rinvia alle decisioni assunte dalla Sesta Sezione Penale con la sentenza n. 21454 del 2008, Lagati (rv 239882) e dalle Sezioni Unite Penali, sentenza n. 36837 del 2010, P.G. in proc. Bracco (rv 247940).

4. Analoga conclusione si impone per il sesto e ultimo motivo di ricorso. La giurisprudenza di legittimità ha fissato con chiarezza l’interpretazione secondo cui per l’azione civile esercitata in sede penale opera il principio di immanenza della costituzione, con la conseguenza che la mancata partecipazione della parte civile al giudizio di appello non può essere considerata revoca tacita dell’azione, ipotesi che opera solo per il primo grado di giudizio ex art. 82 c.p.p., comma 2, e che le conclusioni assunte dalla parte al termine del primo processo di merito restano valide anche nei gradi successivi del giudizio (Seconda Sezione Penale, sentenza n. 24063 del 2008, Quintile e altro, rv 240616).

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che i ricorrenti versino ciascuno la somma, determinata in via equitativa, di E)uro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nonchè al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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